[Recensione] Okja di Bong Joon-ho – Una sublime favola

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Moltissime pellicole della storia recente del cinema hanno narrato la naturale amicizia tra un bambino ed un enorme animale, sia esso reale o fittizio: basti pensare a film come La storia infinita, Free Willy ed Elliott e il drago invisibile.
La nuova produzione di Netflix, Okja, riprende questo leit-motiv in modo innovativo e cinematograficamente sublime, grazie alla regia del navigato sudcoreano Bong Joon-ho (The Host, Snowpiercer).

La Mirando, innovativa e filantropica multinazionale, scopre una nuova specie di “super-maiali”, simili a giganteschi ippopotami, e vede in loro la soluzione per la fame nel mondo attraverso gli occhi della nuova amministratrice delegata, Lucy Mirando (Tilda Swinton, alla seconda collaborazione col regista): uno di questi miracolosi animali, un femmina di nome Okja, appunto, viene affidato in Corea del Sud a Mija (Ahn Seo-hyun), il cui nonno è un allevatore scelto dalla Mirando.
Presto la bambina si troverà a fronteggiare la multinazionale, con tutti i pericoli che ne seguiranno.

 

Ricco di attori dall’enorme presenza scenica, come il fenomenale Jake Gyllenhaal, la sopracitata Tilda Swinton, il Gus Fring di Breaking BadGiancarlo Esposito e il toccante Paul Dano, il film suscitò non poche polemiche sin dalla sua presentazione al Festival di Cannes di quest’anno, il 19 maggio, dove pubblico e critica si sono interrogati sulla possibilità di candidare in una cornice così importante un film che non tutto il pubblico ha la possibilità di vedere, ma oggi, a due giorni dalla sua uscita, i fortunati possessori di un account Netflix possono goderne liberamente e possiamo parlane senza troppi problemi.

 

La pellicola, nonostante le tematiche importanti, come la feroce critica al capitalismo e alla sperimentazione animale, scorre leggera per un paio d’ore, dimostrandosi adatta a tutta la famiglia.
La sceneggiatura funziona benissimo in praticamente tutti i campi:
– grandissima costruzione dei personaggi, di TUTTI i personaggi.
– tematiche appassionanti ed educative.
– riesce a non sforare nonostante il sottile confine tra realtà e fantasia.
L’unico, grosso, problema della scrittura lo troviamo quando vira più sulla commedia, dando vita ad imbarazzanti scenette degne (e non sto scherzando, poiché il paragone è lampante) di un cinepanettone.
Fortunatamente, al di là di questo scivolone, il film si mantiene su livelli piuttosto alti per quanto concerne il lato tecnico, con un’ottima regia ed un’eccellente fotografia ad opera dell’iraniano Darius Khondji, già direttore della fotografia di capolavori come Midnight in Paris di Woody Allen e Amour di Michael Haneke.
Piuttosto anonime, purtroppo, le musiche, che non conferiscono pathos all’azione né animano lo spettatore.

Il film, pensato per un vastissimo pubblico, affronta in prima battuta il tema del capitale, dello scambio di valori canonici in cambio di valori affettivi, ponendo lo spettatore di fronte ad un’importante riflessione che si risolve nel quesito “è proprio vero che tutti hanno un prezzo?”. Alla piccola Mija suo nonno regala un maialino d’oro zecchino ricavato dalla contro vendita di Okja alla Mirando, ed è qui che inizia la rabbia della piccola: al di là del riferimento biblico che possiamo cogliere nella scena, dove l’essenziale, ciò che è davvero prezioso, viene sacrificato in nome di un falso idolo, il vile denaro, Mija si trasforma in una piccola Karl Marx, determinata a combattere la potente multinazionale arringando suo nonno a ribellarsi al potere che lo opprime.
La seconda metà del film si focalizza sulla denuncia degli allevamenti intensivi, dello sfruttamento animale, poiché entreremo negli stabilimenti della Mirando attraverso gli occhi di Mija: la piccola, aiutata dal giovane Jay (Paul Dano), membro del Fronte di Liberazione Animale, osserverà da sé tutti gli orrori che la multinazionale, evidentemente, nascondeva da tempo.
Okja riesce nell’intento di essere un film fortemente animalista, non pro-vegetariano o vegano, non a questo punto, poiché non è un film di propaganda, bensì, nella miglior tradizione del cinema orientale, si rivela un importante opera di critica sociale ben girata, che si risolve in un sorprendente quanto paradossale finale, degno di un’opera pirandelliana, tanto è ricco di significati nascosti.

La pellicola potrebbe essere la possibilità per il nostro paese di avventurarsi in quel mare magnum che è il cinema coreano, il cui unico esponente in Italia è lo splendido Oldboy di Park Chan-wook, oltre che una grande opportunità per prendere coscienza sull’oscuro mondo delle multinazionali, dello sfruttamento animale e della distribuzione del capitale.

Ultima produzione cinematografica di Netflix, Okja, diretto da Bong Joon-ho, è disponibile in tutti i paesi del mondo sulla nota piattaforma di streaming.