Intervista a Maicol&Mirco “Gli Scarabocchi? In realtà sono fumetti per bambini” | Speciale

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Maicol&Mirco

Durante la presentazione di Argh al T-Trane Record Store, al numero 44 di Via Borgo XX Giugno a Perugia, abbiamo avuto il piacere di scambiare 4 chiacchiere, grazie agli amici di Bao Publishing, con Michael Rocchetti, noto per Gli Scarabocchi di Maicol&Mirco.


Argh è il primo volume dell’Omnibus degli Scarabocchi. Quanti ne usciranno ancora?

“Innumerevoli, nel senso che saranno almeno sedici o diciassette. Però conta che ogni sei mesi dovrebbe uscire un volume nuovo e in questo tempo produco lo stesso numero di scarabocchi che va in un libro. Quindi in realtà fino a che non mi fermo, o non mi fermano, non si arresterà la pubblicazione.”

Ci sono solo gli Scarabocchi pubblicati online?

“L’opera Omnia raccoglie proprio tutto, quindi tutto quello che ho fatto attorno al progetto Scarabocchi: le storie di Linus, le storie brevi, le collaborazioni con Smemoranda, praticamente tutto tranne “Il Suicidio spiegato a mio figlio” pubblicato con il metodo Prima o Mai. Sarà ristampato anche il volume-bomboniera del mio matrimonio, nato anch’esso a scarabocchi.”

Immagino che siano innumerevoli. È stato difficile ritrovarli tutti? Sei una persona ordinata?

“Li ho ordinati tutti, ce l’ho anche numerati. L’edizione è proprio cronologica, ma non siamo ripartiti dal numero uno, ma un po’ dopo, saltando quelli già pubblicati in autoproduzione. Quelli li ristamperemo in un volume unico, sempre della collana. Volevamo però che i lettori, visto che aspettavano il terzo volume da tanto tempo, potessero avere degli Scarabocchi inediti.”

Quindi l’ordine non è tematico?

“No, sono in ordine cronologico, perché questo spiega una cosa. Scarabocchi non è una strip, ma un unico fumetto chilometrico, travestito da milioni di strip. Nel libro infatti ci stanno dei ritmi che ho sviluppato mentre li producevo pensando proprio ad un volume unico. Ritornano i personaggi, ritornano con un senso e scompaiono con un senso.”

Gli Scarabocchi li abbiamo visti online, cartacei, su magliette, felpe. Qual è il formato che preferisci?

“Il formato ideale è il libro. La cosa strana degli Scarabocchi è stata quella di creare un prodotto estremamente pop, che parli però di contenuti estremamente particolari. Il successo forse è stato quello. Su internet si è da sempre pensato che essendo un mezzo che arrivava a tutti, fosse logico mettere contenuti per tutti. Invece Scarabocchi è stata proprio una delle prime cose nel fumetto che ha avuto dei contenuti specifici, strani e anzi, fastidiosi. Così si è scoperto che il lettore non è un idiota, ma una persona che può seguire qualsiasi tipo di discorso e soprattutto, questo è dovuto alla serializzazione e quotidianità, può crescere con l’autore. Come sono cresciuto io, sono cresciuti i miei lettori e hanno cominciato a capire i meccanismi e io a realizzarli. La pagina degli Scarabocchi c’è da sette anni. Immagina qualcuno che per tutto questo tempo legge quotidianamente una cosa tua a prescindere dal valore e la qualità. È un modo per fare un percorso insieme, che poi però magari non vuole portare da nessuna parte.”

Come quando leggi One Piece da vent’anni e ci sei praticamente cresciuto…

“Esatto! Una serializzazione così lunga mancava in Italia. Siamo abituati a libri autoritari che terminano in un episodio, due. Io sono cresciuto a Asterix, libri che sono cresciuti insieme ai personaggi. Scarabocchi -lo ribadisco-  spiega però che i lettori non sono idioti e non sono bambini che vanno tenuti per mano durante la lettura.”

A proposito di questo tuo rapporto diretto con il pubblico. Ti sei mai fatto influenzare da loro per i tuoi scarabocchi?

