Marco Checchetto è senza alcun dubbio uno dei migliori talenti del nostro paese. Dopo gli inizi come copertinista per riviste di videogiochi e i lavori sul Giornalino, l’artista approda alla Casa delle Idee divenendo uno degli artisti più apprezzati dai lettori. Negli oltre 13 anni trascorsi in Marvel, l’artista padovano ha avuto modo di disegnare i più grandi eroi della casa editrice newyorkese come Spider-Man, Punisher e Avengers, mentre dal febbraio 2019 è al lavoro sulla testata di Daredevil per i testi di Chip Zdarsky. In occasione dell’uscita dell’Artist Edition del  primo numero di Daredevil proprio durante la kermesse lucchese, grazie a Panini Comics abbiamo avuto l’occasione di intervistare Marco Checchetto sul rilancio del Diavolo di Hell’s Kitchen, sull’influenza di John Romita Jr., sugli studi per Punisher e molto altro ancora.


Ciao Marco, benvenuto su RedCapes! Siamo davvero contenti di poterti intervistare in occasione di Lucca!

Ciao RedCapes, il piacere è mio.

Iniziamo subito parlando del 2019: quest’anno è stato molto importante per te perchè, dopo essere stato insignito del titolo di Young Gun, la Casa delle Idee a inizio 2019 ha affidato a te e Chip Zdarsky il rilancio di Daredevil. Dato che per l’occasione Panini Comics ha realizzato una splendida Artist Edition del primo numero, potresti introdurre il vostro Diavolo per chi non lo stesse ancora leggendo?

Con piacere. Lasciami premettere che, in primis, piace molto a me come lettore; dopo aver letto le prime pagine mi sono innamorato della sceneggiatura di Chip e sono davvero contento di collaborare con lui.  Il Daredevil di Chip è un Devil che riprende a piene mani dalle pagine degli anni’80 firmate da Frank Miller e Ann Nocenti che, personalmente, reputo essere il miglior Daredevil mai pubblicato. Fin dai primi istanti, infatti, la lettura delle sceneggiature mi ha riportato indietro alle stesse atmosfere di quando da bambino leggevo proprio quelle storie e, di conseguenza, anche il mio approccio come disegnatore ne ha risentito (ride): il tratto di Romita Jr. in primis, di Miller e Mazzuccheli, ma anche di Quesada, hanno avuto una grossa influenza su di me e nel processo di ricerca di una mia personale voce per questa stupenda serie.

E durante lo scorso NYCC hai avuto la possibilità di conoscere John Romita Jr., posso solo immaginare quanto abbia significato per te.

Oltre ad essere un sogno che si è realizzato, incontrare John è stata la chiusura di un cerchio. Nella speranza di incontrarlo mi ero portato da casa il primo fumetto che abbia mai comprato, appunto disegnato da John Romita. Quando gli organizzatori della fiera hanno saputo del mio desiderio di conoscerlo, hanno organizzato un incontro ed è stata un’emozione enorme. Come ti dicevo prima, è stata la chiusura di un cerchio: è grazie a lui se oggi faccio questo mestiere, sono state le sue pagine a farmi innamorare e a spingermi a diventare un disegnatore.

È davvero bello sentire storie come la tua, grazie per avercela raccontata. Tornando invece a Devil, come ti hanno proposto di lavorare alle avventure di Matt Murdock?

Mentre ero al lavoro sugli ultimi due numeri Old Man Hawkeye, serie fantastica scritta da Ethan Sacks che, permettimi di dire, sarà sicuramente una delle voci del prossimo futuro in Marvel, mi è arrivata una chiamata da C.B. Cebulski, nella quale mi illustrava la loro intenzione di affidarmi il rilancio di un personaggio e che sarebbero stati entusiasti di affidare a me questo progetto. Dopo avermi illustrato il tutto, mi è venuto spontaneo chiedere di che personaggio si trattasse e la risposta di C.B. è stata “Ti piace Daredevil?” (ride). Ecco è andata più o meno così anzi, in realtà, ero già a bordo del progetto appena ha nominato Devi.

Rapido e indolore.

Esatto, è stato uno dei sì più rapidi di sempre. Sai, io sono innamorato degli eroi urbani, Spider-Man, Daredevil e Punisher sono la sacra trinità della Marvel per me, quindi era inevitabile che dicessi di si. In più, per come ora sono scritte le serie, Devil è sicuramente quella che mi si avvicina di più come gusto. Amo disegnare storie urbane, buie e tristi, dove i personaggi sono ad un passo da una crisi di nervi.

Hai appena descritto il Matt del vostro primo numero.

L’abbiamo trattato malissimo ed è solo l’inizio. La situazione attuale di Matt coincide perfettamente con ciò che voglio disegnare, in più ho chiesto a Chip di inserire il più possibile Spider-Man, quindi non posso chiedere di meglio (ride).

