Decimo lungometraggio di uno dei Maestri cineasti del nostro tempo, The French Dispatch of the Liberty, Kansas Evening Sun, più semplicemente noto come The French Dispatch, è l’ultima incredibile opera del regista texano Wes Anderson. Girato interamente in Francia nel piccolo paesino di Angoulême che per l’occasione si è trasformato nell’immaginaria cittadina di Ennui-sur-Blasé, The French Dispatch arriva dopo L’isola dei cani, bellissimo lungometraggio in stop motion del 2018 che ha segnato per Anderson un ritorno al passato. Aveva infatti diretto nel 2009 Fantastic Mr. Fox altra commedia in stop motion sempre con animali come protagonisti. The French Dispatch è il primo film con attori in carne ed ossa dopo The Grand Budapest Hotel, ormai iconica opera del Maestro candidata a nove Premi Oscar e vincitrice di ben quattro statuette. Dopo esser stato presentato al Festival di Cannes nel 2021 arriva ufficialmente nelle sale italiane l’11 novembre 2021 in seguito ad una serie di rinvii dovuti alla pandemia globale. Abbiamo visto il film in anteprima e di seguito potete scoprire la nostra opinione no spoiler sul film.

Il The French Dispatch è un supplemento settimanale culturale della rivista statunitense Evening Sun che viene scritto e pubblicato ad Ennui-sur-Blasé, piccola e pittoresca cittadina francese. Alla morte del direttore Arthur Howitzer Jr. (Bill Murray), la redazione si riunisce per la pubblicazione dell’ultimo editoriale che raccoglierà le tre migliori storie del The French Dispatch che l’hanno reso noto negli anni. Inizia così un racconto antologico all’interno delle pagine dell’inserto a partire dalla prima storia che vede l’artista carcerato Moses Rosenthaler (Benicio Del Toro) innamorarsi della guardia carceraria Simone (Léa Seydoux), seguita poi dal racconto delle rivolte studentesche del ’68 in cui il giovane Zeffirelli (Timothée Chalamet) intrattiene una relazione con la donna adulta Lucinda Krementz (Frances McDormand), per chiudersi con le peripezie sul rapimento di uno chef.

Eccentrico ed esagerato nella narrazione ma sempre calibrato ed estremamente architettato formalmente, The French Dispatch è l’ennesima conferma del talento di Wes Anderson, autore a tutto tondo che oltre a dirigere le sue opere le scrive, le pensa e le adatta allo schermo. L’ispirazione e l’idea della messa in scena del film nascono dalle pagine del famoso The New Yorker, di cui lo stesso Anderson ne è lettore da molti anni. Dopo molto tempo di studio su tutto il sistema che si cela dietro al The New Yorker, il regista ha deciso di mettere su pellicola una storia che potesse in qualche modo richiamare il suo funzionamento, la sua storia e soprattutto la sua architettura. Quando si parla di Anderson, viene da sé che prima ancora di narrazione si parli di messa in scena. Ancora una volta il regista texano confeziona una pellicola ineccepibile dal punto di vista tecnico. Simmetrie, simmetrie e ancora simmetrie, divenute marchio di fabbrica, fanno delle scene dei veri e propri quadri visivi. Questa volta però Anderson decide di osare di più, giocando con il bianco e nero e con l’animazione vera e propria. Essendo il film la messa in scena di storie nate da un giornale, il bianco e nero è la scelta più azzeccata, intervallato da momenti a colori che richiamano quelle poche illustrazioni colorate ai margini della pagina.

