[Recensione]Life: Non Oltrepassare il Limite – di Daniel Espinosa

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Life: Non Oltrepassare il Limite è un film del 2017 diretto da Daniel Espinosa(Safe House) , scritto da Rhett Reese Paul Wernick vede nel cast Jake Gyllenhaal, Ryan Reynolds, Rebecca Ferguson , Hiroyuki Sanada, Ariyon BakareOlga Dihovichnaya.

Life Non Oltrepassare il LimiteLa trama che presenta il film è semplice e lineare. L’equipaggio della Stazione Spaziale Internazionale riesce con successo a recuperare una sonda alla deriva proveniente da Marte. Il team è composto dal biologo Hugh Derry, l’ufficiale Miranda North, il comandante Katerina Golovkina, il tecnico Sho Murakami, l’ingegnere Roy Adams e il dottor David Jordan, l’incaricato di studiare il campione recuperato dalla sonda per trovare possibili forme di vita extraterrestre; peccato che in breve tempo quello che doveva essere una operazione di routine diventa un incubo per l’equipaggio e li costringe ad una disperata lotta di sopravvivenza nello spazio.

Reese e Wernick non creano una trama eccessivamente complicata, ma solida e senza sbavature, che divide il film in due tronconi netti, uno più “tranquillo” in cui ci vengono presentati i personaggi e le loro personalità e uno dove si instaura la vera e propria tensione al cardiopalma che poi segue gli astronauti nella disperata controffensiva alla mutevole e pericolosa forma di vita Aliena Multicellulare che li sta uccidendo uno ad uno.

Ma se la sceneggiatura è lineare il punto forte della pellicola è la regia di Daniel Espinosa, che riesce benissimo a coniugare la necessità di raccontare i personaggi e la loro infausta situazione nella stazione spaziale, da casa spaziosa e amichevole diventa con il via via della pellicola sempre più claustrofobica e chiusa, e nel mentre riesce a tenerti parte dell’azione. Nel film fotografia e regia cambiano e si adattano alla circostanza seguendo i personaggi come delle entità al di sopra di tutto quello che sta succedendo, catapultando lo spettatore nel pieno dell’azione e instaurando pura tensione nella parte finale del film. Le spiegazioni pseudo scientifiche, inoltre, arricchiscono la narrazione dando modo alla minaccia di sembrare ancora più reale, non si parla di armi laser, ma di torce, perimetri di difesa e ingegneria spaziale; non siamo nel futuro, siamo nel presente e questo ci viene fatto percepire molto anche a livello di scrittura dei personaggi.

I personaggi messi in scena, nonostante il loro essere stereotipi dell’uomo moderno, mostrano tutti un buon feeling, sopratutto con lo spettatore che non farà altra che dispiacersi quando li vedrà morire come mosche! Jake Gyllenhaal anche grazie alla complessità del suo personaggio riesce ad imporsi sugli altri, dando dimostrazione ancora una volta di avere un’ottima presenza scenica e tenendo unito il cast insieme alla Ferguson. I personaggi di David e della dottoressa North sono sotto certi punti di vista molto simili ma anche diversi e risultano, dato anche il loro ruolo all’interno dell’equipaggio, i più presenti e i più riconoscibili anche per l’ottimo lavoro fatto in fase di scrittura. 

La stessa creatura risulta diversa da quelle che abbiamo incontrato in atri film di genere, Calvin, non è solo un mostro alieno che ha una sua sonorità, è un essere vivente che deve, come gli astronauti, sopravvivere e di conseguenza da qui si possono evincere interessanti spunti sulla definizione stessa di forma di vita. Calvin non viene infatti percepito come tale, ma si muove, agisce e pensa, dunque è un essere vivente e come tale soddisfa i suoi bisogni. Lo spazio e le coreografie relative alle morti dei vari personaggi all’interno della pellicola dimostrano un ulteriore sapiente uso della macchina da presa da parte di Espinosa, che riesce a renderle inquietanti e gore senza esagerare nel tripudio di sangue di film tipici del genere.

Life Non Oltrepassare il Limite dunque è un film che riesce a coniugare dal punto di vista visivo e sonoro un Gravity senza però dimenticarsi delle solide basi poste dall’horror spaziale più famoso che c’è, ossia Alien di Ridley Scott. È dunque uno di quei pochi film che riesce a fare del materiale d’origine uno spunto e a svilupparlo rimanendo sempre sulla soglia senza mai copiare o tracopiare malamente scene ben più famose. C’è chi può trovare il finale inadatto al tono della pellicola e fin troppo ovvio, ma da una parte è forse bene si sia operata tale scelta perché apre il mondo di questa pellicola ad ulteriori ritorni, magari con diversi approcci e magari con una trama più definita e scopi diversi. Sta di fatto che usciti dalla sala non vi troverete annoiati ma anzi, sarete sazi della visione e anche se non si proseguirà oltre potrete avere la certezza di un finale che non vuole essere altro se non un avvertimento sull’andare oltre, insomma attenti a cosa cercate.