[Recensione] Solo: A Star Wars Story – Han spara sempre per primo

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Solo A Star Wars Story

Dopo Star Wars: Gli Ultimi Jedi uscito lo scorso dicembre, il 23 maggio 2018 arriva nelle sale cinematografiche Italiane Solo: A Star Wars Story di Ron Howard, secondo film della cosiddetta Star Wars Anthology dopo Rogue One (di cui trovate qui la nostra recensione). Noi di RedCapes siamo stati gentilmente invitati all’anteprima stampa della pellicola, vi presentiamo dunque il nostro parere.

Il film, scritto da Jonathan e Lawrence Kasdan, si poneva da subito un obbiettivo ambizioso, raccontare la giovinezza del contrabbandiere Han Solo e di come è diventato il personaggio che abbiamo imparato ad amare nella trilogia originale. Per questo i fan più incalliti hanno rizzato le antenne, o direttamente estratto i blaster, al pensiero che la pellicola non fosse all’altezza, ma soprattutto che quello visto su schermo non sarebbe stato Han Solo, ma solo un bamboccione che cerca di imitare Harrison Ford. Il cambio di regia a produzione avanzata, che ha visto l’abbandono di Phil Lord e Christopher Miller per divergenze creative, e il conseguente arrivo in corsa di Ron Howard a gestire la macchina da presa, con notizie di imponenti reshoot, non ha fatto altro che aumentare le preoccupazioni dei seguaci della saga.

Togliamoci immediatamente il dente: Alden Ehrenreich è riuscito a riempire gli stivali di Harrison Ford con la sua interpretazione di Han Solo?  A mio parere sì, anche solo per un semplice motivo: quello che vediamo su schermo non è il cinico contrabbandiere a cui siamo abituati, è un giovane sbruffone idealista, che sogna di fuggire con l’amata Qi’ra (Emilia Clarke) da Corellia e dal controllo della mostruosa Lady Proxima, per passare la vita tra le stelle, libero. Nella pellicola vediamo quindi il giovane Han iniziare la trasformazione verso il personaggio che tutti conosciamo, lo vediamo perdere la sua innocenza, l’incontro con Chewbacca, lo vediamo fare suo il Millenium Falcon… E in tutta la pellicola anche Ehrenreich sembra fare suo il personaggio, che piano piano assume l’espressività e il carattere propri dell’interpretazione di Harrison Ford.

Non sono da meno i comprimari, a partire da Tobias Beckett (Woody Harrelson), criminale che durante un colpo per conto della misteriosa organizzazione Alba Cremisi si ritrova suo malgrado a lavorare con Han, e che gli insegnerà la lezione più importante di tutte, mai fidarsi. Emilia Clarke offre una buona interpretazione di Qi’ra, amore e compagna di infanzia di Han, una donna che è stata in grado di farsi largo nel mondo criminale, che ci mostra però che raggiungere i dorati alti ambienti dell’illegalità significa sporcarsi le mani e lasciarsi dietro numerosi scheletri. Donald Glover ci offre un brillante Lando Calrissian, caratterizzando abilmente lo smargiasso truffatore, e la sceneggiatura ci restituisce bene l’immagine che quest’uomo si è creato nel sottobosco criminale. Menzione d’onore a L3-37, il droide che lo accompagna, che dopo il simpatico K-2SO di Rogue One riesce a prendersi il suo posto tra il cast “umano”. Dryden Vos è il villain principale della pellicola, sadico capo di Qi’ra e datore di lavoro di Beckett, e successivamente di Han. Vertice del citato sindacato criminale Alba Cremisi, ha come unico ruolo quello di muovere le vicende della pellicola, non risulta particolarmente memorabile e non viene speso tempo eccessivo per caratterizzarlo, sebbene Paul Bettany, che è subentrato solo nei reshoot, ne offra una buona interpretazione.

La sceneggiatura è solida nello svolgere il suo lavoro, mostrarci la trasformazione del giovane Han Solo, ma permette anche di avere uno scorcio inedito sulla vita nei mondi sotto controllo dell’Impero, uscendo anche dalla gravitas delle pellicole principali e di Rogue One. Un po’ Ocean’s Eleven nello spazio, un pò space western, come è stato definito, il film tutte le tappe che sappiamo caratterizzare la vita del contrabbandiere, dall’incontro con Chewbacca a quello con Lando e il Millennium Falcon, con un susseguirsi di chicche e citazioni alla Trilogia Originale che funzionano perfettamente nel ritmo della storia. Il tutto con un paio di twist sul finale che faranno sobbalzare anche i più preparati fan della saga.

La piccola non è esente da difetti. Dovendo forzatamente raccontare alcuni fatti lo svolgimento risulta fin troppo lineare, e il ritmo viene smosso solo da un paio di colpi di scena sul finale. La regia non offre particolari colpi di coda, e anzi in alcuni punti, come nell’inseguimento iniziale, non riesce a restituire la freneticità degli avvenimenti. Da questo punto di vista sembra quasi che manchi un’anima dietro la cinepresa, e l’intervento di Ron Howard non sembra aver avuto un apporto eccessivo. Anche le musiche John Powell non offrono molto oltre al riproporci alcuni temi classici di John Williams in un paio di scene.

La forza della pellicola rimane a mio parere nell’attingere a piene mani dall’universo espanso di Star Wars, offrendo numerose chicche per gli appassionati e aggiungendo nuovi elementi che fanno venire l’acquolina in bocca, nella speranza di vederli ripresi in ulteriori pellicole spin-off. E ricordate: HAN SHOT FIRST.


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