Se già con Fantastic Mr. Fox e L’isola dei Cani, Wes Anderson aveva esplorato il mondo dell’animazione e della stop motion, in The French Dispatch decide di inserire in chiusura della pellicola una rocambolesca scena animata che si integra perfettamente alla storia del rapimento del cuoco, forse la meno interessante delle tre ma sicuramente memorabile proprio per il suo impatto visivo. Come in ogni suo film Anderson decide ancora una volta di rendere “la parola” protagonista delle scene, trasformandola in un vero e proprio personaggio, forse il protagonista all’interno di un film estremamente corale. Fiumi di dialoghi, di parole, scorrono lungo tutta la durata della pellicola quasi come le colonne di un giornale colmo di scritte, di lettere. Quei pochi momenti silenziosi sono relegati al passaggio tra una storia e l’altra e quelle poche scene ambientate nel “mondo reale” non più nella pagina.Insieme alla parola si fanno protagonisti in The French Dispatch alcuni tra i volti più noti del cinema contemporaneo. Tra tutti impossibile non citare: Benicio del Toro, Adrien Brody, Tilda Swinton, Léa Seydoux, Frances McDormand, Timothée Chalamet, Lyna Khoudri, Jeffrey Wright, Mathieu Amalric, Stephen Park, Bill Murray, Owen Wilson e Elizabeth Moss. La straordinaria capacità di Anderson di riunire alcune tra le più influenti personalità del cinema e farle dialogare tra loro anche solo per una battuta non è cosa nuova. Film come I Tenenbaums, Moonrise Kingdom o ancora The Grand Budapest Hotel sono un esempio di quanto appena detto. Vista la straordinaria mole di personaggi e di situazioni che The French Dispatch propone, alcuni tra i volti noti appena citati appaiono per pochissimi istanti e con pochissime battute, caratteristica che oltre a creare una certa dinamicità nella narrazione è un divertente gioco per lo spettatore nel riconoscere questo o quell’interprete.

Regia pulitissima caratterizzata da scene fisse e carrelli rendono il tutto visivamente rilassante e appagante, unita ad un montaggio dinamico ad opera di Andrew Weisblum, fanno di The French Dispatch una gioia per gli occhi (e per le orecchie, grazie alla meravigliosa colonna sonora caratterizzata da jingle che ricordano il cinema della origini, ad opera del grande Alexandre Desplat). L’opera è estremamente pulita e coreografica, dai movimenti dei vari attori nella scena che risulta in tutto e per tutto un palcoscenico, alla musicalità delle parole che come un flusso si muovono lungo tutta la durata della pellicola. A coronare un lavoro tecnicamente perfetto è impossibile non soffermarsi sulla location del film, luogo simbolo dell’intera pellicola. La piccola cittadina francese di Angoulême è stata interamente trasformata ed adattata per creare l’ambientazione fittizia di Ennui-sur-Blasé, e per l’occasione molti dei veri cittadini hanno preso parte alle riprese come comparse, andando ancora di più ad intensificare quella sensazione di coralità e di gruppo.

The French Dispatch è il decimo lungometraggio di Wes Anderson, uno dei Maestri cineasti del nostro tempo. Prendendo spunto dalle pagine della rivista statunitense The New Yorker, Anderson ha creato una “lettera d’amore al giornalismo” che racchiude le tre migliori storie di questo piccolo inserto. Traendo ispirazione inoltre da “L’oro di Napoli” di De Sica, il regista colleziona un racconto corale dove ad esser protagonisti sono le molteplici voci e le molteplici vite di personaggi eccentrici e rocamboleschi perfettamente inseriti in un’architettura narrativa e scenica perfetta, ormai marchio di fabbrica del regista texano.


The French Dispatch arriva al cinema l’11 novembre 2021. Ecco il trailer italiano del film:

RASSEGNA PANORAMICA
The French Dispatch
9
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Classe 1995, laureato in critica cinematografica, trascorro il tempo tra un film, una episodio di una serie tv e le pagine di un romanzo. Datemi un playlist anni '80, una storia di Stephen King e un film di Wes Anderson e sarò felice.
the-french-dispatch-larchitettura-di-un-giornale-nel-nuovo-film-di-wes-anderson-recensioneThe French Dispatch è il decimo lungometraggio di Wes Anderson, uno dei Maestri cineasti del nostro tempo. Prendendo spunto dalle pagine della rivista statunitense The New Yorker, Anderson ha creato una “lettera d’amore al giornalismo” che racchiude le tre migliori storie di questo piccolo inserto. Traendo ispirazione inoltre da “L’oro di Napoli” di De Sica, il regista colleziona un racconto corale dove ad esser protagonisti sono le molteplici voci e le molteplici vite di personaggi eccentrici e rocamboleschi perfettamente inseriti in un’architettura narrativa e scenica perfetta, ormai marchio di fabbrica del regista texano.

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