Si può dire che ormai siamo arrivati a metà del viaggio di Watchmen su HBO e ora finalmente iniziamo a vedere una luce chiara sul futuro.

Dopo l’arrivo dell’agente Blake (Jean Smart) a Tulsa, la polizia ha iniziato a spazientirsi: la donna, infatti, sembra molto più interessata a Night (Regina King) che all’omicidio del capo della polizia, Judd Crawford (Don Johnson). Nel frattempo la stessa Night continua le indagini per conto suo andando a scoprire quanto tutto il suo attuale vissuto sia partito da un uomo che non ha mai conosciuto ma che ha segnato il suo destino, William Reeves (Louis Gossett Jr). Entrano poi in scena finalmente i Treu, la famiglia che ha non solo acquistato la compagnia di Adrian Veidt (Jeremy Irons), ma che sta riportando il mondo sulla via della tecnologia.

Nella quarta puntata vengono lasciati in pace i membri della Settima Kavalleria e ci si concentra sul rapporto tra Blake e Night, eroine della vicenda, divise da un’agenda segreta, la prima in cerca di redenzione e salvezza per un Gufo, l’altra in cerca della verità sul suo amico, una verità che non le sta piacendo molto. Lindelof, dopo averci presentato in tre episodi un mondo scosso dagli avvenimenti della miniserie originale di Alan Moore e Dave Gibbons, tra Redfordations, maschere di Rorschach usate dai suprematisti bianchi, un sempre più viscerale odio nei confronti della polizia, ormai colpevole di essere da decenni in lotta con i vigilanti dei quartieri, visti come eroi dalla popolazione, da finalmente il via agli eventi. Ora lo showrunner, ci dà un episodio che ci inserisce su un viaggio che ci sembra di aver già percorso una volta, tra le pagine di un fumetto e sembra tutto così inevitabile che la sensazione è raggelante e si impone sulle scelte dei personaggi, che non sbagliano perché vogliano farlo, ma perché il tempo scorre e il destino è già segnato. Non mentiamoci, questo sequel di Watchmen è ben più di quello che può sembrare all’inizio: non si racconta solo di Laurie Blake, Adrian Veidt e di Dottor Manhattan, si parla di tutto ciò che hanno scatenato sul mondo e, prima di vederli effettivamente interagire, abbiamo dovuto conoscerlo e capire ogni punto di vista che effettivamente ha reso necessario tutto questo nuovo caos. Così le prime tre puntate ci hanno dato un’infarinatura del peso delle azioni degli “eroi” di questo mondo e questa quarta puntata ha finalmente svelato il fine del complotto, che non vi riveleremo per evitare spoiler.

La puntata, nel suo essere molto più lineare delle precedenti, funziona e finalmente ci rendiamo conto che alla fine ci importa anche dei nuovi personaggi, come Night, Calvin, Looking Glass. Una delle maggiori paure che la terza puntata sembrava confermare era proprio che gli stessi personaggi di Watchmen, ad un certo punto, diventassero essi stessi più interessanti e colpissero più gli spettatori dei nuovi protagonisti e, diciamolo, sarebbe stato così se non fosse che, a parte Veidt, nelle prime puntate abbiamo potuto conoscere questi poliziotti, queste persone e così arrivare ad un punto dove dedicare una puntata intera all’ex Silk Spectre II non è necessario per rialzare gli ascolti, ma per mettere nuovamente i protagonisti sulla via della risoluzione del mistero. Così come nell’originale miniserie di Moore e Gibbons erano dei Minutemen e delle vecchie glorie a riservare i segreti per scoprire il complotto, nella serie TV sono gli originali Watchmen a ricoprire quel ruolo e portare quelli che idealmente saranno personaggi che, chissà per quanto, seguiremo nel loro mondo.

“If You Don’t Like My Story Write Your Own” è la definitiva consacrazione della miniserie come opera fondamentale della cultura pop, e ce ne accorgiamo facilmente anche grazie ai numerosi elementi che possono essere associati ad essa e che nella serie vengono reinseriti e contestualizzati; la musica e la storia cambiano e si adattano a questo mondo e noi ringraziamo che finalmente qualcuno stia rendendo giustizia ad un capolavoro.

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