Lo scorso 15 dicembre, in quel di Roma, abbiamo avuto la possibilità di assistere ad un interessantissima masterclass con M. Night Shyamalan, che inoltre ha presentato in anteprima nazionale il suo nuovo film, Split con James McAvoy, Anya Taylor-Joy e Betty Buckley.
Prima di lasciarvi alle interessanti dichiarazioni del regista ci teniamo a ringraziare la Fondazione Cinema per Roma e la Universal Pictures Italia per averci concesso questa di assistere a questo evento.
La masterclass si è tenuta dopo la proiezione in anteprima del film, per cui ci sono diverse domande riguardanti determinate scene e personaggi che contengono diversi spoiler sulla trama, quindi se non volete rovinarvi la visione vi consigliamo di tornare qui dopo aver visto il film.
Questo film rappresenta un po’ la concentrazione di molti tuoi temi: l’idea che le persone che hanno subito dei danni o dei lutti o che abbiano incontrato situazioni drammatiche nella vita possano affrontare le forze del male o il loro destino con maggiore consapevolezza e anche con una forza particolare. Credi che da questo punto di vista questo film possa essere un ulteriore aspetto della personalità dei tuoi protagonisti?
L’idea è di avere personaggi complessi, dobbiamo pensare alla fine di questo film, questa è una storia originale e questo personaggio che avete visto era presente nella sceneggiatura originale di Unbreakable, nella sceneggiatura originale, era uno dei tre personaggi della sceneggiatura originale che ho deciso di sviluppare per farne un film e poi mi è venuta l’idea di fare questo film senza che nessuno ne fosse consapevole all’interno del mondo di Unbreakable, ma questo disordine dissociativo della personalità è sempre stato una mia per così dire fissazione. Questo disturbo, è l’avere diverse persone che risiedono nello stesso corpo, non solo diverse personalità ma diverse persone che vivono in unico corpo e quindi l’idea è quella della consapevolezza ed è un’idea davvero affascinante.
Per riuscire ad avere un attore che potesse fare effettivamente questo personaggio credo che tu abbia dovuto pensare a lungo a chi rivolgerti, ci voleva una attore con una tecnica particolare e raffinata, puoi raccontarci come hai scelto il protagonista, ovvero James McAvoy?
Quando si fa un film è come un atto di fede. Credo valga per la vita in generale, se sai cosa vuoi l’universo te lo darà e da un punto di vista artistico se ti focalizzi su cosa vuoi, se hai le idee chiare su che personaggio e che tipo di film tu voglia fare è come se l’universo si aprisse un po’ e ti desse le giuste opportunità, anche se potrebbe non essere ciò che tu pensi di volere. Per esempio quando ho scritto questa parte non sapevo chi potesse interpretarla, avevo in mente tre o quattro persone che potevano farlo, non ce ne sono molte in grado sia per la fisicità che per lo humor e la tecnica richiesta e anche l’umanità necessaria. Ero al Comicon più o meno un anno e mezzo fa ed è passato James McAvoy, non lo avevo mai incontrato ed ero li con uno stand per promuovere The Visit e di fianco a me c’era lo stand di X-Men, quindi tutti gli attori erano lì, e dissi a James “Ehi sono un tuo grande fan” e così parlammo per cinque minuti, lui aveva la testa rasata per X-Men (Apocalypse) e gli stavano ricrescendo i capelli e lo guardavo e pensavo “questo tipo è fantastico, è simpatico e mi piace il suo aspetto” e quando se ne stava andando mi chiese se volevo degli shot di Tequila e io gli dissi no vai tranquillo… Alla fine li portò e finimmo ubriachi quella notte. E pensai che lui fosse quello giusto, non solo per l’aspetto, ma che fosse proprio lui, gli mandai la sceneggiatura e accettò, quindi finimmo per rasargli la testa un’altra volta.
Tu hai spesso descritto il tuo cinema come un cinema che fa film di genere ma affronta temi da film di serie A, diciamo d’autore. Sarebbe interessante se tu ci parlassi di questo punto in maniera un po’ più specifica, l’idea di affrontare temi da cinema d’autore con però tutte le tecniche di tensione e di capacità emotiva che sono tipiche dei film di genere.
Si io non sento di fare film di genere, mi sembra di fare film drammatici, abbiamo parlato di come io faccia uso di alieni e fantasmi e folklore per parlare di fede e dell’esperienza umana di modo che non devo usare la religione o la catalisi o qualcosa del genere e così è più semplice fare film godibili e avere conversazioni profonde sulla fede e sulla nostra esistenza. Per me è sempre un “Oh tu fai bei film di paura con il twist finale” e io annuisco e mi sento come se stessi ingannando tutti perché faccio drammi che sembrano film di genere e mi piacciono i film di genere, mi piace la loro struttura e i sentimenti che generano come la paura, la paura di quando andiamo sulle montagne russe o guardiamo un film horror, a tutti piacciono le emozioni forti perché ci fanno sentire vivi e svegli e possiamo usare queste emozioni per comunicare meglio le nostre storie.