“Sì, perché con internet vedi quanto una cosa funziona. Dopo ci sono due strade: la più banale è quella di dire “Ok, questo funziona e questo no” allora dico solo quello che va, oppure l’altra è quella che ho percorso io e dire “ Questa cosa la capiscono meglio” allora sono io che modifico il modo di raccontare in base a chi mi segue, ma non il contenuto, quello rimane mio. Scarabocchi spiega che non c’è nulla di cui non si possa parlare. Si può raccontare tutto, l’importante è che venga raccontato in un certo modo. C’è un modo giusto di raccontare qualunque cosa. Degli Scarabocchi tutti dicono “È una striscia che parla di suicidio, di morte, di omicidio” che se poi vai a vedere, effettivamente, non sono poi così frequenti. Però rimane in testa, perché è una delle poche strisce che tratta questi temi mentre per gli altri è un tabù. Magari c’è un libro che può parlare di suicidio in cui si racconta la storia di questo che si ammazza, però invece qui è un ingrediente comune come andare a fare la spesa, averci problemi con la fidanzata. È sempre raccontato per dire altro. Viene spesso scambiato come un fumetto nichilista, è normale dare questa etichetta, ma in realtà la migliore definizione delle mie strisce l’ha data Alessio Trabacchini dicendo che sono “fumetti empatici”. Ti ritrovi perché trattano sempre le domande e non le risposte. Non ci sono mai risposte negli Scarabocchi. Infatti capita sempre che chi ti segue può iniziare a considerarti una sorta di guida o guru e poi però se guardi bene e cerchi bene i personaggi sono spesso in disaccordo e le morali sono sempre diverse. Quello perché non faccio altro che essere il narratore e raccontare storie totalmente diverse e i personaggi sono differenti, non c’è censura nelle mie strisce. Permetto ai personaggi di dire quello che vogliono, quando vogliono e come vogliono. L’unica cosa per cui tappo la bocca ad un mio personaggio è quando dice una cosa banale. Deve essere interessante. Se è banale è l’unico modo per essere cestinato.”

E le bestemmie?

“Le bestemmie quando sono banali non ci sono. Anche se ci sono dei personaggi che le urlano a tutta pagina.La bestemmia non è mai fine a se stessa, come l’omicidio. Non sono storie di uno che si spara in testa, ma di quello che succede tra la vita e la morte. Il fumetto nichilista non lo sopporto. Non c’è nessuna utilità. Raccontare il brutto come un’altra forma di bello, per me è una cosa interessantissima.”

I tuoi Scarabocchi sono strani perché alcuni li sfogli veloci, mentre per altri ti ci soffermi anche più di mezz’ora.

“Questo però è possibile sulla carta. Nella pagina internet, invece capitava che per alcuni, avendo il tempo di lettura di internet, pensavi “Cazzo che bomba! Fa ridere!” mentre altri “ Oddio, questo non è tanto d’effetto”, perché sono stati tutti pensati per la carta. Oppure, ci sono scarabocchi che dici “Questo l’avevo letto, però non me lo ricordavo così”, a volte ti accorgi del valore di uno Scarabocchio dopo tanto tempo che l’hai letto. Com’è capitato a me per alcune strisce, ridi sempre per le cose più dirette. Non so se ti è capitato mai di leggere lo stesso libro in più periodi della vita. Tipo a tredici anni ti sembra un libro e a quindici un altro differente. In Roger Rabbit, ad esempio, c’è un livello di lettura per i bambini, comicità classica slapstik, e poi c’è un livello di lettura per adulti, banalmente: di vita, di morte, del personaggio dell’investigatore che smette di bere. Da piccolo ne percepisci una cosa, da grande un’ altra o tutte e due insieme. Capti quello che per te è interessante in quel momento e utile in quel momento.”

E quindi se gli Scarabocchi venissero letti da dei bambini?

“In realtà è un fumetto per bambini. Il problema è che se ci metti una bestemmia dovresti scrivere che è per un pubblico maggiore. Quando ho fatto il libro Palla Rossa, Palla Blu, tutti i lettori mi dicevano “Ora chissà quali messaggi satanici c’avrai messo”. In realtà non ho messo messaggi satanici nei libri per bambini, ma messaggi per bambini nei libri satanici. È difficile raccontare ai bambini? No, è uguale perché ho sempre raccontato come un bambino. Queste sono storie che un bambino può leggere tranquillamente o capire. Tra l’altro sono convinto che non si stupirebbero o offenderebbero delle bestemmie. Riderebbe di quello che può capire e quello che non può, lo screma. Lo dico sulla mia pelle perché da piccolo ho letto per sbaglio Storie di ordinaria follia di Bukowski, che è uno dei miei scrittori preferiti in assoluto, però l’ho letto come fosse un romanzo d’avventura, di fantascienza. Vivendo in un mondo di regole viene etichettato come un libro per adulti, però può essere letto e compreso da tutti.”

Tornando al mondo di Internet, al giorno d’oggi ci sono un sacco di persone, fumettisti compresi, che sfruttano i social per pubblicizzarsi e farsi conoscere. Di conseguenza, si sono però create delle regole da rispettare, teoricamente, per ottenere un riscontro maggiore tra le quali per esempio: pubblicare ad una certa ora, con una cadenza settimanale, se non giornaliera, etc. Ti sei mai sentito soggetto anche tu a questo schema? Hai mai pubblicato uno Scarabocchio per forza?