La proverbiale ciliegina sulla torta. Mi ricollego dunque a quanto appena detto per chiederti, come ti trovi a lavorare con Chip? Noi lo abbiamo conosciuto prima come disegnatore su Sex Criminals, poi come sceneggiatore su Howard The Duck, Star Lord e ultimamente su diverse storie dell’Arrampicamuri con le quali ha ottenuto numerosi consensi. È un pazzo furioso, ma nel senso buono del termine.

Chip è un pazzo, e su questo non ci piove però, credimi, sul lavoro è molto molto preciso e serio. La nostra è una collaborazione che si basa sul dialogo e lo scambio reciproco di idee e sono davvero contento che sia così, perchè rende semplice il lavoro. Inoltre le sue sceneggiature sono molto precise e attente al dettaglio, vi invito a giudicare con i vostri occhi andando a guardare le pagine di sceneggiatura riportate nell’Artist Edition. Come dicevi tu, Chip è conosciuto ai più per i lavori solari e divertenti con Howard, ma in Daredevil è di una cattiveria che ha colto di sorpresa anche me.

Sono contento di non essere il solo. Ricordo i miei dubbi al momento dell’annuncio sulla scelta di Zdarsky, ma comunque, spinto dalla curiosità, ho preso subito il primo numero. A metà numero ogni mio dubbio era sparito.

Mi fa piacere. In più la serie è molto violenta e non mi aspettavo proprio che la Marvel approvasse una simile decisione: nel dodicesimo ho disegnato alcune pagine che ero sicuro sarebbero state respinte e invece non ci hanno detto niente. Chip ed io stiamo davvero facendo quello che ci piace ed è davvero bellissimo. 

Uno degli elementi più riusciti del vostro Devil, a mio parere, è l’essere riusciti a proporre qualcosa di nuovo, capace di incuriosire i nuovi lettori, rimanendo però fedeli ad alcuni elementi caratterizzanti del personaggio, facendo così felici anche i fan di vecchia data che, come già da te anticipato, potranno sentirsi a casa. Secondo la tua opinione, come siete riusciti ad ottenere questo equilibrio?

In tutta onestà, non so dirti che razza di lavoro abbia fatto Chip per ottenere questo risultato, ma ti assicuro che la prima volta che ho letto la sua sceneggiatura mi è sembrato di tornare indietro ai fasti degli anni’80. Dal canto mio, ho cercato di staccarmi il più possibile dal look della serie Netflix, che tra l’altro si era da poco conclusa, per non creare una sorta di continuità. Per farti un esempio concreto, il Kingpin degli ultimi anni era diventato molto più simile nei lineamenti a Vincent D’Onofrio, per non parlare della somiglianza tra Matt e Charlie Cox. Partendo da questa premessa, io ho deciso di riazzerare tutto: il mio Matt Murdock si ispira a Robert Redford de “I tre giorni del condor” che, tra l’altro se non vado errato, ha ispirato anche Miller per il suo Devil. La stessa cosa vale per Kingpin, molto simile all’armadio dalla testa piccola di Romita Jr, e così via anche per gli altri personaggi.

Rimanendo in tema, il vostro Matt è un personaggio molto sfaccettato come abbiamo avuto modo di vedere da questi primi numeri. In relazione a quanto abbiamo visto, in che modo riesci a trasmettere il tormento di questo personaggio? Di solito si dice che gli occhi sono lo specchio dell’anima, ma vale anche per Matt, i cui occhi sono freddi e spenti a causa della sua cecità?

Per rispondere alla tua domanda, sì credo che anche per Matt valga il detto “gli occhi sono lo specchio dell’anima”. Ho espressamente chiesto a Chip di scrivere meno pagine possibili dove Matt indossa gli occhiali, perchè credo che, seppur abbia questi occhi vuoti, il movimento della palpebra, delle sopracciglia aiuti tantissimo a trasmettere le emozioni del personaggio. 

Sempre dal punto di vista grafico, durante la tua run su Punisher hai avuto l’occasione di disegnare Daredevil durante l’evento Omega Effect. Confrontando i due lavori, in che modo è cambiato, si è evoluto il tuo modo di disegnare Devil? 

Partendo dal presupposto che sono molto critico nei confronti dei miei lavori precedenti, come la maggior parte degli artisti (ride), questo mio Devil si differenzia in diversi aspetti rispetto a quello visto in Omega Effect, portandone però a maturazione alcuni aspetti. Su Omega Effect avevo modificato il look del costume per renderlo più realistico e meno calzamaglia rispetto a quanto visto in precedenza; qui invece mi sono spinto un pò oltre, sempre in linea con il realismo urbano della serie. Specificamente a livello di design, gli ho fatto i pantaloni larghi, la maglietta molto stretta, le bende sui polsi. Sarà paradossale, ma per i miei standard questa Artist Edition è “già vecchia”, confrontata alle ultime tavole che ho realizzato e, come ti dicevo prima, tendo a non guardare i miei lavori precedenti, anche per evitare di fossilizarmi.