Questo film forse più di altri, anche se in The Village il protagonista era sempre una donna, sembra esplorare l’aspetto della fragilità e della vulnerabilità ma anche delle risorse del genere femminile. E’ stata una delle idee alla base del film quando lo hai scritto che le protagoniste fossero ragazze?
E’ una delle cose che mi piace ad esempio della Dottoressa Fletcher che è interpretata da Betty Buckley che è una attrice di teatro straordinaria ed è stata una delle più grandi attrici di teatro negli Stati Uniti poi c’è James McAvoy Che ha più o meno trent’anni che rappresenta l’età media c’è Anya Taylor-Joy che invece è un’attrice giovanissima e quindi sono riuscito ad avere nel cast tre generazioni molto forti. Prima di avere una figlia il mio punto di vista era prettamente maschile, da piccolo scrivevo solo parti maschili mentre adesso ho cercato di dare un punto di vista più misto, abbiamo il punto di vista di una diciannovenne, quello di un trentenne, che forse è quello che più si avvicina al mio e infine quello di una persona in età più avanzata. Come ho detto prima adoro Betty Buckley perché è un’attrice straordinaria, in generale mi piace molto lavorare con gli attori teatrali per la loro grande esperienza ma anche con attori giovani, bambini ed emergenti perché hanno quest’essenza pura, sono come una forza nuova e grazie alla loro genuinità si riesce a lavorare bene. Anya Taylor-Joy era stata già protagonista in altri tre film io non lo sapevo appunto perché è così pura e genuina e ciò non significa che non abbia le doti necessarie e questo mi ha consentito di lavorare con lei spiegandole bene cosa dovesse fare.
Anche tu spesso reciti nei tuoi film, ci puoi raccontare cosa ti spinge a farlo?
Io sono cresciuto e vivo nella costa orientale degli stati uniti e quindi per me i fratelli Cohen, Spike Lee e Woody Allen erano i modelli a cui mi ispiravo. Il primo film che ho diretto quando avevo 21 anni era ambientato in India, io ero il protagonista e nessuno ha visto quel film (risate). Col passare degli anni però ho cercato di partecipare quando possibile, perché adesso vengo riconosciuto quando vado in giro e io invece preferisco essere parte del film non esserne tirato fuori ed essere individuato. Bisogna anche trovare il ruolo giusto, io parlo strano e ho i capelli ricci ma a parte gli scherzi mi piace recitare e fare l’autore e il regista, voglio essere quella persona che se apre un ristorante è anche disposta a lavare i pavimenti e fare tutto perché tutto deve essere perfetto.
Oggi pomeriggio parlavamo anche del tuo contatto con la cultura indiana che è quella da cui provieni, una cultura fatta comunque di cerimonie che hanno a che vedere con il sovrannaturale legato al quotidiano legato a specifici riti. Sarebbe interessante conoscere un po’ di più il modo in cui questa cultura ti ha trasmesso questo “contatto” col sovrannaturale.
Certo è insolito io sono nato nel Punjabi in India e i miei genitori sono immigrati in America, sono molto spirituali hanno molte tradizioni e io ricordo quando sono andato a salutare i miei nonni che avevano una testa di capra appesa ad un albero e io ho chiesto come mai ed era normale, la vita in India è diversa e il sovrannaturale fa parte della quotidianità ma io sono cresciuto a Filadelfia una della città più grandi della costa orientale quindi sono cresciuto con la Coca Cola, Michael Jordan e ho combinato queste due culture, non posso considerare solo una e ignorare l’altra, quindi cerco di mantenere queste due anime nella mia vita. Io sono andato in una scuola cattolica per dieci anni ma io sono Indiano, a scuola sentivo parlare di Gesù e quando tornavo a casa c’era un altro tipo di religiosità e così via quindi sono stato esposto a moltissimi spunti e questi film un po’ sovrannaturali che faccio mi permettono di parlare di queste diverse anime.
E’ vero che tu appartieni ad una famiglia di medici e che i tuoi desideravano molto che a tua volta diventassi un medico?
Eh sì esattamente, confesso che all’inizio è stato un grosso problema. Ci sono altri indiani qui nel pubblico? (ride) Bene se siete Indiani avete tre possibilità: dottore, ingegnere o avvocato, e nella mia famiglia sono tutti dottori. In realtà ero un bravo studente, uno dei migliori al liceo e avevo superato tutti gli esami finali. I miei genitori erano convinti che avrei continuato lungo la loro scia e che avrei fatto il medico ma io subito ho detto che non era questa la mia vocazione e che volevo seguire il mio sogno nel cinema. Mio padre stava guardando una partita di Hockey alla televisione quando e io gli ho detto: “Ho fatto la richiesta di ammissione alla scuola di cinema di New York e ho ottenuto una borsa di studio”. Lui è stato così arrabbiato con me che non ve lo posso neanche raccontare, è come se gli avessi detto che andavo a farmi dei piercing e entravo in una band… Naturalmente adesso è diverso ma all’inizio è stato difficile, se adesso andate a casa dei miei è un tempio a tutto quello che ho fatto fino ad adesso, è quasi imbarazzante, hanno incorniciato tutto, mio padre ha comprato tutte le copie possibili di Newsweek con la mia faccia in copertina. Come ti ho detto prima se va a comprare delle cicche non usa il contante ma la carta di credito, così la cassiera vede il nome e dirà: “Ma tu per caso hai a che fare con il famoso regista?” e lui lo considera un grande motivo d’orgoglio.
