Narcos Messico: Stagione 1 – L’inizio della Guerra alla Droga | Recensione

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Narcos Messico

Dopo tre stagioni passate in Colombia tra le storie del cartello di Medelìn e Cali, Narcos approda in Messico per raccontare le origini della Federazione dei Cartelli Messicani e dell’inizio della Guerra alla Droga. La serie sempre sviluppata da Carlo Bernard e Doug Miro, vede protagonisti Diego Luna nei panni di Miguel Angel Félix Gallardo e Michael Péna nel ruolo di Enrique Camarena, insieme ad altri attori come Matt Letscher, Aaron Stanton, Jack Earle Haley e altri.

La storia segue Félix Gallardo (Diego Luna) e l’ascesa del Cartello di Guadalajara negli anni ‘80, il cartello che poi darà vita alla Federazione dei Cartelli Messicani. Incaricati dell’indagine sono sempre gli agenti della DEA, al tempo un’agenzia degli Stati Uniti poco conosciuta e considerata che in Messico era guidata da  James Kuykendall (Matt Letscher) e che vedeva anche l’appena trasferito Kiki Camarena (Michael Péna), sarà proprio quest’ultimo che svelerà un velo di corruzione e false piste che nemmeno il suo capo poteva immaginare e che rischia di minare l’intera struttura dell’indagine sul cartello. Durante il periodo preso in considerazione in questa stagione vedremo vari volti vecchi e nuovi che ormai conosciamo dalla storia per essere stati coloro che hanno dato il via alla guerra alla droga che nei successivi anni trasformerà città e stati in zone di guerra.
La serie come ci aveva abituato già nelle precedenti stagioni fa ampio uso di riprese effettive degli anni 80 e anche ricreazioni storiche accurate per dare un ulteriore senso di veridicità alla storia insieme all’uso solamente di due lingue durante tutta la storia, l’inglese (quindi Italiano per noi) e lo Spagnolo (lingua parlata anche in Messico, seppur con qualche inflessione della nativa lingua), dunque almeno in questo la serie si è mantenuta fedele a quello che era il prodotto di cui è spin off; seppur è inevitabile pensare, come è anche confermato da un disclaimer all’inizio di ogni puntata che le storie raccontate e gli avvenimenti sono ricostruzioni romanzate degli avvenimenti, soprattutto a causa del tipo di storia che Narcos: Messico vuole raccontare con tutte le limitazioni del materiale “ufficiale” e attendibile disponibile.

Miguel Angel Félix Gallardo, interpretato da Diego Luna, non solo rappresenta un personaggio totalmente diverso da Escobar o ancora dai fratelli del cartello di Cali, forse possiamo definirlo una unione dei due approcci al Narcotraffico, inizialmente attirato da esso per creare sostentamento per la sua famiglia e proteggere la sua gente, era un ex poliziotto di Sinaloa e poi corrotto dai soldi e dal potere. Luna riesce benissimo a mostrare la dualità tra le due versioni del personaggio, ossia quella che conosciamo nelle prime puntate della serie e che ci fa quasi simpatia, soprattutto perché le prime puntate seppur narrate da una voce fuori campo, presentano molto di più il punto di vista di Fèlix rispetto a quello delle autorità, rappresentato da Camarena e da Kukyendall. Magnetico, intelligente e disposto a tutto, questi sono gli aggettivi che descrivono meglio Gallardo e quelli che più escono dalla descrizione che viene fatta nella serie, non si considera una vittima degli eventi come Escobar nel punto cruciale della sua vita, si prende le sue colpe e le trasforma in qualcos’altro di più forte, una rigida struttura di vita e gerarchia di comando inoltre gli permetteranno di mantenere il potere nelle sue mani come mai nessun Narcos era riuscito a fare, tutto questo esce da come viene raccontato nella serie e come Gallardo è stato conosciuto nella realtà.

Enrique Camarena è invece un personaggio simpatico, con cui lo spettatore può interfacciarsi, perché se Gallardo poteva far provare simpatia allo spettatore, non può fargli provare empatia, questo certamente no e in questo Narcos dall’errore fatto con Pablo Escobar nella prima stagione della serie madre ha imparato la lezione. Camarena diventa un personaggio per cui fare il tifo e che cerca di piegare le regole in maniera meno eccessiva rispetto all’agente Péna (Pedro Pascal) e lo fa con sempre il cuore greve, per lui e per la sua famiglia. La prova di Péna in questa stagione come attore drammatico risulta convincente, chiunque abbia visto l’attore solo in ruoli comici si troverà decisamente coinvolto dalla sua presa sul personaggio e dalla storia che decisamente gli calza a pennello. Un piccolo appunto, la storia di Enrique Camarena per quanto non sia conosciutissima al di fuori dagli stati uniti è una delle storie di lotte al narcotraffico più note negli Stati Uniti e quindi sconsigliamo di effettuare ricerche a riguardo se non volete spoiler anche sulle successive puntate di questa stagione di Narcos Messico.

Gli altri attori, a partire dagli altri agenti della DEA come il capo sezione Kukyendall, Butch Sears e gli altri criminali danno una buona prova, esplodendo in alcuni momenti di Overacting soprattutto nelle fasi più emotive e più distruttive a livello di impatto, ma glieli si perdona facilmente.
Dal punto di vista tecnico, oltre alla mantenuta dualità inglese-spagnolo e il riutilizzo di materiale salvato dall’epoca come trasmissioni televisive e riprese aeree effettivamente usate non delude. La regia ricalca però in stile quella della terza stagione di Narcos rispetto che le prime due, si concentra sull’ambiguità dei personaggi e mischia un pò il gusto per le location chic e da ricchi insieme a delle ruderi come le piantagioni e i quartieri malfamati di Guadalajara e Sinaloa. Le musiche cambiano sonorità, con il cambio di location dalla Colombia al Messico è necessario aggiornare anche queste come era stato fatto in maniera più lieve ma adeguata nella stagione 3 di Narcos, così facendo anche se la sigla di apertura tiene uno sguardo al passato della serie con le battute, le sonorità cambiano lievemente e danno l’idea di essere proprio in Messico.

Forse potrà non essere stata una scelta apprezzata dai più vedere l’inizio di una stagione di Narcos senza Pedro Pascal e con storie che sono collegate e parallele agli eventi delle prime due stagioni della serie madre, ma ha sicuramente dimostrato quanto non solo la serie abbia da dire in merito senza la presenza ingombrante di nomi che possono o no falsare le opinioni ma anche come la capacità dei singoli sceneggiatori non sia data dal solo materiale ma da proprio loro stessi che stavolta si sono trovati una bella patata bollente, ossia dover raccontare una storia il quanto più fedele agli eventi reali senza disporre di informazioni che non si contradicano tra di loro, soprattutto a causa della diffusa corruzione delle istituzioni Messicane e degli organi di Polizia, a partire dalle Polizie Locali passando per la FDS (Dirección Federal de Seguridad).

Anche questa stagione di Narcos dunque si conferma un ottimo prodotto di intrattenimento che ha trovato la sua dimensione e che attraverso un metodo perfezionato ed alla capacità degli sceneggiatori di correggere i propri errori strada facendo riesce a stupire e ad appassionare milioni di spettatori che possono tranquillamente guardarsi tutto d’un fiato una serie talmente emozionante da spesso essere la fotografia perfetta da avvicinare alla definizione di “montagna russa”, con un finale che fa contestualmente scoppiare la “Guerra alla Droga”.


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