A partire dal 23 gennaio arriva al cinema con Searchlight Pictures, A Complete Unknown, biopic sui primi anni di carriera di Bob Dylan, magistralmente interpretato da un Timothée Chalamet in odore di Oscar. A lui si uniscono Edward Norton, Monica Barbaro ed Elle Fanning. Il film è diretto da James Mangold (Logan, Ragazze Interrotte) che dopo il biopic su Johnny Cash “Walk the Line” con Joaquin Phoenix, torna in quegli anni per raccontare la storia di uno dei più enigmatici cantautori della storia della musica mondiale. Grazie a Searchlight Pictures abbiamo potuto vedere il film in anteprima e di seguito vi riportiamo il nostro parere.

New York, primi anni ’60. In un’epoca caratterizzata da una scena musicale vivace e da profondi cambiamenti culturali, un giovane diciannovenne del Minnesota approda nel West Village con la sua chitarra e un talento innovativo, destinato a rivoluzionare la musica americana. Mentre costruisce le relazioni più significative della sua carriera, cresce il suo senso di inquietudine verso il movimento folk. Rifiutando di essere incasellato, compie una scelta audace e controversa che lascerà – come ben sappiamo oggi, con il proverbiale senno di poi – un’impronta duratura sulla cultura globale.

Un completo sconosciuto. È così che James Mangold introduce Bob Dylan nella sua nuova pellicola A Complete Unknown, un biopic che esplora i primi anni di carriera di un’icona capace di ridefinire la musica folk e rock negli anni ‘60. Il film, ambientato tra il 1961 e il 1965, segue il percorso di Dylan dalla scena folk di Greenwich Village fino al controverso momento in cui adotta la chitarra elettrica, un passaggio che cambierà per sempre il panorama musicale dell’epoca. La pellicola si apre con un giovane Dylan, interpretato da Timothée Chalamet, che arriva a New York nel gelido inverno del 1961. Con sé ha solo una chitarra, alcune canzoni e un sogno ambizioso. Ed è proprio qui che prende forma il cuore pulsante di questo biopic dal taglio classico, ma profondamente emotivo. Una delle prime scene cruciali mostra Dylan visitare Woody Guthrie (Scott McNairy) in ospedale. Guthrie, leggenda del folk americano, diventa una figura simbolica per Dylan. Al Greystone Park Hospital, dove Guthrie è ricoverato a causa di una malattia degenerativa, Dylan trova ispirazione in un rapporto fatto di scambi silenziosi ma carichi di significato. Guthrie rappresenta per Dylan non solo un maestro, ma anche il potere trasformativo della musica come strumento per raccontare storie di lotta e giustizia sociale. La famosa chitarra di Guthrie, con la scritta “This Machine Kills Fascists”, diventa un simbolo di ispirazione che spinge Dylan a scrivere brani capaci di sfidare il conformismo e dare voce ai movimenti di cambiamento sociale.

Oltre a Guthrie, il film esplora altri incontri fondamentali nella vita di Dylan. Pete Seeger (Edward Norton), icona del movimento folk, è una guida iniziale che riconosce il talento del giovane artista, pur mantenendo una certa diffidenza verso la sua spinta innovativa. Joan Baez (Monica Barbaro) entra in scena durante una toccante esibizione di “Song to Woody”, dando il via a una relazione personale e artistica intensa, che mette in evidenza il contrasto tra la giovane promessa Dylan e la già affermata Baez. Altro personaggio di rilievo è Sylvie Russo (Elle Fanning), figura fittizia ispirata a Suze Rotolo, una delle grandi muse di Dylan. La scelta di cambiare il nome del personaggio, probabilmente dovuta al desiderio di rispettare la riservatezza di Rotolo, non toglie nulla alla profondità del rapporto tra i due. Mangold adotta una regia intima e immersiva, utilizzando primi piani per catturare le espressioni ansiose ma determinate di Dylan. Le sequenze ambientate nei piccoli club del Greenwich Village degli anni ‘60 offrono uno spaccato autentico della scena folk dell’epoca, con la sua atmosfera di collaborazione e competizione. La fotografia granulosa e l’illuminazione calda ricreano un senso di intimità che avvolge lo spettatore, mentre la narrazione segue un ritmo quasi musicale, alternando momenti contemplativi a scene più dinamiche e vibranti. Uno dei momenti clou è la scena del Newport Folk Festival, dove Dylan decide di utilizzare una chitarra elettrica, un gesto che spacca in due il pubblico e ridefinisce la sua carriera. Mangold cattura la tensione del momento con primi piani intensi e un montaggio frammentato che enfatizza il peso emotivo della scelta.

Timothée Chalamet si cimenta con il difficile compito di interpretare un’icona come Bob Dylan. Più che tentare un’imitazione, Chalamet si concentra nel catturare l’essenza del personaggio, bilanciando vulnerabilità e carisma enigmatico. La sua interpretazione brilla nelle scene più intime, dove basta un gesto o uno sguardo per rivelare i conflitti interiori di Dylan. Inoltre, Chalamet si esibisce realmente nelle performance musicali, aggiungendo ulteriore autenticità al personaggio.

A Complete Unknown è un film affascinante che celebra il genio creativo di Bob Dylan e le tensioni che accompagnano ogni grande trasformazione artistica. Mangold offre una regia ambiziosa, in grado di trasportare lo spettatore in un periodo cruciale della storia della musica americana. Nonostante qualche rischio stilistico non del tutto riuscito, il film emerge come un’opera potente e coinvolgente, capace di onorare un artista tanto sfuggente quanto straordinario.


A Complete Unknown di James Mangold, arriva al cinema a partire dal 23 gennaio. Ecco il trailer italiano del film:

RASSEGNA PANORAMICA
A Complete Unknown
8
Articolo precedenteThe Brutalist – Costruzione e distruzione di un sogno | Recensione
Articolo successivoPGA TOUR 2K25 – Ecco il trailer di gioco!
Classe 1995, laureato in critica cinematografica, trascorro il tempo tra un film, una episodio di una serie tv e le pagine di un romanzo. Datemi un playlist anni '80, una storia di Stephen King e un film di Wes Anderson e sarò felice.
a-complete-unknown-da-completo-sconosciuto-a-leggenda-recensioneA Complete Unknown è un film affascinante che celebra il genio creativo di Bob Dylan e le tensioni che accompagnano ogni grande trasformazione artistica. Mangold offre una regia ambiziosa, in grado di trasportare lo spettatore in un periodo cruciale della storia della musica americana. Nonostante qualche rischio stilistico non del tutto riuscito, il film emerge come un’opera potente e coinvolgente, capace di onorare un artista tanto sfuggente quanto straordinario.

Lascia un commento