[Recensione] La Casa di Carta Parte 2 – Ascesa e caduta del Professore

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La Casa di carta parte 2

“What comes up must come down” recita un proverbiale modo di dire inglese: quello che sale, prima o poi dovrà scendere. Ed è sulla cima del mondo che abbiamo lasciato Il Professore, Berlino, Tokyo e tutta la banda della rapina alla zecca di stato che abbiamo visto nella prima parte de La casa di carta, celebratissima serie spagnola distribuita da Netflix, ma è in prigione che potremo ritrovarli alla fine di questa seconda parte.
Oltre a concludere la trama, a regalare allo spettatore clamorosi colpi di scena grazie alla sceneggiatura, che rimane il vero punto forte di questa serie, lo show alimenta ed ingrandisce molti dei leitmotiv esplorati nella prima stagione, come la sindrome di Stoccolma, il titanismo e sottile linea di demarcazione tra il bene e il male.
Ma andiamo per ordine.
L’assedio alla zecca di stato ormai perdura da diversi giorni e la polizia sembra aver scoperto il quartier generale del Professore, ma non hanno fatto i conti con la machiavellica intelligenza di quest’ultimo: il Professore, sì come un titano di pariniana memoria, si erge da solo contro la polizia spagnola, convinta di giungere alla soluzione ma sempre sviata da questo vero e proprio genio del crimine. Prototipo dell’uomo darwiniano, il Professore si adatta perfettamente a questa situazione e a molte altre, irretendo i sensi del nemico, l’ispettore Raquel Murillo, ormai diventata amante dell’uomo a cui dà la caccia da settimane, inconsapevolmente vittima della sindrome di Stoccolma.
La stessa sindrome, protagonista indiretta delle prime puntate di questa seconda parte, influenza anche la relazione clandestina tra Denver e Monica: resosi conto delle implicazioni etiche che la sua relazione con la ragazza potrebbe comportare, Denver tenta più volte di gettare il cuore oltre l’ostacolo in quella che è forse la relazione più romantica della serie. Denver e Monica rappresentano la parte più genuina della rapina alla zecca: un amore quasi a prima vista, che travalica i limiti dello spazio e del tempo, con le sue difficoltà, è vero, ma strettamente legato a qualcosa di più grande e di meno complesso, allo stesso tempo.
Amore, semplicemente.

Altro tema di spicco nella serie è il continuo conflitto tra il patriarcato, rappresentato da Berlino, e il matriarcato, alternativamente rappresentato da Tokyo e Nairobi: nella serie emerge un forte spirito femminista, portato soprattutto dalle tue ragazze della banda, vittime ed eroine, amanti e comandanti, in contrapposizione al dispotismo maschile di Berlino,l’unico vero “cattivo” della serie.
A proposito di “cattivi” vorrei aprire una parentesi su questo tema: tra le numerose affinità della serie con Breaking Bad (il ruolo del Professore, l’incidente di Angel…), troviamo la presenza di numerose zone di grigio, la flebile linea di demarcazione tra il bene e il male. Raquel e tutta la polizia appaiono come gli eroi della situazione, ma fino a che punto possono rappresentare la giustizia? Non è forse giustizia, ridistribuzione delle ricchezze, quella che il Professore, come un novello Robin Hood opera contro la zecca di stato? Tutti i travestimenti, i sotterfugi, le tattiche machiavelliche del Professore sono servite in nome di un progetto più alto, di un colpo degno del suo posto nella storia, quindi quando la percentuale di persone ricche nel mondo è infinitamente più grande di quelle povere, quali sono le definizioni di “giusto” e “sbagliato”?

Dal punto di vista tecnico la serie si mantiene sul livello della prima stagione, con momenti registicamente e musicalmente eccellenti, specialmente nella nona puntata in cui ritorna prepotente il tema di Bella Ciao, ma, se possibile, ho notato addirittura un peggioramento della qualità recitativa: c’è una scena, nella quarta puntata mi sembra, (abbiate pazienza, il binge-watching della serie non lascia molto alla memoria del numero degli episodi), in cui a Berlino trema la mano prima di sparare, ed è una scena talmente recitata male che risulta praticamente ridicola. Ma al di là di questa piccola, piccolissima sbavatura, La casa di carta rimane una serie tv di alto livello, specialmente in questa seconda parte al cardiopalma, ricca di spunti di riflessione, di colpi di scena, ma soprattutto di tantissima azione, per un finale meraviglioso regalato ad una serie relativamente nuova nel panorama televisivo e che, scommetto, diventerà un cult istantaneo per tutti gli amanti del genere.