Dopo una lunga attesa iniziata alla fine dell’estate con la pubblicazione delle prime foto del nuovo progetto cinematografico di David Fincher, MANK, arriva su Netflix il 4 dicembre il nuovo biopic dedicato alla figura di Herman J. Mankiewicz, sceneggiatore premio Oscar di Quarto Potere (Citizen Kane) di Orson Welles, considerato a gran voce il film più bello della storia del cinema. Grazie a Netflix abbiamo avuto la possibilità di vedere il film in anteprima, e come era facile aspettarsi, ne siamo rimasti davvero colpiti.

Il film è ambientato durante l’estate del 1940 in cui lo sceneggiatore Mank (Gary Oldman) è costretto al letto dopo un incidente automobilistico e si ritrova a comporre in poco più di sessanta giorni la sceneggiatura di un film che già sulla carta sarebbe dovuto diventare un monumento del cinema. Il film in questione è Quarto Potere dell’allora esordiente Orson Welles, un regista di 24 anni, al quale la casa di produzione RKO aveva dato completa libertà creativa. Mank, aiutato da un’infermiera tedesca e da una dattilografa inglese Rita (Lily Collins) dovrà redigere quella che per lui sarà la sceneggiatura della vita, che lo porterà a vincere il premio Oscar per la migliore sceneggiatura originale.

Ambientato durante la Golden Age del cinema hollywoodiano, MANK mette in scena le tipiche dinamiche di potere all’interno dello star system, ponendo l’attenzione sulla figura dei produttori, degli sceneggiatori e della case di produzione major stesse. Attraverso un sistema di flashback continui (si, esattamente come in Quarto Potere), lo spettatore conosce  di più sulla vita di Mank, sul suo matrimonio travagliato con Sara Aaronson (nel film interpretata da Tuppence Middleton), sulla grande Depressione degli anni ’30, sull’avvento del cinema sonoro e su tutti quei meccanismi interni al mondo del cinema che risultano macchinosi e complessi. I flashback, scanditi dal suono dei tasti di una macchina da scrivere, annunciati come se l’intero film stesso fosse una lunga e articolata sceneggiatura, torna indietro nel tempo, dalle riunioni nella sale di produzione con Selznick, ai dibattiti col co-direttore della MGM Irving Thalberg, fino all’incontro di Mank con il magnate del giornalismo William Randolph Hearst, (nel film interpretato da Charles Dance), fonte di ispirazione per il personaggio di Kane di Quarto Potere, e con sua moglie Marion Davies (Amanda Seyfried).

MANKVa detto, di fronte ad opere come MANK le cose da dire sono poche. Tra tutti i film di Fincher, forse il suo ultimo progetto è quello che segna la sua maturità artistica come autore. Basato su una sceneggiatura originale del padre di David, Jack Fincher, morto nel 2003, il giovane Fincher è riuscito a portare sullo schermo il lavoro di lunga data di suo padre, anche grazie all’aiuto di Netflix che si è impegnata nella produzione di un progetto così ambizioso, così autoriale.  Nel panorama dei registi contemporanei Fincher ha sempre saputo distinguersi, a partire da Sev7n, a The Social Network, fino alla splendida serie Mindhunter e precedentemente House of Cards (originale Netflix), come un autore completo, maestro del thriller ma anche molto bravo nella ricostruzione dei fatti, si prenda ad esempio Zodiac o ancora una volta The Social Network, basato su una sceneggiatura magistrale di Aaron Sorkin, sulla storia del giovane Zuckerberg alle prese con l’invenzione del più famoso social network esistente: Facebook. Con MANK il lavoro fatto è portato all’ennesima potenza. Se la sceneggiatura di partenza è già un punto forte dell’intera opera, a coronare il tutto intervengono le magistrali interpretazioni del cast, tra tutti Gary Oldman e Amanda Seyfried.

L’impianto registico del film è monumentale, caratterizzato da una narrazione frastagliata, con continui salti avanti e indietro nel tempo, MANK è un film/sceneggiatura, in cui i momenti della narrazione sono ben distinti e separati tra loro, ma inseriti in un corpus ben definito e delineato. Gli archi temporali principali sono due: il tempo presente in cui Mank si trova al letto a scrivere la sceneggiatura di Quarto Potere accudito dall’infermiera Frieda e dalla dattilografa Rita, e il tempo passato, a cavallo tra gli anni ’30 e ’40 del ‘900 dai quali Mank trarrà ispirazione per la stesura del suo testo.