In un’intervista hai detto una cosa molto interessante e molto bella sul tuo rapporto con il cinema. Ti hanno chiesto chi è M. Night Shyamalan quando non dirige un film e tu hai risposto che non ne hai la minima idea perché ti identifichi completamente con la tua passione per il cinema, e non sai qual è la mia vita se non quella che ti ha portato a fare cinema. E’ vero che hai iniziato a pensare di fare cinema fin da otto anni?
Sì ero uno di quei ragazzini che ha sempre voluto fare questo, ho sempre avuto questa vocazione ancora prima di farlo professionalmente, chiaramente all’epoca non sembrava così ovvio. Ci sono vari studenti di cinematografia qui? Perfetto, non sarebbe stato possibile alla mia epoca, io volevo fare dei piccoli film e a un certo punto ho letto il libro di Spike Lee che parlava di come fare film e parlava anche della New York University e ho detto “Perfetto quella è l’università in cui andrò”. Io facevo questi piccoli film da solo e li facevo vedere ai miei amici, diciamo che sono cresciuto nell’epoca ideale, quando è uscito lo Star Wars originale vi rendete conto? Proprio l’ideale per me e insomma a dodici tredici anni ho continuato a vedere film straordinari e credo che questa sia la droga più forte che si possa provare, la passione per il cinema, ci sono persone che verranno da me tra una decina di anni saranno emozionati come lo sono stato io per Lucas. E’ stato quasi un atto di fede, erano i giorni in cui si andava in questi grandi cinema, in grandi sale con centinaia di persone che guardavano il grande schermo e tutte con la bocca aperta come se fosse un sogno, si partecipava ad un’esperienza straordinaria. Volevo anche dire un’altra cosa riguardo le differenti culture e parlo in particolare agli studenti, io ho iniziato a studiare e ho anche insegnato in una scuola molto povera di Filadelfia, ho insegnato inglese a dei bambini di certo non privilegiati, quando sono entrato in classe c’erano tutti gli studenti e i professori di quella scuola ma metà dei ragazzini mi conoscevano e l’altra metà non sapeva chi io fossi e così quando stavo per iniziare a parlare ho visto che c’erano un paio di bambini in difficoltà perché venivano da famiglie con difficoltà, violente quindi ho voluto essere un po’ provocatorio e mi sono fermato e ho detto: “Io sono lo sceneggiatore più pagato al mondo”. Tutti sono rimasti senza parole perché avevo colpito la loro attenzione, allora un ragazzo ha alzato la mano e ha chiesto: “Perché, per il talento?”. Io ho risposto sì che poteva essere ma che probabilmente ci sono persone con più talento di me, allora un altro ha chiesto se fosse perché avessi lavorato molto sodo e io risposi certamente, ma ci sono molte altre persone che lavorano più sodo di me e un altro chiese “Fortuna?” Sicuramente sono stato fortunato ma ciò non spiega il mio successo e ho detto: “Credo sia perché sono più fedele a me stesso di quanto lo siano gli altri e questo significa che su qualsiasi cosa abbia in mente, la mia arroganza, le mie paure, la mia fede, i miei desideri, le mie vulnerabilità sono estremamente franco e questo chiaramente ti fa saltare all’apice perché quello che sembra completamente diverso quello che ama i cheeseburger e Michael Jordan e che è cresciuto a Filadelfia e così via. Tutte cose reali che rendono me stesso quello che sono.
L’ultima domanda prima di dare la parola al pubblico, quello di cui ci hai appena parlato ci conduce ad una cosa magari poco conosciuta in Italia, ovvero il fatto che tu e tua moglie avete fondato un’associazione per promuovere chi non ha molte possibilità, diciamo così, rimuove gli ostacoli a coloro che non sono in grado di raggiungere determinati obiettivi attraverso la scuola. Credo che sia interessante per noi saperne di più visto che è una cosa poco conosciuta.
Grazie per avermelo chiesto. Sì, io e mia moglie abbiamo una fondazione che si basa sull’individuare le persone dotate in giro per il mondo, per esempio siamo in uno slum in India o in Sud America o ovunque, in Africa e ci sono persone che hanno cambiato le cose, che hanno costruito una scuola, che hanno salvato una persona e noi andiamo e controlliamo, questo significa che loro possono fare veramente qualcosa possono cambiare il mondo. Molti dei miei film parlano del trovare una parte straordinaria in noi e questo è proprio quello che vediamo nella vita reale. Quando troviamo queste persone chiediamo loro cosa vogliono, di cosa hanno bisogno, non siamo noi a dire che cosa devono avere. Noi chiediamo e loro ci dicono che hanno bisogno di un ospedale, di una scuola, di un pozzo e noi lo finanziamo. Bene questo tipo di approccio, quello di individuare questi leader è straordinario non è comune a tutte le grandi fondazioni , che riescono magari ad avere grandi rientri nelle cose che fanno ma noi invece cerchiamo di avere grandi risultati e queste nostre attività stanno diventando sempre più importanti e troviamo veramente dei supereroi, ne siamo straordinariamente contenti.
