“Per la sua apertura alare, in relazione al suo peso, il calabrone non potrebbe volare. Ma lui non lo sa e vola lo stesso”. Verrebbe da dire che sono queste le parole che sostengono tutto quanto Il Talento del Calabrone, film diretto da Giacomo Cimini e interpretato da Sergio Castellitto, Lorenzo Richelmy e Anna Foglietta. La pellicola rientra nel genere del thriller psicologico e segue uno schema ben preciso, anche abbastanza tradizionale se si vuole: lo sconosciuto si mette in contatto con il protagonista e lo obbliga a fare una determinata serie di cose, minacciandolo di gravi conseguenze in caso di mancata obbedienza. Un classico, che però in questo film funziona perfettamente perché narrativa e tecnica si intrecciano in una maniera ottima, come si intrecciano le vite dei protagonisti.
Milano. Stefano (Lorenzo Richelmy), in arte DJ Steph, è un conduttore radiofonico che vive sulla cresta dell’onda: la sua trasmissione è un successone e presto terrà il suo primo dj set live, nella serata d’apertura della Milano Fashion Week. Tutto questo porta il ragazzo a sentirsi una sorta di eroe, che tutto può e che non sbaglia mai. Ma la sua vita, ad un certo punto, si scontra con quella di Carlo (Sergio Castellitto), uomo che entrerà in contatto telefonico con la trasmissione radio e ben presto rivelerà il suo intento: suicidarsi. Non prima, però, di aver preso il controllo del programma e, di conseguenza, della notte di tutta quanta la città, viste le minacce di farsi esplodere proprio per strada mentre gira per Milano con la sua automobile. A questo punto entrerà in scena il tenente colonnello Rosa Amedei (Anna Foglietta), e i tre vivranno una notte che difficilmente dimenticheranno.
Giacomo Cimini riesce a confezionare un film veramente bello da vedere e in grado di intrattenere, tenendo gli spettatori incollati allo schermo perché ansiosi di sapere quale sarà l’evoluzione degli eventi cui stanno assistendo. A livello registico, per chiara scelta, Il Talento del Calabrone è un titolo estremamente statico. I protagonisti, infatti, sono tutti sostanzialmente seduti e lo scontro ha i forti connotati del duello psicologico. All’incirca. Perché nonostante Steph e Carlo passino tutta la notte al telefono, non c’è una vera e propria contesa tra i due. Proprio questo è il punto forte della sceneggiatura: ognuno recita la propria parte e vorrebbe che l’altro si limitasse ad ascoltare e/o tacere. Carlo vuole seguire il suo piano, studiato nei minimi dettagli e quasi poetico; Steph vorrebbe solo uscire da quest’incubo che si è ritrovato, suo malgrado, a vivere. In tutto questo, il tenente colonnello Amedei, che cerca in qualsiasi modo di capire come salvare la situazione.
La sceneggiatura, come detto, è abbastanza classica e proprio per questo funziona bene. C’è da specificare, però, che Cimini e Lorenzo Collalti, l’altro sceneggiatore, hanno saputo dosare bene lo script, trovando il giusto equilibrio. Il Talento del Calabrone sa quando sparare alto e quando invece assestarsi su dei binari più tradizionali del genere thriller. I cali, invece, ci sono nei momenti in cui la pellicola cerca di allentare un secondo la tensione, per preparare lo spettatore al prossimo climax: quelle scene appaiono forzate e poco contestualizzate, soprattutto vista la situazione che si sta vivendo nel film.
