[Recensione] Disincanto – Il Matt Groening fantasy di Netflix

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disincanto

Il papà dei Simpson e di Futurama ritorna al grande pubblico con una nuova opera, tutta targata Netflix. Ormai da qualche tempo è uscita l’attesissima serie Disincanto, firmata Matt Groening. Dopo aver visionato la serie e dopo un periodo meditativo di qualche settimana sono pronto a parlare di questa opera animata fantasy.
La serie segue la storia di Bean, una principessa anticonvenzionale che prova un forte desiderio di libertà e trasgressione, oltre a rifiutare il matrimonio combinato che il Re, suo padre, ha ordinato. Assieme al suo compagno Elfo e al suo “demone personale” Luci, vive in un regno immaginario a stampo medievale, noto come Dreamland.

Disincanto è probabilmente il titolo perfetto per questa serie, dove il cuore da fan di Groening finisce inizia questa sensazione di disincanto nei suoi confronti. Era il 1987 quando un padre di famiglia di nome Homer faceva i primi passi sullo schermo della televisione, insieme all’amata famiglia. Era sempre il 1987 quando un giovane fumettista vedeva i suoi cinque personaggi prendere vita sullo schermo della televisione americana. Ne Homer ne il suo giovane creatore avrebbero mai pensato di diventare delle star mondiali, amati da tutti e protagonisti di continue citazioni adattabili a quasi ogni situazione della vita quotidiana. Dopo una decina di stagioni a livelli altissimi inizia un calo fisiologico della serie. Ma ecco che il genio del ormai adulto Matt non delude e con un cambio netto del suo stile crea nel 1999 una nuova sitcom animata che sfiderà la sua stessa opera prima in quanto a bellezza e popolarità, Futurama. Dopo un incredibile successo iniziale, però, entrambi gli show subiranno un calo netto di qualità e soprattuto di idee, con la seconda serie che verrà chiusa dopo solo quattro stagioni (per poi riprendere nel 2007 fino al 2013).
Arrivati al 2018, dopo questo quadro storico della carriera di Groening, all’annuncio della nuova serie animata la mia speranza di rivedere il colpo di genio dell’ormai 60enne Matt era davvero a livelli stellari. Ecco, però, il disincanto che mi colpisce in pieno. Un pò confuso, un pò sconvolto e un pò deluso guardo il primo episodio e con forte difficoltà arrivo alla fine. Proseguo la visione della serie fino a concluderla. Rimango piuttosto freddo e decido di prendere un periodo per meditarci su e di darle una seconda visone. Giungo finalmente alle mie conclusioni sulla serie e a quella che per me è l’analisi finale. 
Disincanto è una serie animata bella visivamente, probabilmente la più bella di Groening sotto questo aspetto. I disegni sono molto accattivanti ed estremamente curati, i fondali dove si muovono i personaggi sono suggestivi e caratterizzano bene i luoghi di Dreamland. Disincanto, nonostante tutto, è la peggiore serie di Matt e in generale una serie animata mediocre e anonima. La delusione peggiore arriva dalla parte comica poco incisiva. Nonostante il tentativo di inserire molte situazioni di comicità, quasi tutte risultano piatte e molto forzate. Molti di questi punti sono senza personalità, il tentativo di mischiare parti di nonsense con una comicità più fine e arguta non risulta ben riuscito e in molti momenti queste situazioni rimangono quasi fredde allo spettatore. Si è davvero lontani dalle gag e dalle battute iconiche che hanno segnato la carriera di Groening e restano nella memoria di generazioni di spettatori.
Anche con i personaggi il risultato è molto simile a quello sopra descritto. Nessuno dei protagonisti è veramente incisivo o memorabile. Nonostante il visibile tentativo di dare iconicità ai personaggi la caratterizzazione purtroppo risulta profondamente superficiale e a tratti banale e scontata. Anche quelle che dovrebbero essere le figure più intriganti come Elfo e Luci risultano figure da una profondità molto ridotta e fortemente stereotipata, a cui non riesci davvero ad affezionarti. Bean, protagonista indiscussa, ha gli elementi di caratterizzazione più curati ma non arriva comunque a superare di troppo quella superficialità che contraddistingue un pò tutti i personaggi. L’impressione è di voler mettere in scena dei protagonisti che non mostrino mai una vera complessità e una vera profondità, ma personaggi semplici e quasi banali che risultino facilmente fruibili dal grande pubblico. 
Il sistema episodico di questa nuova serie si discosta abbastanza dal classico Groening e si avvicina molto a quella che è una serie con trama orizzontale. Gradualmente gli episodi entrano sempre più nel vivo, migliorando sempre più verso il finale. I primi episodi tentano di presentare i personaggi e mostrano il mondo di Dreamland, poi si sviluppa quella che è una vera e propria trama che collega tutti gli episodi. Sicuramente questo aspetto è poco valutabile senza la seconda parte, ma per ora per quello che si è visto non si è davanti ad un capolavoro di scrittura fantasy anche se nel complesso l’evolversi degli eventi risulta sufficientemente godibile.
Tirando un pò le somme, Disincanto non è sicuramente un prodotto positivo o sufficiente. Ci sono troppe zone buie dove lo show non riesce a convincere e a premere sull’acceleratore come dovrebbe. Non arriva mai a toccare livelli alti né a convincere lo spettatore, l’impressione intera che da lo show è quella di un creatore stanco e che non riesce più a creare con il genio che lo contraddistingueva. Questa serie animata mostra gli stessi difetti che ci sono anche nelle ultime stagioni dei Simpson ed è la conferma che Matt Groening (salvo colpi di reni improvvisi) è in una fase discendente da cui sembra non poter più uscire.

Se vogliano fare un ulteriore step di analisi possiamo paragonare il lavoro del papà di Futurama con quelli che sono i prodotti simili che Netflix distribuisce e produce. Purtroppo anche qui Disincanto mostra tutti i suoi limiti e facilmente diventa il fanalino di coda delle sitcom/serie animate indicate per un pubblico maturo. Senza andare a scomodare l’ormai assodato BoJack Horseman, basta prendere il recente Final Space e il meno recente Big Mouth per vedere come la serie di Matt sia davvero lontana dal livello che mostrano le sue più dirette rivali.
Nonostante l’ottimo lavoro di world building e i disegni molto accattivanti e curati, i problemi sostanziali della serie sono troppo significativi da passare inosservati e la rendono, così, una serie con un potenziale straordinario ma che per ora non riesce ad incidere sullo spettatore. Disincanto fatica, non convince e non spinge sui punti giusti. A tratti è indigesta alla visione e diventa pesante il proseguire con l’episodio successivo. Matt torna in te e sorprendici come sai fare con la seconda parte.