Capisco, mettendo da parte Daredevil dato che lo abbiamo sviscerato abbastanza, vorrei allora parlare della tua run su Punisher, uno dei tuoi lavori più apprezzati. Anche in quell’occasione, tu e Greg Rucka avete avuto l’arduo compito di rilanciare il personaggio, proponendo una visione più realistica di Frank Castle, soprattutto in relazione alla guerra e ai disturbi post-traumatici ad essa connessi. Potresti parlarci del motivo di questa vostra scelta? 

Il tutto è partito da Greg con la sua visione di Punisher non come un pazzo, ma come un uomo in missione, focalizzandosi molto sulla parte realistica e militare. Proprio per far risaltare questo aspetto, Greg aveva chiesto un disegnatore dal taglio realistico, e credo che in me abbia trovato un disegnatore che non vuole strafare, ma che si mette al servizio della storia, perché il mio obiettivo è che la gente legga e si appassioni, un pò come se fosse davanti a uno schermo cinematografico. Oltre ad essere stata molto apprezzata dal pubblico, una delle cose che mi rende più orgoglioso della serie è che ha mostrato un lato del personaggio che forse non era mai stata sviscerato.

Tra l’altro non dimentichiamoci che la vostra run è stata presa come fonte di ispirazione per la serie Netflix.

È stato emozionante vedere il mio nome assieme a quello di altri grandi autori nei crediti della serie. Oltre a renderti orgoglioso ed essere gratificante, è stato anche un bel gesto da parte della Marvel e una dimostrazione che tengono al mio lavoro. 

Come detto prima, l’aspetto realistico e militare sono due dei temi principali attorno cui ruota la serie, perciò mi domandavo come tu ti sia preparato a rappresentarli sulle tue pagine?

Dato che non era nostra intenzione mostrare cose assurde, come Punisher con due M60 in mano, ho cercato di recuperare più materiale possibile sui militari per studiarne le abitudini, i movimenti e la postura nello sparare, affinché potessi ritrarre il mondo di Frank Castle nella maniera più realistica possibile. In particolare, per farmi un’idea di come funzionino  le armi da fuoco, sono andato a sparare, per capire come tenere la pistola in mano, capirne il rinculo, come si ricarica, ma anche capire le differenze da arma ad arma.

Definirla una ricerca approfondita sarebbe riduttivo.

Purtroppo io sono così (ride). Quando mi affidano una serie, io esco di casa e compro tutto quello che può aiutarmi, per poi chiudermi in casa, studiare e poi mettermi a disegnare. 

Prima di chiudere, vorrei farti una velocissima domanda su Star Wars: sono a conoscenza del tuo amore per l’epopea di George Lucas, e qualche anno fa, dopo che la Marvel ha riacquistato i diritti per la pubblicazione dei fumetti di Guerre Stellari, hai avuto modo di realizzare i numeri legati all’evento L’Impero a Pezzi. Da fan della saga, puoi parlarci dell’emozione nel realizzare un capitolo canonico della saga?

Quando mi hanno proposto di disegnare L’Impero a Pezzi, la prima reazione fu terrore puro. L’idea di disegnare tutti i veicoli, i pianeti per non parlare poi dei personaggi che dovevano essere uguali in tutto alla loro controparte cinematografica, mi spaventava a morte. Alla fine però ho deciso di correre il rischio, di spingermi oltre anche mosso dall’amore per Star wars.

E come fanno i grandi artisti davanti alle sfide.

Grazie dei complimenti anche se ti dirò, all’inizio è stata dura perchè i fan sono tremendi (ride): inviavo le tavole e tornavano indietro dagli editor con la nota “c’è la cinghietta del casco sbagliata”.

Addirittura?

Ebbene sì (ride). Ora ci rido su, ma è tosta quando ti rimandano indietro tavole per questi motivi. Fortunatamente però, dopo una partenza in salita, il resto del lavoro è stato in discesa e mi sono divertito tantissimo. Ripensandoci, mi fa sorridere il fatto che nel mio studio, in un paesino vicino Venezia, hanno preso vita dei mondi per Star Wars.

Ultima domanda: ormai sono più di 10 anni che lavori per la Casa delle Idee e, durante la tua lunga e prolifica carriera, hai avuto modo di disegnare le avventure di Spider-Man, Punisher, gli Avengers e ora Devil. Ecco, se potessi scegliere uno sceneggiatore e un eroe su cui lavorare, chi sceglieresti?

Ti rispondo nella maniera più onesta: vorrei tornare a disegnare l’Uomo Ragno con Chip ai testi. La sua run su Spider-Man l’ho adorata e ora mi sto divertendo troppo con lui su Devil, e mi piacerebbe davvero tanto collaborare con lui nuovamente in futuro su Spidey.

Lo spero vivamente anche io. Marco, a nome di tutta la redazione di RedCapes, ti ringrazio per il tempo concessoci e per la splendida chiacchierata. Ti auguriamo un buon proseguimento di Lucca Comics e speriamo di rivederci presto.

Il piacere è stato mio. Grazie e a presto!

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