Quella volta in cui Superman ti ha fatto credere nei supereroi

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Superman

Perché il mondo ha bisogno di Superman? In un mondo in cui i lettori cercano il realismo e la più totale plausibilità (nonostante il fumetto sia un ambito in cui, per definizione, il realismo ha un peso MOLTO relativo) come può essere Dio a insegnarci qualcosa sull’essere umani?
Se avessi una risposta universale a domande come questa, beh, ho il dubbio che scriverei i miei articoli comodamente seduto sulla sedia di Möbius e tutti mi chiamerebbero Metron

SupermanTuttavia, quando mi capita di riflettere sul concetto stesso di supereroe, è a Superman che penso, prima di spiegarvi il perché, vorrei farvi riflettere su Kal-El e sugli autori che hanno scritto parte della sua storia editoriale:
Superman non è un personaggio facile, qualcuno direbbe che è un personaggio “invecchiato male”, in quanto, fuori dalla “Golden Age, un personaggio virtualmente invincibile non può che perdere di significato.
Fermiamoci un secondo e voltiamoci a guardare il passato dell’Uomo d’Acciaio, qual è l’ultimo autore ad aver scritto qualcosa di audace, anzi, di più, qualcosa di rivoluzionario?

La risposta è: John Byrne, nella sua run successiva a Crisis on Infinite Earths (e parliamo di una run iniziata nel 1986 e finita nel 1989, insomma, non due giorni fa…).

Byrne riscrisse tutto ciò che sapevamo dell’ultimo figlio di Krypton (in effetti, scrisse anche tutto quello che ancora non sapevamo su Krypton) e facendo ciò, non solo adatta Superman agli anni ’80, ma lo svecchia e pianta dei punti fissi a cui (più o meno) gli autori si attengono ancora oggi.

Con questo non voglio dire che la serie di Superman nonSuperman ha mai più avuto un autore decente (vedi quel che ha fatto Geoff Johns dal 2002 in poi), ma di certo non ne ha mai più avuto uno capace di un così radicale e positivo cambiamento nella continuity dell’uomo d’acciaio (e con questo voglio dire che i reboot successivi fanno accapponare la pelle…).

Tuttavia, nell’ormai lontano 2005 alla DC qualcuno decise che era l’ora di trovare una valida risposta all’etichetta editoriale “Ultimate” della Marvel (nata cinque anni prima), fu allora che vide la luce la serie “All Star.

Benché, a giochi fatti, la serie DC prese una piega abbastanza differente dalla sua controparte Marvel, gli scopi iniziali di “All Star” non erano molto diversi da quelli di “Ultimate”, ovvero: riunire i personaggi più iconici della DC con gli scrittori e i disegnatori più popolari del momento, obbiettivo di questi ultimi era presentare una propria versione dei suddetti personaggi destinata ad un pubblico moderno, formato da (pivelli) novelli lettori.

SupermanPer fare ciò, i team creativi avrebbero avuto libero accesso a tutti gli elementi che compongono la mitologia dell’universo DC e dei suoi personaggi, senza però l’obbligo di attenersi ad una continuity, allo scopo di creare una versione “il più iconica possibile” del personaggio preso in esame.
Fu così che nel Novembre 2005 (che poi in Italia fu il Luglio del 2009…perché sì.) arrivò nei negozi il primo numero di All Star Superman ad opera Grant Morrison (Morrisone unica religione), Frank Quitely e Jamie Grant (si, c’era anche lui, anche se nessuno lo ricorda mai).

Ora, potrei spendere un fiume in piena di parole per elogiare questo capolavoro, ma non lo farò, preferisco invece dirvi solamente una cosa: leggetelo.

Ora, veniamo al dunque, come vi ho già detto: Superman è per me l’incarnazione dell’idea stessa di supereroe e, come avrete capito, tale pensiero è legato a “All Star Superman”,  o meglio, ad un evento collegato ad  una pagina di tale fumetto, confusi? Prima di chiarire, nel caso non abbiate mai letto tale capolavoro, eccovene l’incipit: Superman sta morendo a causa di un avvelenamento da radiazioni, ha un anno di tempo per portare a termine tutto ciò che ha lasciato in sospeso.

Beh, non male come premessa, no? Ora, torniamo a noi, ecco a voi la pagina incriminata: come sopra, Superman sta morendo, non ha tempo da perdere, come un novello Ercole, deve portare a termine le sue fatiche prima che l’ora fatale sopraggiunga, eppure, trova il tempo per salvare una ragazza (tale Felicity Regan, se ben ricordo) che sta per buttarsi da un tetto. Superman non la prende al volo durante la caduta, egli atterra al suo fianco e la dissuade dall’insano gesto abbracciandola e dicendole “You’re Much Stronger Than You Think You Are. Trust Me.”

Superman

Di certo è una scena commovente e di forte impatto, per più motivi, ma non fu tanto la scena a colpirmi, quanto una storia (qualcuno potrebbe anche definirla una leggenda metropolitana) legata ad essa:

Tempo fa vidi in rete una scan della stessa pagina di “All Star Superman” che ora voi vedete allegata a questo testo, con la differenza che su quella era stata scritta un ulteriore storia…

La storia parlava di una ragazza in preda alla depressione, al punto da aver già programmato il proprio suicidio, alla quale, un giorno, vengono prestati (dal fidanzato della sorella) dei fumetti tra i quali era presente anche l’albo numero 10 di “All Star Superman” nel quale (a pagina 12) è appunto contenuta la scena del salvataggio di Felicity Regan. La storia ebbe un forte impatto sulla ragazza, tanto da farle scegliere di lottare contro la depressione, il racconto si concludeva con la frase Superman mi ha salvato la vita.

Questa vicenda di certo racchiude la mia idea di supereroe: non importa che sia realistico o meno, sulla carta sarà sempre vero, sta a chi legge riuscire a capirne il potere.

Ora, io non so se questa storia sia vera (anche se ci spero), ma il pensiero che lo sia mi scalda davvero il cuore…del resto, come diceva lo stesso Morrison in “Supergods”:

“Le storie possono spezzare i cuori e fomentare le rivoluzioni. […] E l’idea di Superman è reale tanto quanto l’idea di Dio.”