[Recensione] Head Lopper – Volume 1 di Andrew MacLean

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Come suggerisce anche Diego Mallara nella sua introduzione, eleggere Head Lopper a fumetto emblema di una corrente indie che si sta insediando sempre più nel mercato americano, sarebbe cosa fin troppo facile. Si, perché se si guarda bene a quello che storicamente è stato un mercato bipolare, in cui a farla da padrona sono sempre state Marvel e DC.
Oggi non è possibile negare la presenza di una terza forza editoriale, che ha raccolto sotto un unico tetto le spinte di tutto quello che non era il mainstream a fumetti: l’Image. La creatura di Andrew MacLean è infatti figlia del meccanismo per eccellenza di quello che possiamo definire settore alternativo: l’autoproduzione. Head Lopper nasce quindi come fumetto autoprodotto e la sua carica eccentrica fa il giro negli ambienti fortunati dell’industria, piace, piace a tanti (tra cui un certo Mike Mignola) e infine approda sulle pagine di un quadrimestrale bello paffuto e strampalato sotto il marchio della casa creata da Jim Lee e compagnia.
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Tralasciando la sua storia editoriale, quella che andrete a leggere in questo primo volume di Head Lopper, contenente i primi 4 albi originali, più una quindicina di pagine di epilogo extra, è la storia di Norgal, uno scorbutico taglia-teste, dall’aspetto vichingo e con abilità da semi-dio. Ad accompagnare lo spadaccino, la testa recisa di Agatha La Strega Blu e se vi state domandando quanto possa essere di compagnia una testa mozzata, siete già fuori strada. Non solo questa è in grado di parlare – e a dire il vero, non starà mai veramente zitta – ma in più di un’occasione si dimostrerà tutt’altro che inoffensiva, salvando il guerriero da un destino infausto. Tanto è il potere contenuto nella testa di Agatha la Strega Blu che persino l’antico stregone di Barra, l’isola su cui approda inizialmente Norgal, ne rimane impressionato, mettendo in moto una losca macchinazione per impossessarsene e liberarsi quindi dall’incantesimo che lo rende prigioniero.
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Lo stregone è infatti da tempo confinato ai territori paludosi dell’isola, luoghi da cui uomini e bestie si tengono ben al largo e da cui l’essere malefico non può allontanarsi. Questo non gli impedisce però di creare scompiglio sul resto dell’isola, avvalendosi di creature mostruose – l’idra che Norgal affronta all’inizio del suo viaggio ne è solo un esempio – e servi tanto viscidi quanto subdoli. È proprio il rocambolesco scontro con una di queste creature a portare in risalto il trionfale arrivo del mercenario sull’isola e a condurlo, per incarico della regina di Barra (l’isola e lo stregone condividono lo stesso nome), nella missione di eradicare il male dal regno ed eliminare il misterioso stregone.
In questa storia sono i disegni e la narrazione eccentrica di MacLean a farla da padrone riuscendo nell’intendo di mescolare umorismo ed epica in mix quasi perfetto. Il tratto e lo stile dell’autore rendono il tutto sufficientemente surreale da entrare quasi subito nello spirito della storia. E’ infatti facile capire come il nostro eroe sia destinato a trionfare, circondato da un’aura di invincibilità che però non toglie pathos agli acrobatici combattimenti che attendono il mozzateste lungo il suo cammino.  Bollare però Head Lopper come un’opera ‘comica’ data la leggerezza dei toni e l’ingenuità in cui l’autore sembra indugiare, è un errore che non andrebbe commesso, perché nascosti dietro quelle forme ‘soffici’ e rotondeggianti vi sono concetti sicuramente pertinenti ad un pubblico adulto. La controversia che aleggia sull’intero cast di personaggi sembra non risparmiare nessuno, contribuendo a costruire un mondo popolato da personaggi credibili. La violenza non è un fattore su cui MacLean lesina e la scia di cadaveri e teste mozzate che Norgal lascerà sul suo cammino è tutt’altro che indifferente oltre che scandita da un ritmo narrativo rapido ed incalzante ma mai affrettato. Ad aggiungere spessore alla narrazione c’è un uso delle onomatopee magnifico come anche magnifici sono i colori di Mike Spicer.
Con linee così secche e decise o con vignette così essenziali il rischio era quello di scaricare la narrazione e privarla di quel guizzo che la caratterizza, e perdere quindi l’attenzione del lettore dopo poche pagine. I colori contrastanti di Spicer e le onomatopee, quasi invadenti, di MacLean formano invece un’esperienza immersiva e consistente. Lo stesso passaggio tra una vignetta e l’altra, i campi e i contro-cambi. Tutto gioca un ruolo determinante nella lettura e andando un minimo oltre la prima impressione, ci si rende conto che dietro ogni tavola c’è un lavoro strutturato e curato nei minimi particolari.
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Se cercate delle somiglianze a tutti i costi vi ritrovereste con in mano un mix improbabile di elementi (da Mignola ad Adventure Time il passo è bello lungo) ma che sorprendentemente nelle mani di questo artista trovano una sintesi inaspettata. Non ce ne sono molti di titoli del genere in giro, anche tra quelli un pochino più di nicchia, per cui date una possibilità a Head Lopper di Andrew MacLean e vedrete che molto difficilmente ve ne pentirete.


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