Il film di Fincher è uno sguardo al dietro le quinte della produzione di uno dei film più importanti del cinema e il regista ha deciso di omaggiarlo attraverso differenti strategie narrative. Una su tutte l’utilizzo dei flashback, rivoluzionari all’epoca di Quarto Potere, nel quale, dopo la morte di Kane, vengono intervistate persone vicine al magnate del giornalismo che grazie alla tecnica del ricordo/flashback ricostruiscono la vita del potente e ricco uomo, dando ognuno una versione diversa sulla sua vita, tanto da creare una figura ibrida, nuova che nessuno aveva mai conosciuto. Vengono fatti riferimenti a degli aneddoti sul film, come l’origine dell’ormai iconica parola “Rosabella” fondamentale nel film di Welles, e vengono mostrati i conflitti d’interesse tra Mank e Welles stesso, fino al giorno della premiazione degli Oscar nel 1942, in cui il film nominato a nove Oscar vinse solo quello per la migliore sceneggiatura originale (solo teoricamente scritta anche da Welles). Il caso volle che né Mank né Welles fossero presenti la sera della premiazione e che i discorsi di accettazione postumi al premio fossero da entrambe le parti decisamente poco riconoscenti.

La pellicola è realizzata con uno straordinario bianco e nero, le scene sono illuminate dal direttore della fotografia Erik Messerschmidt (stesso di Mindhunter) che ha optato per rendere l’illuminazione dell’intera pellicola rarefatta, nebulosa, quasi come fosse realmente un film d’epoca, dal sapore squisitamente vintage. Lo stesso sonoro analogico è gracchiante, rumoroso quasi imperfetto, per richiamare le atmosfere dei film dell’epoca. La ricercatezza dei dettagli è minuziosa. Le acconciature, il trucco i costumi sono fedelmente riproposti, trascinando lo spettatore, inquadratura dopo inquadratura, all’interno di atmosfere sognanti ed evocative. Non mancano delle chicche, come il bollino in alto a destra dello schermo che ricorda il momento di cambiare la pellicola dei vecchi film o alcuni piani sequenza che richiamano lo stile di Quarto Potere. Il film di Fincher non punta mai il dito verso Welles o Mank, non vuole essere quel tipo di prodotto che sancisce la paternità della sceneggiatura del film a questo o a quell’autore, piuttosto ritrae un importante periodo storico dagli occhi di un amante del cinema, in una maniera consapevole e assolutamente matura.

MANK

Insomma MANK, si aggiunge alla lista delle produzioni originali Netflix che potrebbe segnare la stagione dei premi del 2021. Dopo prodotti come The Irishman, Marriage Story o il più recente Il Processo ai Chicago 7, la nuova opera di Fincher troverà di certo un posto nell’Olimpo delle migliori pellicole uscite negli ultimi anni, prodotte dal colosso dello streaming che come è ormai risaputo, lascia libertà creativa ai propri registi, un po’ come era successo a Welles con la RKO, o a Kubrick con la Warner Bros. o ancora a Nolan sempre con la Warner Bros.

MANK non è un film che probabilmente apprezzeranno tutti, potrebbe essere considerato troppo per “addetti ai lavori” o rivolto ad un pubblico che conosce la storia del cinema, ma non è assolutamente così. E’ una testimonianza di un periodo vero, con delle dinamiche ben precise e strutturate, in cui la finzione è attribuibile solo ad alcuni comportamenti e azioni dello stesso Mank in modo da favorire la narrazione, per il resto l’intera materia narrata è vera, pulsante e mai più attuale di così.


MANK è diretto da David Fincher e arriverà su Netflix il 4 dicembre. Ecco il trailer in italiano del film:

RASSEGNA PANORAMICA
MANK
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Classe 1995, laureato in critica cinematografica, trascorro il tempo tra un film, una episodio di una serie tv e le pagine di un romanzo. Datemi un playlist anni '80, una storia di Stephen King e un film di Wes Anderson e sarò felice.
mank-di-david-fincher-il-film-originale-netflix-sullo-sceneggiatore-di-quarto-potere-herman-j-mankiewicz-recensioneMank, si aggiunge alla lista delle produzioni originali Netflix che potrebbe segnare la stagione dei premi del 2021. Dopo prodotti come The Irishman, Marriage Story o il più recente Il Processo ai Chicago 7, la nuova opera di Fincher troverà di certo un posto nell’Olimpo delle migliori pellicole uscite negli ultimi anni, prodotte dal colosso dello streaming che come è ormai risaputo, lascia libertà creativa ai propri registi, un po’ come era successo a Welles con la RKO, o a Kubrick con la Warner Bros. o ancora a Nolan sempre con la Warner Bros. MANK non è un film che probabilmente apprezzeranno tutti, potrebbe essere considerato troppo per “addetti ai lavori” o rivolto ad un pubblico che conosce la storia del cinema, ma non è assolutamente così. E' una testimonianza di un periodo vero, con delle dinamiche ben precise e strutturate, in cui la finzione è attribuibile solo ad alcuni comportamenti e azioni dello stesso Mank in modo da favorire la narrazione, per il resto l’intera materia narrata è vera, pulsante e mai più attuale di così.

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