Ha scritto anche un libro riguardo questo progetto?
Sì, ho scritto un libro sull’istruzione, non so quale sia la situazione qui in Italia ma negli Stati Uniti c’è un divario molto grande tra i poveri che vivono nelle città e afroamericani e l’istruzione che viene loro data e invece i ragazzini bianchi e ricchi. Ebbene questo divario, il divario del successo scolastico, è enorme ed è da sempre presente e io ho scritto un libro a questo proposito. Gli Stati Uniti come sapete si basano su questa contraddizione, che avete anche visto nelle recenti elezioni, si basano sull’idea che le persone si possono governare da sole, è il governo del popolo e non dei leader, e quindi è stato detto che tutti sarebbero stati uguali, che tutti avrebbero ricevuto un’istruzione. Naturalmente all’epoca c’era la schiavitù e quindi era una contraddizione, era difficile risolvere il problema in modo radicale e ancora oggi troviamo le ferite di questo passato. Se andate per esempio nel museo di African American Studies a Washington e vedete le mappe della schiavitù ebbene sono le stesse, dove la schiavitù era proibita, dove era consentita dove c’era una via di mezzo, ebbene lo ritroviamo nei risultati delle recenti elezioni tutto ha a che fare con questo divario, si parla di dati all’interno di questo mio libro ed è molto interessante, ci ho messo cinque anni a scriverlo.
Prima della proiezione lei ha detto che avremmo riso ma anche pianto o urlato ed effettivamente così è stato, ma abbiamo anche riso molto e adesso capisco meglio. Come le è venuto in mente di unire queste cose, di combinare questi due estremi? E’ stato un film di terrore ma si è trasformato in qualcosa di diverso, lo vediamo dall’inizio alla metà alla fine, c’è stata una evoluzione
Ebbene sì abbiamo del dark humor che sembra interessarmi molto almeno negli ultimi film, mi è piaciuto molto, un po’ alla David Lynch, per cui non si sa se rimanere attoniti o ridere, per esempio Hedwig è un ottimo esempio quando balla, è un po’ terrificante, un po’ divertente ci lascia senza fiato quindi molte emozioni contemporaneamente e adesso schiaccio l’acceleratore in questa direzione e questo mi fa entrare in contatto con le persone. Quando ero un ragazzino ma anche più in là quando sono entrato all’università c’erano naturalmente le voci dei grandi registi, Spielberg ed altri che erano parte di una scuola consolidata poi avevano Christopher Nolan, David Fincher e poi c’erano altre persone nel mezzo ai due estremi naturalmente. Io ho trovato il modo di fare il mio storytelling e cosa ritengo essere appropriato e giusto, partire dalla giusta prospettiva, con un proprio accento ed una narrazione ed un punto di vista giusto per il momento storico che stiamo vivendo nel mondo, c’è molto cinismo e questo tipo di umorismo mi consente di svelare le emozioni e quello che per me è il giusto cammino e interessante. Per esempio Deadpool o altri film sono irriverenti nel loro modo di relazionarsi, poi abbiamo dei grandi eroi che però sono solo eroi e ci sono gli eroi un po’ strani come Jack Sparrow e Tony Stark che sono come degli antieroi che hanno una certa oscurità ed è attraverso loro che vediamo un equilibrio e quindi è questo equilibrio che cerco di narrare. Forse non mi sono spiegato bene però è questo tipo di humor un po’ malizioso che mi attrae. Quando ho fatto Unbreakable-Il Predestinato nel 2000, già 15 o 16 anni fa, mi ricordo che allora partecipai alla serata dei Golden Globe, anzi ero nella giuria e mi hanno fatto un sacco di domande e mi hanno chiesto: “ma hai mai pensato che il film forse non funzionava quando le persone mentre c’era il ragazzo che cercava di sparare al padre loro si sono messe a ridere e poi lui ha detto “no no non sparare non sparare” e il personaggio di Bruce salta su e fa “D’accordo, ma sappi che sarò molto arrabbiato se dopo usi quella pistola e diventerò estremamente arrabbiato “ e il bambino si mette a piangere alla fine dice “metti giù la pistola o ti troverai in un bel pasticcio” poi Bruce prende la pistola e tutti abbiamo pensato dio ma ci è mancato poco che il ragazzino non uccidesse il padre e poi tutti hanno iniziato a ridere. Allora quella persona mi ha chiesto se non mi fossi reso conto che il film non funzionava quando tutti si sono messi a ridere? E io gli ho detto no, quello era un momento in cui c’era umorismo, dovevamo ridere. E allora lui mi ha guardato con un aria un po’ di compassione: “ma no non è così, questo non ha funzionato non te ne sei reso conto?” Ma invece io volevo un qualcosa di ironico di cinico di oscuro ed è questo tipo di humor che mi piace, è lì che mi esprimo al meglio e mi piace moltissimo sentire questa emozione da parte vostra vorrei che voi usciste dalla vostra bolla di comfort , di sicurezza, per esempio ridere oppure trattenere il respiro è un modo per essere più aperti alle emozioni.