“Io mi sono dato da sempre una regola che è quella di fare uno Scarabocchio al giorno. Potrei pubblicarne anche uno a settimana, ora che la cosa funziona. A me però è servito per costringermi a ragionare e i personaggi mi hanno fatto fare dei percorsi ed esperienze di vita che non avrei mai fatto altrimenti. Ci sono cresciuto. Quindi mi interessa sapere cosa combineranno quel giorno. Solitamente pubblico a mezzogiorno, tante volte però alle undici e mezza non so cosa fare e in realtà molta gente ha paura del foglio bianco, ma a me quella cosa piace tantissimo. Anche il piacere ansioso di dire “Magari viene una cazzata”. Scarabocchi e fatto su una riflessione di tanti errori, non è una chiaramente una cosa perfetta, ma non vuole nemmeno esserlo. Vuole essere perfettamente sbagliato. È la somma di tutto quello che non so fare nella vita e quello che so fare bene. Ci sono autori che nascono e sono già tecnicamente perfetti, poi magari a volte si trovano dei bastoni tra le ruote dovuti ad un eccesso di tecnica. Io invece ho avuto sempre il bisogno di insistere con i personaggi per tirare fuori quello che c’era di interessante. Tutte quelle mancanze che avevo mi sono servite per raccontare e disegnare in una altro modo.”

Per quanto riguarda il processo di creazione di uno Scarabocchio, ho notato che molto spesso i personaggi sono come fisionomicamente perfetti per quello che poi dicono ed esprimono.

“È vero perché non potrebbe essere disegnato in un altro modo che come lo è. Se tu guardi Scarabocchi, la parte scritta è quasi disegnata e la parte disegnata è in qualche modo scritta. Si fondono le cose. Come si fonde forma e contenuto: il rosso per esempio ormai è narrativo, il formato è narrativo. C’è una grandissima recitazione per i personaggi, però a volte se butto un originale è più per la parte scritta che per il disegno. C’è un velocissimo casting dei personaggi quando li disegno che sembrano tutti simili, ma in ognuno poi rivedo influenze bonviane, o la dolcezza di certe cose di Tezuka, a volte dico “Questa cosa invece è proprio Magnus”. Io ce li vedo, ma per fortuna non il lettore perché la cifra di un’autore è fatta dai milioni di frutti che ha preso in giro, più ne fai e più si crea quello che sei veramente. Un vero autore arriva che è indistinguibile. Il disegno è tutto un fatto di memoria e la memoria cos’è se non rapinare dal passato?”

Pensi ci saranno autori che si ispireranno a te?

“Tutto quello che funziona è seminale. Però se uno vuole fare una cosa di Altan è impossibile, a me per esempio mi accomunano spesso a lui e io piango sempre di gioia, ma non riuscirei mai a fare una vignetta come lui perché Altan ha una cifra diversa dalla mia. I miei sono fumetti alla Maicol & Mirco.”

La “Fine” è una costante di ogni scarabocchio, spesso è proprio parte della narrazione quasi fosse un personaggio della vignetta. In questo modo perde così di fatto il valore semantico della parola, poiché non c’è mai una vera Fine. Come descriveresti il tuo rapporto con essa?

“Ho fatto della parola FINE la mia sigla di coda. Ti spiega in 4 lettere che è finito un episodio e ti lascia trepidante in attesa del prossimo.”

Nel libro fai una premessa dicendo che non contiene violenza o bestemmie, ma solo rappresentazioni di queste messe in pratica dai personaggi. A questo punto non ho ancora capito bene cosa sono gli scarabocchi. Siamo noi? L’umanità? O sono entità che si divertono a recitare la nostra esistenza come fosse una gigante opera teatrale?

Sono ormai una nuova razza, non figlia di quella umana ma sua orfana. Gli scarabocchi non sono i nostri figli. Sono i nostri orfani.”

Ed essendo dotati di una loro coscienza, ti dispiace quando li vedi spappolarsi il cervello a vicenda o da soli?

Piango lacrime, per fortuna d’inchiostro.”

Gli scarabocchi sono stati spesso accostati alla filosofia. Pensi che un giorno potrebbero mai venire studiati nelle scuole?

Più facile che le scuole vengano studiate nei miei scarabocchi.” 

Per quanto riguarda il processo di creazione di uno Scarabocchio, ho notato che molto spesso i personaggi sono come fisionomicamente perfetti per quello che poi dicono ed esprimono. Quindi, quando fai uno Scarabocchio, pensi prima a fare i personaggi e loro ti suggeriscono cosa dire, o a quello che deve accadere nella vignetta e poi ci disegni il contorno?

Boh, sono fatti proprio così.”

Grazie Mille Maicol per quest’intervista, è stato un vero piacere.

“Grazie a voi, piacere mio. Un saluto a tutti i lettori di RedCapes.it


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