Presentato in anteprima al Festival di Cannes 2023 e dopo diverse anteprime estive, Asteroid City, il nuovo lungometraggio di Wes Anderson con un cast di sole stelle, arriva finalmente al cinema il 28 settembre. Dopo The French Dispatch del 2021 e la tetralogia di cortometraggi basati sui racconti di Roald Dahl, di cui il primo La Meravigliosa Storia di Henry Sugar disponibile dal 27 settembre su Netflix (gli altri tre arriveranno il 28, 29 e 30 settembre), Anderson è uno dei registi contemporanei che nell’ultimo periodo ha rilasciato più lavori. Ma cosa succede quando un cinema così unico e riconoscibile come quello del cineasta americano smette di stupire e diventare un mero esercizio stilistico svuotato quasi di ogni sua componente?

Nel 1955, in una remota cittadina nel deserto si tiene un convegno di astronomia chiamato Junior Stargazer. L’evento attira gli aspiranti scienziati di tutto il Paese, desiderosi di presentare le proprie invenzioni. In questo scenario, fa il suo ingresso un extraterrestre. Il governo degli Stati Uniti, allarmato dalla presenza aliena, mette tutti i presenti in quarantena. È così che diverse personalità si incontrano, costretti a coabitare e tessere legami del tutto inaspettati.

Primo film apertamente fantascientifico di Anderson, Asteroid City nasce da una sceneggiatura originale scritta dal regista stesso. Sceneggiatura che, in piena tradizione Andersoniana, vede l’alternarsi di molteplici linee narrative che si intersecano formando un’unica grande narrazione. Abbandonato lo schema episodico che aveva caratterizzato il suo ultimo lavoro e adottata la divisione in “giornate”, Anderson torna alla narrazione lineare, ambientando la storia del suo film all’interno di una cittadina desertica degli Stati Uniti sconvolta da un evento (extra)ordinario. Torna Anderson all’ennesima potenza, tornano le simmetrie, tornano i colori pastello ma ancora una volta manca l’empatia, la naturalezza seppur artificiale, la verità – anch’essa artificiale – che da sempre caratterizzavano le sue opere.

Che sia piaciuto o meno, come detto da molti, è innegabile che The French Dispatch sia la summa dal lavoro di Anderson, in cui tutte le sue caratteristiche trovavano spazio, dalla sceneggiatura, alla messa in scena, nonostante anche lì fosse carente il lato emotivo che aveva caratterizzato le opere precedenti, partendo da I Tenenbaums, a Moonrise Kingdom fino ad arrivare a The Grand Budapest Hotel e L’isola dei cani. Asteroid City, che arriva a poco più di un anno di distanza, sembra non aver migliorato o modificato nulla, restando fortemente ancorato a quell’immaginario oggettivamente bello e piacevole che però non apporta nulla di nuovo né alla messa in scena né alla struttura narrativa. Le stesse star chiamate in causa nel film (Tom Hanks, Scarlett Johansson, Jason Schwartzman, Margot Robbie, Maya Hawke, Tilda Swinton…) sono delle piccole pedine vuote che si muovono di fronte ad una scenografia simmetrica, le quali interpretazioni risultano evanescenti e dimenticabili quasi come fossero uscite da un generatore automatico di sceneggiature.

Asteroid City Nemmeno l’impiego di un nuovo genere cinematografico porta un chi sa quale guizzo. Nonostante alcune scene siano divertenti e un cameo – di cui non riveleremo nulla – può strappare ben più di una risata, la fantascienza sembra solo un pretesto per narrare una storia decisamente stantia, a tratti logorroica, che camuffa la realtà del film. Asteroid City è un film sul mestiere dell’attore, sull’indossare l’identità di un personaggio che non ci appartiene. Argomento davvero interessante, trattato con estremo nichilismo dal film, che avrebbe meritato un approfondimento diverso, vista la sua importanza. Il tutto termina per diventare una sorta di minestrone fine a sé stesso che, come per le performance degli attori e delle attrici, si fa dimenticabile appena conclusa la visione.

Quello che si apprende di fronte ad Asteroid City è che esistono registi fortemente ancorati al loro immaginario, da non riuscire più ad uscirne, restando intrappolati all’interno di quelle caratteristiche che li hanno resi famosi. Atteggiamento che se da una parte fa presagire una certa pigrizia da parte del cineasta, dall’altra potrebbe stancare anche i fan più accaniti e di lunga data. Gli ultimi lavori di Wes Anderson hanno dimostrato come il regista sembra essersi ultimamente interessato alla forza delle parole e del racconto – un esempio è la trilogia di cortometraggi tratti dai racconti di Dahl disponibili su Netflix da fine settembre, che riprendono parola per parola le opere dello scrittore inglese – prestando meno attenzione all’empatia che i suoi personaggi possono avere negli spettatori. Asteroid City finisce così per essere un’opera tanto bella visivamente – pur non mancando alcuni errori formali – quanto vuota nelle intenzioni, nonostante il tema di fondo sia estremamente attuale.


Asteroid City arriva al cinema a partire dal 28 settembre distribuito da Universal Pictures. Ecco il trailer del film in italiano:

RASSEGNA PANORAMICA
Asteroid City
5.5
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Classe 1995, laureato in critica cinematografica, trascorro il tempo tra un film, una episodio di una serie tv e le pagine di un romanzo. Datemi un playlist anni '80, una storia di Stephen King e un film di Wes Anderson e sarò felice.
asteroid-city-wes-anderson-alle-prese-con-la-fantascienza-e-il-mestiere-dellattore-recensioneQuello che si apprende di fronte ad Asteroid City è che esistono registi fortemente ancorati al loro immaginario, da non riuscire più ad uscirne, restando intrappolati all’interno di quelle caratteristiche che li hanno resi famosi. Atteggiamento che se da una parte fa presagire una certa pigrizia da parte del cineasta, dall’altra potrebbe stancare anche i fan più accaniti e di lunga data. Gli ultimi lavori di Wes Anderson hanno dimostrato come il regista sembra essersi ultimamente interessato alla forza delle parole e del racconto – un esempio è la trilogia di cortometraggi tratti dai racconti di Dahl disponibili su Netflix da fine settembre, che riprendono parola per parola le opere dello scrittore inglese – prestando meno attenzione all’empatia che i suoi personaggi possono avere negli spettatori. Asteroid City finisce così per essere un’opera tanto bella visivamente – pur non mancando alcuni errori formali – quanto vuota nelle intenzioni, nonostante il tema di fondo sia estremamente attuale.

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