Questo film mi ha fatto pensare che forse lei è veramente il migliore a formare e a dirigere gli attori e io mi rendo conto che è straordinario, per cui ho una domanda da farle: come ha lavorato in questo film, come ha girato le scene, come le ha organizzate, lei ha filmato prima un personaggio dei molti di James McAvoy?
Ho capito perfettamente, ottima domanda. Io faccio moltissime prove, ne ho fatte moltissime con James via Skype per esempio quando lui era a Londra, quando abbiamo parlato dei personaggi cercando di individuarli e lui è un tale camaleonte che riusciva sempre ad entrare nei panni del personaggio. Poi abbiamo lavorato in maniera molto specifica su alcuni personaggi, Barry per esempio non è effettivamente Barry è Dennis che vuole sembrare Barry e quindi vediamo che va un po’ troppo sopra le righe proprio perché non è Berry ma Dennis che cerca di fingere quindi abbiamo cercato di capire come entrare ed uscire bene dai vari personaggi, così come anche con Patricia. Anche io molte volte ho detto a James di concentrarsi molto sulla personalità di Patricia, lei è una zelante, vuole dare la sua fede, la sua passione e la sua convinzione a Kevin, lei ci crede al cento per cento, non ha neanche importanza in che cosa lei creda, ciò che è importante è la sua fiducia il suo credo ed è sì una ragazza che non ha avuto modo con delle ragazze e adesso che sta con delle ragazze vorrebbe stare con loro, parlare con loro fare le cose che fanno le ragazze, avere conversazioni anche sciocche, quindi la vediamo lacerata tra una personalità rigida e invece quella che vorrebbe stare con le ragazze e parlare anche di futilità. Né ho parlato così con James. Poi cambiamo registro, Hedwig che ha nove non è stupido, è uno molto intelligente, molto diverso, quindi James ha detto “sì certo è un eterno bambino rimasto sempre bloccato a dieci anni, vorrebbe stare con le ragazze ma non sa cosa fare ed è frustrato perché non sa come comportarsi con loro e questo fa venire fuori un certo dolore. Noi abbiamo ripetuto molte volte queste prove, James ha fatto anche moltissimi compiti a casa. Certamente abbiamo filmato un solo personaggio al giorno a meno che naturalmente non fosse una scena in cui doveva far venire fuori tante diverse personalità, e sono state scene piuttosto difficili e le abbiamo girate più di una volta perché tecnicamente sono state molto complesse. Io gli dicevo che oggi era Dennis, domani Patricia e così via, questo di modo tale che dal punto di vista emotivo fosse chiaro per James.
Voi italiani andate molto al cinema? Immagino di sì, ci sono un sacco di commedie in Italia vero? Forse troppe. Mi sembra che il cinema italiano sia ricca di commedie. Uno dei miei film preferiti è la Grande Bellezza di Paolo Sorrentino, mi piace infinitamente. Per un nostro evento di beneficenza una delle cose che ho regalato a casa mia, ho messo all’asta una serata a casa mia per vedere un film e poi parlarne ed ho scelto proprio la grande bellezza per questa serata di beneficenza. Loro non sapevano cosa avrebbero visto. Immaginatevi naturalmente erano tutte persone di Filadelfia che forse non andavano neanche troppo al cinema e io ho spiegato loro di cosa trattava questo film.
Io ho diciassette anni e da circa tre anni sto lavorando ad un cortometraggio di fantascienza, e data la mia età la mia visione del cinema in realtà non è ancora completa anzi credo di dover ancora comprendere il cinema nella sua totalità naturalmente. Nel lavorare a questo progetto mi sono reso che da una visione iniziale del film sono giunto ad una visione non radicalmente diversa, non tanto nella storia o nelle immagini ma nel tono, nelle sensazioni che il film da. Quello che io mi chiedo è, le capita mai di avere una certa idea del film e che poi le cose che le accadono nella vita di tutti i giorni in qualche modo la influenzino, anche la visione di un altro film. Quindi mi chiedo se oggettivamente il film esiste, ricordo ad esempio un intervista di Spielberg in cui disse che il regista effettivamente è tormentato dal fatto che nessuno vede il film al suo stesso modo. È una cosa che personalmente mi spaventa molto, che nessuno guarderà il film che realizzo nello stesso modo in cui lo vedo io, e probabilmente neanche io lo vedrò come lo ho visto la prima volta.
