Una delle caratteristiche che da sempre ha contraddistinto i fumetti Marvel da quelli della Distinta Concorrenza è il realismo dei suoi eroi. Nei suoi 80 anni di storia, la Marvel Comics è partita dalla semplice (e brillante) idea di ambientare le proprie storie per le strade di New York e San Francisco, arrivando, con il tempo, a introdurre nel suo universo gli eventi che hanno segnato la storia moderna (vedi Amazing Spider-Man vol. 2 #36), contribuendo a costruire un mondo molto simile al quello in cui viviamo. Ovviamente, l’aspetto più conosciuto anche dai lettori della domenica è il concetto di supereroi con superproblemi coniato da Stan Lee. Trovandosi molto spesso ad affrontare problematiche comuni all’uomo medio, gli eroi della Casa delle Idee, da sempre, hanno avuto il pregio di essere figure con cui è più facile identificarsi, capaci di creare profondi legami con i lettori.
Anche se molto semplificata, questa breve premessa è fondamentale per introdurre un ulteriore aspetto che, in generale, da sempre ha contribuito a rendere più realistiche le avventure degli eroi in costume: la morte. Il tema della morte dell’eroe, in tutte le sue declinazioni, non è nulla di nuovo, anzi è una delle tematiche più frequenti fin dai tempi di Omero, ma riesce lo stesso a trasmettere tutto il pathos e il simbolismo del momento, umanizzando queste figure mitiche. Purtroppo, in anni recenti, l’industria dei comics ha abusato di questo espediente per fini (quasi) puramente commerciali, con annessa resurrezione dopo pochi anni. Partendo dal 1992 con la sconvolgente morte di Superman, passando per Batman, fino a quella di Captain America e Wolverine, solo per citarne alcuni esempi, tutte queste morti hanno portato in scena il sacrificio massimo e la successiva apoteosi dell’eroe.
Nel 1982 però, 10 anni prima della morte dell’ultimo figlio di Krypton per mano di Doomsday, Jim Starlin, conosciuto ai più per essere il padre di Thanos, realizzò una delle più toccanti storie della Casa delle Idee, narrando sulle pagine del primo numero di Marvel Graphic Novel il dramma della morte di Mar-Vell, il guerriero Kree conosciuto come Capitan Marvel. A più di trent’anni dall’uscita, Panini Comics aggiunge una perla all’interno della splendida collana Grandi Tesori, riproponendo in un bellissimo volume oversize La Morte di Capitan Marvel.
Con La morte di Capitan Marvel, Jim Starlin mostra il lento e inesorabile declino di Mar-Vell, guerriero formidabile, ora ridotto all’ombra di se stesso. In seguito alla ravvicinata esposizione di un ingente quantità di gas nervino, le cellule del guerriero Kree hanno sviluppato una forma di cancro divenuta, con il tempo, incurabile a causa dell’ influsso delle sue Nega-Bande. Dimostrando ancora una volta il suo incredibile valore, Mar-Vell affronta la malattia con coraggio seppur conscio di quale sarà il finale della sua storia, l’eroe comico conosciuto come Capitan Marvel accetta con grande dignità e umiltà la sua condizione cercando, in questi suoi ultimi momenti, di risolvere le questioni in sospeso della sua vita.
La Morte di Capitan Marvel è una di quelle opere senza tempo, capace dopo più di tre decadi di commuovere e ispirare. Senza alcun dubbio uno dei migliori lavori di Jim Starlin, l’artista di Detroit, con estremo tatto, riesce a portare su carta il dramma della malattia, mostrando uno dei più formidabili guerrieri accettare con profonda umiltà la sconfitta, senza però voler rinunciare a vivere. Il voler lasciare la propria storia ai posteri è il pretesto da cui Starlin parte per l’ultima grande storia di Capitan Marvel, espediente a cui si rifarà Morrison nel suo All Star: Superman. Nel raccontare la vita e gli ultimi atti di Mar-Vell, l’autore americano alterna abilmente momenti più intimi e riflessivi a situazioni più consone al medium, da cui emerge tutta la complessità di Mar-Vell. Dolore e paura, strazio e sconforto, ma anche amore e rispetto sono gli elementi cardine dell’affresco cosmico di Starlin, attraverso i quali può esplorare non solo l’aspetto più umano della vicenda, ma anche quello legato alla figura dell’eroe, alla sua mortalità e alla sua eredità.
Il risultato finale è un racconto sfaccettato, una lucida analisi sulla caducità dell’essere umano e, in fin dei conti, sull’umanità degli eroi in costume. Fluida e perfettamente ritmata, La Morte di Capitan Marvel culmina in un finale onirico, dove l’apoteosi del guerriero diventa il mezzo con cui Jim Starlin celebra la vita e la storia di uno degli eroi più illustri del Marvel Universe.
Anche per quanto riguarda il lato grafico non possiamo fare altro che tessere le lodi di Starlin. Anticipando molte delle soluzioni divenute comuni in anni recenti, le tavole de La Morte di Capitan Marvel spiccano per composizione, taglio e cura nei dettagli, divenendo iconiche anche grazie agli splendidi e morbidi colori di Steve Oliff. Perfettamente integrate con la storia, le pagine di Starlin traboccano di energia, lo storytelling di Stalin accompagna dolcemente il lettore pagina dopo pagina, dove le sue figure, molto più plastiche e espressive rispetto ai precedenti lavori, mettono in scena tutto il pathos del momento. Anche se può sembrare un paragone azzardato o fuori luogo, proprio come quelle del Re, le matite di Jim Starlin potrebbero raccontare l’intera vicenda solo tramite l’uso di immagini, senza l’uso delle parole.
Imprescindibile. Non ci sono altri aggettivi con cui descrivere La Morte di Capitan Marvel. L’opera senza tempo di Jim Starlin è (senza alcun dubbio) un vero e proprio capolavoro anzi, un Grande Tesoro Marvel. Nell’ultima grande avventura di Mar-Vell il dolore della perdita diventa il pretesto per celebrare la vita di un grande uomo capace, ancora una volta, di ispirare persino gli altri eroi.
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