American Vandal e l’incompresione generazionale | der Zweifel

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In settimana siamo tutti stati colpiti dalla tragedia di Corinaldo. Sia per la stupidità di quello che sembra essere successo, e soprattutto perché molti di noi -tra cui colui che scrive in questo momento- sono stati pigiati in locali angusti in una delle tante serate della nostra adolescenza.

Oltre alla tragedia c’è però di più. E purtroppo direi. Perché le vittime della strage del Lanterna Azzurra hanno subito quel tipo di victim shaming che è ancora pratica diffusa in questo paese. In pratica, se questi adolescenti fossero rimasti a casa, sotto le coperte del letto materno con in mano una tazza di cioccolata calda a guardare la televisione non sarebbe successo niente. Inoltre sono andati là a sentire un cantante depravato e quindi sono ancora più colpevoli.

Da qui è poi partita la crociata contro la gioventù bruciata, derelitta e senza valori.

È semplice dare la colpa agli adolescenti, deboli e indifesi di fronte al mondo degli adulti, con le loro fragilità e i loro complessi. Sono il capro espiatorio perfetto per le generazioni successive che possono così lavarsi le mani scaricando i loro insuccessi e le loro frustrazioni sui giovani.

Una pratica che viene descritta anche in una serie Netflix -e qui alleggeriamo un po’ il carico emotivo di questo pezzo- American Vandal.

American Vandal è una serie che ricrea -e spero di non rovinarvi l’idillio narrativo- gli stilemi di un documentario in maniera ironica. Due studenti di un liceo indagano su un caso di vandalismo per cui è stato accusato ed espulso dalla scuola il ragazzo sul quale tutti hanno scommesso la colpevolezza.

Nella seconda stagione invece i due indagano su un caso di avvelenamento di limonata che ha causato, in una scuola cattolica del nordovest degli Stati Uniti, una crisi intestinale di massa.

Tralasciando la parte mockumentary la serie indaga su questi casi di vandalismo seguendo piste che gli inquirenti adulti non percorrerebbero, perché fuori da ogni logica. Ma non per gli adolescenti, in lotta per determinare la propria identità in un sistema supercompetitivo.

Così, i soliti sospetti vengono subito accusati e processati. Condannati senza appello. Le testimonianze dei ragazzi, e i discorsi sui loro problemi non vengono quasi prese in considerazione dal comitato scolastico che decreta le espulsioni degli studenti. A loro interessa trovare un colpevole nel minor tempo possibile e non possono perdersi dietro le fisime di ragazzini brufolosi.

La vita di questi ragazzi viene così distrutta e solo uno sguardo alla pari, dalla loro prospettiva, potrà trovare la verità.

Sarà banale, ma in American Vandal come nella vita è tutta questione di prospettiva.

Ho 23 anni e faccio fatica a capire alcune cose del mondo di mio fratello di 19. Figuriamoci come un 40enne possa comprendere la vita e le intenzioni di un adolescente.

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