[Recensione] Kamandi Challenge – La sfida per celebrare il genio di Jack Kirby

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Kamandi Challenge

Jack Kirby non ha bisogno di presentazioni. L’autore newyorkese è stato uno dei nomi più importanti della storia del fumetto, il cui tratto dinamico e di impatto ha influenzato e continua a far sognare un numero incalcolabile di artisti e lettori. Sicuramente tutti, prima o poi, si sono imbattuti, almeno una volta, in una delle numerosissime creazioni frutto della mente e della matita del Re: alcune più conosciute come Captain America o i Fantastici Quattro, altre meno come Demon o l’originale Sandman.
Il 2017 è stato un anno speciale in quanto è ricorso il 100esimo anniversario dalla nascita di Kirby, celebrato da Marvel e DC con mostre, ristampe e copertine variant per commemorare quello che per tutti è e resterà il Re della Nona Arte. Tra le numerose iniziative targate DC Comics, spicca sicuramente  la realizzazione della miniserie di 12 numeri Kamandi Challenge, con protagonista Kamandi, personaggio dell’universo post-apocalittico creato da Kirby nel 1972 durante il ritorno alla DC, proposta per il pubblico italiano da Rw Lion in due volumi brossurati.
Nata dalle esigenze DC di avere una serie che facesse eco e sfruttasse il successo del fenomeno de “Il Pianeta delle Scimmie”, l’originale serie Kirbiana “Kamandi: The Last Boy On Earth” tratta le vicende di Kamandi, l’ultimo ragazzo sopravvissuto al “Grande Disastro” che ha decimato il genere umano e mutato gli animali in creature antropomorfe ora al comando di questa Terra post-apocalittica. La serie dalle chiare e forti tinte fanatascientifiche, ha permesso al Re di esprimere tutto il suo estro creativo nel design delle città e dei suoi abitanti ma soprattutto nel descrivere i loro usi e costumi, rendendo vivo e autentico il mondo da lui disegnato, come d’altronde ci aveva già abituato il Re con altri suoi lavori, uno su tutti il Quarto Mondo, caposaldo della cosmologia dell’universo DC.
La miniserie tributo The Kamandi Challenge, alla cui realizzazione hanno preso parte alcuni dei migliori talenti dell’industria come Peter Tomasi, Tom King, Ivan Reis e leggende del calibro di Neal Adams, Walter Simonson e Kevin Eastman, ha l’intento di riprendere lo spirito avventuroso e il taglio fantascientifico di Kirby che si lega ad una particolare ed insolita struttura narrativa: partendo dalla semplice premessa di trovare i suoi genitori al fine di salvare il  mondo, la narrazione segue l’odissea del giovane ed intrepido Kamandi tra le lande di questa Terra post-apocalittica e, nonostante i numerosissimi pericoli che dovrà affrontare, l’eroe kirbiano continuerà imperterrito il suo viaggio per salvare il mondo ma soprattutto per far luce sulle ombre del suo passato. Nello specifico, la sfida di questo progetto consiste nel porre Kamandi davanti ad ostacoli apparentemente insormontabili al terminare ogni numero e lasciare al team creativo successivo la risoluzione del cliffhanger, ripetendo tale schema fino al 12esimo ed ultimo numero.
Come detto in precedenza, la miniserie ha il compito di celebrare il talento e l’eredità di Jack Kirby ed è da ammirare il grande numero di autori coinvolti ma, purtroppo, a livello di sceneggiatura la serie non brilla, non riuscendo mai a trovare la sua identità. La Sfida di Kamandi, essenzialmente, consiste nel porre l’eroe in un susseguirsi di situazioni pericolose, risolte più o meno brillantemente, ma che la maggior parte delle volte non avrà alcuna ripercussione a livello narrativo. Seppur l’idea di non avere uno script ben definito ma in costante evoluzione abbia enormi potenzialità, il prodotto finale risulta al di sotto delle aspettative, mostrando per buona parte della narrazione il ripetersi di un loop di situazioni e dinamiche molto simili tra loro che portano ad un drastico ed inevitabile calo di interesse del lettore. Dopo i primi numeri, ci rendiamo conto che Kamandi non è mai veramente in pericolo e che tutte le prove superate non influenzano in alcun modo la crescita dell’eroe anzi è come se venissero dimenticate nel numero successivo.

Anche per quanto riguarda il lato artistico, le pagine di Kamandi Challenge rispecchiano il dualismo e la poca organicità della serie: se da un lato si apprezza il lavoro di Steve Rude, Jill Thompson i quali cercano di adattare il loro stile a quello del Re, l’altro lato della medaglia mostra le tavole di mostri sacri quali Adams, Simonson e Eastman presentano in pompa magna tutta la personalità di questi grandi artisti, distaccandosi nettamente dalle matite degli altri artisti, più “anonime” e meno incisive rimarcando, ancora una volta, l’assenza di linea grafica comune.
Bisogna però ammettere che, presi singolarmente, alcuni numeri spiccano sotto il profilo qualitativo proponendo una visione più autoriale e personale del personaggio, come il numero targato King e Eastman, oppure ricalcando l’originale stampo kirbiano  ma, purtroppo, non basta ad oscurare la disomogeneità e la ripetitività della serie. Basandomi sul risultato finale, forse The Kamandi Challenge avrebbe dovuto essere sviluppato come una serie di one-shot commemorativi, permettendo agli autori coinvolti di esprimere la propria visione del personaggio di Jack Kirby in totale libertà.