Cosa dire, io non so se posso rispondere a tutte le sfumature della tua domanda, la mia esperienza di cinema la mia esperienza di fare un film, ebbene io vedo i cineasti divisi tra quelli che raccolgono e quelli che cacciano. La maggior parte dei cineasti sono quelli che raccolgono, e va benissimo, non c’è una definizione di valore, si compra qualcosa da mangiare e si dice “Ah qui ci sono delle carote buonissime allora le compro”, oppure si prendono tutte le cose diverse e le si porta a casa e si dice “ehi c’è anche un coniglio, facciamo uno spezzatino di coniglio e in questo modo sono stati fatti tanti film straordinari, che raccolgono diversi elementi e che hanno mantenuto una grande spontaneità, un grande valore estemporaneo di improvvisazione. Mi sembra che tu stia tremando, ebbene devi smetterla, allora cosa significa la luce, io posso continuamente prendere degli stimoli da quello che succede intorno a me. L’altro tipo di cineasta è il cacciatore, che sa esattamente quello che vuole, chiude gli occhi, ignora tutto il resto e va alla caccia. Questo naturalmente con i suoi pro e suoi contro, si vuole cacciare un leopardo, non si guardano né le carote né il coniglio e si attende, si aspetta finche non si riesce a prenderlo e si capisce se si è un cacciatore quando si guarda il film, perché sono molto specifici. Kubrik ad esempio è un cacciatore, li si può riconoscere per le loro caratteristiche, non appena li si vide ci si accorge che hanno ignorato qualsiasi cosa non fosse il loro obbiettivo, però chiaramente un cacciatore è molto tormentato perché sa bene quello che vuole ma non è detto che riesca ad ottenerlo, mentre il raccoglitore può raccogliere diverse cose e comunque tornerà con qualcosa a casa. Bisogna conoscere il proprio gusto, se questa fosse una scena io potrei dire molte cose sul modo in cui siete vestiti, potrei cambiare, decidere che tipo di luci usare che colori per le scale, tutto scuro, diverse cose che forse non sarebbero perfettamente il mio ideale estetico. quindi certo tutto questo è difficile, ebbene io non sono certo di essere perfettamente d’accordo con te nel dire che gli spettatori avranno un’interpretazione completamente diversa da quella che tu hai voluto dare. Per esempio David Lynch, si certo alla fine di Inland Empire anche io mi domando che cosa sia successo però non tutti i film sono così, di solito con Spielberg percepiamo esattamente che cosa ha sentito alla fine dei suoi film, film a volte avventurosi altri eroici… Spero queste due metafore ti abbiano dato modo di affrontare il tuo futuro in maniera interessante.
Grazie del film, tre cose velocemente. La prima è che so finalmente come risparmiare soldi, chiamo James Mc Avoy e ho sette attori in uno e sono a posto, ma lo abbiamo visto in Filth e in The Ruling Class lui è eccezionale in questi ruoli di personaggi bipolari. La seconda che è una domanda è che io nel film ho ravvisato due temi: il primo è quello sulla diversità che ti è caro perché presente in molti tuoi film, però ravviso anche, non so se è giusto, il tema della crescita e del superamento delle proprie paure specialmente nel personaggio di Casey. Il terzo è ultimo punto è: io sono un’autrice, scrivo, e sono molto curiosa, se ti va, di dirci come e quando ti nasce un’idea come la sviluppi perché io sono un casino e volevo sapere se tu sei ordinato.
Cercherò di rispondere a tutto, partirò dall’ultima e poi forse dovrai ricordarmi quali sono le altre due. Scrivere? Io sono un autore, principalmente sono un autore e sì, la ragione per cui vivo a Filadelfia e non a Los Angeles è perché sono un autore e uno scrittore. Anche la ragione per cui io ho potere con gli studi è perché ho la proprietà della mia sceneggiatura, non mi devono pagare perché è mia, e da questo deriva un potere e io posso dire a loro perché sono un regista migliore, perché ho scritto esattamente quelle cose che devono essere in un certo modo. Io come ho detto ho calzettoni rossi ma anche blu quindi sono tutte sfide ed io so già che cosa fare cosa dire, attualmente sto scrivendo qualcosa per il mio prossimo film, sono arrivato a nove pagine e ha a che fare con questo film e anche un altro film, quello che ho fatto nel 2000. E’ soltanto una sinossi, sono nove pagine, e mi è venuta spontanea anche se ci sono molte cose che non vanno, può darsi che siano piccole cose o grandi cose, attualmente non posso dire se sono piccoli nei o grandi nei, è così che funzione con me, io posso dire che probabilmente ci sono sette cose che non vanno ma non so se sono sette piccole cose o sette grandi cose, e io però ho come una sensazione di terrore che non riuscirò mai a eliminare e io forse avrei potuto leggere questa sinossi oggi sull’aereo ma non lo ho voluto fare, ci ho pensato ma qualcosa mi tratteneva dal farlo perché mi girava in testa quest’idea e forse non riuscirò mai a capire che cos’è, se sono sette nei o sette enormità e io ho un po’ questa fobia. Noi autori abbiamo tutte le nostre manie, io ho delle agende e mi programmo per cercare di mantenere certi tempi, di solito scrivo per esempio dalle otto e mezza fino alle dieci e mezza, poi se il telefono mi lascia tranquillo nel pomeriggio scrivo dalle quattro alle sei. Quindi io lavoro in questo modo, due ore al mattino e e due ore al pomeriggio, anche se in realtà scrivo sempre, in qualsiasi