Vista la sua natura, appunto, statica, tutto il film è prevalentemente basato sulle interpretazioni dei suoi attori, che riescono in linea di massima a fornire delle prove che mettono in risalto le caratteristiche principali dei personaggi. Lorenzo Richelmy è molto bravo nell’interpretare Steph, restituendo la situazione di disagio che il protagonista della pellicola vive per tutta quanta la durata. Tuttavia, l’attore è abile nel veicolare anche altri tratti del personaggio, su tutti l’arroganza e lo sbigottimento. Mattatore della pellicola è certamente Sergio Castellitto, che nell’abitacolo di una Fiat Panda del 2005 riesce a tirar fuori un’interpretazione incredibile: Carlo è un uomo che non ha più nulla da parte e nella sua disperazione si dimostra pacato e posato nei momenti giusti, rancoroso e iracondo in altri, triste e a pezzi in altri ancora. Il tutto in appena un’ora e mezza di film. Magistrale.
Discorso diverso, purtroppo, per Anna Foglietta. Il tenente colonnello Rosa Amedei soffre di un grosso problema, nell’economia della trama: l’inutilità. Il suo personaggio, de facto, non aggiunge assolutamente nulla alla trama, se non l’illusione nello spettatore che determinate inquadrature o sguardi possano significare qualcosa che si risolve poi in meno di un nulla di fatto. La stessa interpretazione della Foglietta, per quanto sui soliti ottimi standard dell’attrice, rimane abbastanza confusa perché confusa è la sceneggiatura in merito al suo personaggio. L’idea è quella che sia stata inserita perché un esponente delle Forze dell’Ordine andava obbligatoriamente inserito, visto la portata degli eventi, ma sicuramente si poteva fare qualcosa di più, in modo da valorizzare anche l’attrice Nastro d’Argento lo scorso anno.
Meno buone le interpretazioni dei personaggi secondari, sempre troppo sopra le righe. Il film si concentra prevalentemente su Stefano, Carlo e parzialmente su Rosa. Tutti gli altri hanno delle linee di dialogo un po’ troppo banali e fuori luogo che, vista l’ottima atmosfera che il film sa costruire, stonano fortemente.
Ma se Steph e Carlo sono i due protagonisti assoluti de Il Talento del Calabrone, la terza vera protagonista è Milano. La città apre il film con delle inquadrature mozzafiato, che ne delineano l’identità di grande città, con uno skyline stupendamente illuminato. Chi conosce il capoluogo lombardo ne conosce la natura frenetica e chiassosa, ma nel film questi elementi lasciano spazio a qualcosa di più surreale: un silenzio quasi magico, di una città pronta ad ascoltare i protagonisti, anche a costo di venirne scombussolata.
Vista la materia della pellicola, impossibile non parlare delle musiche. Come un cielo stellato, la musica classica approfitta del buio della città e del suo vuoto per ergersi a padrona dei momenti più intensi del film, riuscendo ad emozionare lo spettatore grazie anche ad una serie di inquadrature che riescono veramente a scavare nella vacuità o nella paura dei personaggi. Ovviamente, al di là delle composizioni classiche ci sono le tradizionali tracce di accompagnamento. Anche questi elementi riescono nel compito di accompagnare Il Talento del Calabrone nei momenti topici, fino al finale dal sapore agrodolce.
Dunque, bisogna ringraziare Amazon Prime Video che darà l’opportunità al pubblico italiano di poter vedere questo film. Il Talento del Calabrone non è un film esente da difetti, assolutamente, e probabilmente se si fossero smussate alcune imperfezioni si sarebbe parlato di un titolo di ben altro calibro. Tuttavia, la pellicola riesce nel suo intento di intrattenimento ma anche a far riflettere lo spettatore su alcuni temi messi in campo, come il rancore, la vendetta e il senso di colpa. Guardando il lavoro di Giacomo Cimini vien difficile pensare di potersi godere a tal punto un lungometraggio così statico, che potrebbe risultare quasi ridondante nella sua natura “ferma”. Ma esattamente come il paradosso del calabrone che vola perché non sa di non poterlo fare, anche Il Talento del Calabrone non sa di essere un film statico e quindi decide di portare il proprio pubblico in giro per Milano, facendogli vivere un climax di emozioni ad una sola condizione: saper ascoltare.
Il Talento del Calabrone è disponibile da oggi su Amazon Prime Video. Di seguito, il trailer ufficiale del film: