Anche il momento di Freaks Out è arrivato a Venezia. Gabriele Mainetti, regista di Lo Chiamavano Jeeg Robot torna al cinema con il suo secondo film e decide di continuare a puntare sull’innovazione, sul portare nel panorama italiano dei generi che non sono stati trattati più di tanto e decide di continuare a farlo nel suo stile, tutto italiano. Perché, appunto, si prendono dei canoni, perlopiù americani, e li si rivisitano secondo una visione, un ritmo e delle sfumature assolutamente italiane, per conferire alla pellicola uno status completamente inedito. Sono queste le premesse alla base di Freaks Out, pellicola che vede nel cast attori come Claudio Santamaria, Giorgio Tirabassi, Aurora Giovinazzo e Pietro Castellitto.

Matilde, Cencio, Fulvio e Mario lavorano come circensi nel circo di Israel, a Roma, nel 1943. Quando quest’ultimo sparisce misteriosamente, i quattro, considerati dei veri e propri fenomeni da baraccone, si metteranno alla ricerca di quello che per loro è un padre, vagando in una città occupata dai nazisti. C’è però qualcuno, o qualcosa, a tramare nell’ombra, perché interessato ai quattro fratelli e ciò che succederà potrebbe andare a cambiare il corso della storia.

freaks outFreaks Out è un bel film, particolarmente riuscito. Come successo in occasione dell’uscita di Lo Chiamavano Jeeg Robot, probabilmente il pubblico ci metterà un po’ a digerire l’innovazione che caratterizza la pellicola, perché appunto si tratta di qualcosa che non si vede spesso nell’industria cinematografica italiana. In questo caso, però, più che di originalità e più corretto parlare di rarità, appunto, perché forse il titolo fallisce un po’ nel reinventare i blockbuster hollywoodiani. Viene molto facile paragonarlo ai prodotti che arrivano da oltreoceano e se ne possono riconoscere immediatamente i punti in comune. L’unico piglio di originalità è da ritrovarsi nel setting: Roma, con dei freak che sono fortemente legati al posto. Il villain, a differenza dello Zingaro di Luca Marinelli, è il classico antagonista che vuole accrescere il suo potere e i suoi poteri, come se ne sono già visti, e spesso criticati, tanti altri.

Va però detto che il film, a dispetto di queste mancanze, è una pellicola che funziona. Innanzitutto, si percepisce il cuore che è stato incanalato nella scrittura. La mole di lavoro si nota immediatamente, perché la cura dei dettagli è veramente tanta e questo è, ovviamente, un punto a favore del film. La regia è ben curata, interessante e fornisce delle soluzioni interessanti soprattutto nel finale, che è decisamente la parte più action e da blockbuster di tutta la pellicola. Anche dal punto di vista della realizzazione tecnica, Freaks Out brilla, specialmente per quelli che sono i livelli visivi. In particolare, stupisce il modo in cui è stato sfruttato il budget a disposizione della produzione, che sembra di gran lunga più alto di quello che effettivamente era.

Buone anche le performance degli attori, che si trovano tutti quanti a proprio agio con i loro personaggi, nonostante questi non siano poi così approfonditi. Sia chiaro, l’alchimia tra chi è su schermo è ottima e ognuno ha il suo spazio, ma forse si poteva gestire meglio il minutaggio. Freaks Out dura due ore e mezza e da qualcuno potrebbero essere percepite come abbastanza stancanti. A posteriori, si può dire che forse qualcosa poteva essere tagliato e altro inserito, così da approfondire maggiormente i background dei personaggi e capire cosa c’è dietro le loro caratteristiche peculiari. Il film ne avrebbe sicuramente guadagnato in profondità e anche il pubblico sarebbe stato più coinvolto. In ogni caso, dove non arriva la scrittura, arrivano gli attori. Aurora Giovinazzo è veramente brava: lei ha più spazio degli altri e non delude con la sua prova. Bravo anche Pietro Castellitto, che in alcuni momenti riesce a rubare la scena a tutti quanti. Claudio Santamaria promosso, ma sottotono rispetto ad altre sue performance, come ad esempio quella di Enzo Ceccotti.

Più sopra si è parlato del finale, che registicamente è molto interessante. Nel terzo atto sono concentrate molte scene d’azione e se da un lato la produzione ha la possibilità di sfruttare al meglio gli effetti speciali che ha deciso di utilizzare, c’è da sottolineare come il montaggio renda questa parte un po’ troppo confusionaria, difficile da seguire, ed è un peccato, perché con più cura si sarebbe potuto avere una conclusione ancor più degna di quanto visto prima.

freaks outDunque, Freaks Out non è un film perfetto, ma è sicuramente un progetto, un esperimento, assolutamente riuscito. Il titolo si colloca sì un gradino sotto Lo Chiamavano Jeeg Robot, ma si sta parlando di un film da vedere al cinema, perché ha una sua visione molto interessante e si ha la conferma della bravura di Gabriele Mainetti, che ha voluto osare e anche questa volta è stato premiato. Al netto di alcune sbavature ed errori nella gestione del materiale, non ultimo l’abuso di un tema come il nazismo, ormai troppo inflazionato e trattato in maniera troppo superficiale, va fatto un plauso a tutta la produzione che ha avuto il coraggio di mettere così tanto cuore in quello che è comunque un azzardo nel panorama cinematografico italiano. Freaks Out è un film buono e, in linea di massima, è sempre un bene supportare questo tipo di progetti, che sono una ventata d’aria fresca in un contesto, quello del cinema italiano, che ha sempre bisogno di giovani artisti e talenti che diano il loro apporto e la loro visione all’industria, per evolversi e migliorarsi.


Freaks Out sarà disponibile al cinema a partire dal 28 ottobre. Di seguito, il trailer ufficiale del film:

RASSEGNA PANORAMICA
Freaks Out
7.5
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Ho 23 anni, vivo a Perugia e studio a Roma. Dirigo, scrivo e produco cortometraggi per la Nostalghia Prod., società di produzione da me creata e diretta. Ho all' attivo 16 cortometraggi diretti da me, oltre che altri 16 solamente prodotti. Scrivo e collaboro per RedCapes.it da Gennaio 2019.
freaks-out-di-gabriele-mainetti-il-nuovo-film-del-regista-di-lo-chiamavano-jeeg-robot-recensione-venezia-78Freaks Out non è un film perfetto, ma è sicuramente un progetto, un esperimento, assolutamente riuscito. Il titolo si colloca sì un gradino sotto Lo Chiamavano Jeeg Robot, ma si sta parlando di un film da vedere al cinema, perché ha una sua visione molto interessante e si ha la conferma della bravura di Gabriele Mainetti, che ha voluto osare e anche questa volta è stato premiato. Al netto di alcune sbavature ed errori nella gestione del materiale, non ultimo l'abuso di un tema come il nazismo, ormai troppo inflazionato e trattato in maniera troppo superficiale, va fatto un plauso a tutta la produzione che ha avuto il coraggio di mettere così tanto cuore in quello che è comunque un azzardo nel panorama cinematografico italiano. Freaks Out è un film buono e, in linea di massima, è sempre un bene supportare questo tipo di progetti, che sono una ventata d'aria fresca in un contesto, quello del cinema italiano, che ha sempre bisogno di giovani artisti e talenti che diano il loro apporto e la loro visione all'industria, per evolversi e migliorarsi.

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