situazione e dovunque, e cerco di capire quali sono i problemi, problemi che mi chiedo se sarò in grado di risolvere, posso anche pensare e decidere di ignorarli anche se non è la scelta ideale. Qual’era l’altra domanda? Ah si mi ricordo. Sì io dico sempre ai miei figli “avete fallito a sufficienza?” in realtà mi potreste contraddire, potreste avere una visione molto romantica ma quello che dico è che bisogna sempre rischiare, cadere, non importa se cadete, se vi innamorate, il momento in cui vi fermate e avete paura e siete prudenti non vivete e quindi dobbiamo andare al di là, perché può darsi che aldilà ci sia qualcosa di straordinario, non è giusto evitare il dolore, le paure, le cose che dice la Bestia qui e nella filosofia del film è che le cose cattive che ci sono successe non ci hanno reso più deboli ma ci hanno reso più forti. Adesso devierò un attimo dalla tua domanda per dire qual è la terapia per questo disturbo dissociativo della personalità. A proposito questo disturbo è causato da abuso sessuale ripetuto da uno a cinque anni, successivamente non avviene, perché è in questa fase che il cervello si sviluppa, ed è in questa fase che il cervello si biforca, crea nuove vite per proteggersi e questo rimarrà a vita, possono arrivare fino a 24, 36 personalità, tante quante sono necessarie per difendersi. La terapia per le persone che soffrono di questo disturbo dissociativo dell’identità è di renderle un’unica persona, però io mi chiedo, che cosa c’è di così speciale in noi? Noi abbiamo un’unica conoscenza, un’unica consapevolezza. Voi mi ascoltate e io parlo ma i pazienti di DDI hanno esperienze multiple, per esempio possono imparare il russo, suonano il piano, memorizzano, fanno tante cose che noi non siamo in grado di fare, non è che loro pensino di imparare il russo, no loro lo sanno! E tutto ciò contemporaneamente a tante altre cose che fanno. Quindi la soluzione nella terapia è di renderle come noi, ma no la Bestia dice no, questo non è giusto, cercano di renderci come loro, un gruppo di persone normali, ma loro sono addormentate dice la Bestia e la dottoressa Fletcher ha cominciato a capire, a speculare, si è chiesta se queste persone non siano più di noi. Quindi ci sono molte teorie che portano poi al mondo di Unbreakable, dei predestinati, degli straordinari che sono tra di noi, possiamo rigenerarci come loro possono? Possiamo passare da avere il diabete a non averlo? Possiamo curare noi stessi? Possiamo farlo perché abbiamo sufficiente fede in noi? Loro possono farlo e quindi sono incredibili sono straordinari. Quando noi pensiamo a ciò di cui sono capaci, se noi soffriamo di stress sicuramente ci sale la pressione, ma se io vi dessi una pillola e vi dicessi che questa è la cura per la nostra malattia noi la prenderemmo perché siamo convinti che funzioni e funziona, però è solo una pillola di zucchero, e questa ecco è la potenza della mente. I pazienti che soffrono di questo disturbo sono la versione Michael Jordan di questa capacità che abbiamo tutti noi di curarci e noi dobbiamo forse capire che possiamo andare tanto più in là, c’è una filosofia in questo film, che per me è molto importante.
Allora io vengo apposta da Napoli e ho scritto la tesi specialistica su Shyamalan che spero tanto di potergliela mostrare dopo.
Oh mi piacerebbe molto leggerla
Parlando di Unbreakable ho subito notato la correlazione con questo film, ancor prima di riconoscere la colonna sonora verso la fine, perché appunto il superpotere è quello che poi rende il supereroe quello che è, quindi la Bestia in questo caso ha questi superpoteri e subito c’è un parallelo diretto col mondo di Unbreakable. Però ho anche notato un collegamento con un altro dei suoi lavori, ovvero Wayward Pines, perché la Bestia in questo caso viene descritta come l’ultima evoluzione dell’uomo, dell’essere umano. Quindi volevo sapere se in effetti questo elemento e quindi il personaggio di Kevin e tutta la sua storia erano già stati decisi a priori o sono stati influenzati durante il suo lavoro appunto sulla serie di Wayward Pines. Se è stato fatto consciamente un lavoro sul personaggio in seguito al lavoro sulla serie.
Wayward Pines in realtà era un libro che mi è stato dato e pensavano a me quando pensavano a quella storia, io ho influenzato loro e loro hanno influenzato me, poi io ho fatto la regia della serie quindi c’è stata un po’ una commistione un po’ strana. Ma è molto interessante vedere che lei ha individuato la connessione tra questi due prodotti, è proprio quello che ho appena detto, questo disturbo rappresenta un livello più alto di funzionalità del cervello, quanti di noi veramente crediamo di poter rigenerare la nostra vista, di poterci concentrare tanto da poter apprendere una lingua. Questa sembra essere una follia ma loro lo possono fare quindi sono dei supereroi ed ecco perché nella sceneggiatura originale che ho scritto tempo fa già c’era e c’era il primo abbozzo di Kevin quindici anni fa. Quindi sì, deriva da quel mondo e personalmente io lo vedevo come un eroe ma anche come l’antieroe per eccellenza, il cattivo, non avevo ancora deciso se fosse il buono o il cattivo ma certo nel mondo normale ci sono delle cose straordinarie, io le vedo, anche Donald Trump spero che dimostri cose straordinarie ho risposto alla su domanda, o ho mancato qualcosa? Wayward Pines?
Sì volevo sapere se effettivamente c’è stata un’influenza diretta dopo il lavoro che ha fatto sulla serie, se quindi il fatto che lei descriva la Bestia come ultima evoluzione in effetti rappresenta anche quello che sono gli Abbie in Wayward Pines.
Sì certo, una parte però è stata scritta quindici anni fa, prima di Wayward Pines, quindi anche loro avevano scritto qualcosa pensando a me e poi me lo hanno dato, poi io ho detto che sì, lo potevo dirigere. Quindi forse funziona al contrario, siamo arrivati tutti dalla stessa origine. Poi certamente vorrei vedere la tua tesi.
La prima cosa che vorrei dirle è che lei è veramente un genio e uno dei miei registi più amati, congratulazioni per il film che è straordinario.
Oh mi piaci, qualcosa mi dice che mi piaci molto (ride)
Volevo chiederle qualcosa sul film, o sui suoi film, perché c’è tanto mistero e questo mi piace enormemente. Pensiamo a The Village ma anche a The Happening c’è tanto mistero e quindi io vorrei sapere qual è il significato del mistero per lei, vorrei che approfondisse questo punto.
Quanti anni hai? Quattordici? È straordinario veramente, penso che prima o poi vedremo i tuoi film sul grande schermo. Per me il mistero è l’ignoto, qualcosa che non ha mai fine. Io sono convinto che tutti noi non siamo proprio completi e i film che sono quasi completi fanno si che voi li finiate, ed è una condivisione anche del risultato artistico. Due persone da sole in una casa dicono che non c’è nessuno in casa, poi qualcun altro invece nell’altra stanza si fa sentire e alla fine siamo tutti coinvolti partecipiamo tutti a questa situazione, immaginiamo qualcosa che sta fuori dalla stanza in cui siamo e chiaramente anche Blank è molto interessante perché dice che lui è un’opera incompleta è una danza tra di noi la vita e quindi questi film o la tv posso dirvi la versione di qualcosa che è fatto tutto per noi perché tutto è completo, non c’è niente di ambiguo, si sa che questo è buono e questo è cattivo mentre nel nostro caso c’è l’ambiguità che ci rende parte dell’oggetto d’arte, l’essere critici è il motore. Ci sono tanti registi straordinari, c’è la CGI, ci sono tante tecnologie che rendono ancora più straordinari questi film. Abbiamo una CGI che è sempre più flessibile e ci sono persone che amano questa tecnologia ma non fa per me. Mi piacciono grandi grandi storie ma da una prospettiva molto piccola e questo secondo me enfatizza il mistero, il mistero è quello che porta avanti la storia specialmente nel film ma anche nella televisione di buona qualità il mistero è l’ingrediente principe. Non so come darvi l’idea, adesso cerco di inventare qualcosa. Immaginate se fossimo a teatro e qualcosa succedesse ad una persona che urla per esempio come se fosse instabile mentalmente oppure c’è un attore sul palcoscenico e una persona trail pubblico che continua a parlare e non si sa bene cosa dire o cosa fare a questa persona che continua a parlare mentre l’attore continua a recitare e c’è un certo imbarazzo. Però immaginatevi se quella persona invece comincia a diventare intelligente ed è questo l’inizio del mistero, chi è questa persona, cosa sta facendo, perché lo sta facendo. Quindi è il mistero che continua a spingermi avanti e io mi chiedo perché il ragazzino sta al funerale e non parla con nessuno, questo è Il Sesto Senso, chi è quel ragazzino che cosa sta dicendo, vi chiedete se sta parlando o no e in questo modo fate parte del mistero. È come l’inizio di una piccola palla di neve che continua ad ingrandirsi sempre di più unendo tutte le idee che vi partecipano e per esempio alla fine si arriva a diciotto mesi di creatività. Io come scrittore voglio sapere questa persona che è nel pubblico che ha cominciato a urlare dicendo che tra diciotto giorni moriremo tutti voglio sapere chi è, forse è una persona mentalmente instabile ma ha detto delle cose strane e l’attore ha cercato di non farlo sentire a tutti, tutti sono un po’ imbarazzati e un po’ perplessi. Questo tipo di idee che iniziano piccole e poi come una palla di neve si ingrandiscono e questo ragazzo a quattordici anni che fa una domanda del genere è proprio straordinario.
Siamo alla fine di questo incontro, credo sia stato un incontro davvero speciale e che sia il caso di ringraziare la Universal per il film, voi per essere stati con noi ma soprattutto grazie a M. Night Shyamalan per l’incantevole serata.
Grazie a voi ragazzi, grazie a voi.
https://www.youtube.com/watch?v=WEgUXTDogWs