Adrian La Serie: Episodio 1 – La bruttissima serie evento di Adriano Celentano | Recensione

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Adriano Celentano ormai da almeno quindici/vent’anni è l’unico vero divo dello spettacolo italiano e ogni sua apparizione in tv o dal vivo è l’occasione, da parte di produttori e fan per dar’origine a un vero e proprio evento mediatico. Spettacoli come 125 milioni di caz..te (2001), Rockpolitik (2005) e Rock Economy (2012) sono stati degli spettacoli di enorme successo mediatico, capaci di catalizzare su loro stessi l’attenzione nazionale prima, durante e dopo gli spettacoli stessi. Era inevitabile dunque, alla luce di quanto detto che quando nel Luglio 2015 Piersilvio Berlusconi annunciò il ritorno in televisione di Celentano con una serie animata, tutta l’attenzione dei giornali di settore prima e del pubblico poi, andasse diventando sempre maggiore, fino a raggiungere un successo e una popolarità incredibili durante le settimane che precedevano la prima messa in onda.

Siamo certi infatti, che se anche non sapete chi sia Adriano Celentano, se anche non guardate spesso la televisione e se anche non ve ne intendete di serie tv d’animazione, sapete, a grandi linee quantomeno cos’è Adrian, ovvero la famigerata serie evento scritta, diretta, montata e doppiata da Adriano Celentano, e alla quale hanno partecipato anche Milo Manara in qualità di Character Designer, Nicola Piovani per le musiche e Vincenzo Cerami (Johnny Stecchino, La vita è bella, La tigre e la neve) per la supervisione dei testi. Ieri sera su Canale 5 è andato in onda il primo episodio della serie.

Bisogna fare a questo punto una piccola parentesi e premettere che in questa recensione ci occuperemo solo e strettamente della serie animata Adrian e non dei preludi teatrali, i quali vanno fuori dal nostro interesse e dalla nostra competenza.

Sarebbe opportuno adesso scrivere una trama in breve di Adrian, in modo da introdurre voi lettori alla storia, almeno abbozzata, di questa serie, per poi analizzare gli aspetti tecnici in una seconda parte. Ecco, il problema però è che Adrian non ha una trama. La storia non si muove da un punto A ad un punto B passando per gli sviluppi C e D. No! Anzi, la storia non esiste esiste nemmeno. La prima puntata di Adrian è solo un concentrato orrendo di scene debolmente tenute insieme dall’ombra di una sceneggiatura, che in realtà non è nient’altro che un’idea mai sviluppata, una sorta di concetto o concetti che l’autore aveva intenzione di sviluppare e che ha deciso di buttare su schermo senza che ci fosse una reale infrastruttura narrativa che li tenesse insieme.

Nella prima puntata vediamo solo l’abbozzo di una serie fantapolitica nella quale un orologiaio (lavoro che Celentano ha davvero praticato durante la gioventù) di Via Gluck a Milano cerca di tirare avanti in un’Italia nella quale Stato e Mafia hanno raggiunto una collusione totale e amministrano adesso il paese tramite una sorta di dittatura alla 1984 o Matrix.

Nel bene o nel male, Adriano Celentano ha scritto un pezzo importantissimo della storia della musica italiana e alcuni suoi brani, dagli anni settanta ad oggi sono degli autentici capolavori, nei quali Celentano ha cercato di imprimere tutta la sua morale e la sua filosofia sul mondo. Detto ciò, chi vi scrive apprezza davvero tanto Celentano e vorrebbe sinceramente fermarsi quì e passare a criticare (perché solo ed esclusivamente questo si può fare con Adrian) gli aspetti tecnici della serie, ma purtroppo al peggio non c’è mai fine e oltre a non avere un briciolo di trama Adrian è pure sciocca, scontata e piena di cliché prevedibili o addirittura ingenui o di cattivo gusto (sì, mi riferisco al grattacielo napoletano nel quale ha sede la ditta ufficiale della Mafia, la Mafia International). che riflettono tutta la volontà da parte del Predicatore di lanciare un messaggio tramite un’opera di narrativa, ma il risultato è quello descritto sopra, una serie di pensieri, concetti e idee buttati lì e incollati senza forza ad un protagonista e un universo narrativo poco interessanti o addirittura noiosi.

Dal punto di vista tecnico invece, Adrian è un prodotto che non sembra nemmeno del 2019. Non voglio e non sarebbe corretto paragonare una serie come Adrian a produzioni USA contemporanee e ad altissimo budget, ma si potrebbe paragonare Adrian ad esempio con i lungometraggi animati dello Studio Mad (L’arte della Felicità, Gatta Cenerentola), o i vecchi lavori di Bruno Bozzetto, o persino Monster Allergy o Winx Club per capire quanto le animazioni, i disegni, gli sfondi, il montaggio, la regia e tutto il resto in Adrian sia non solo brutto ma anche datato. In oltre è bene mettere in chiaro che una serie come Adrian perderebbe il confronto però anche con i cartoni animati delle merendine Kinder e Ferrero in vendita nei primi anni 2000.

Le animazioni di Adrian, affidati a quanto pare alla China Beijing New Century Wit e alla Green Dreams Investiments sono brutti, lenti e senz’anima. Dalle animazioni ripetute più e più volte, dai fondali disegnati talmente male da far credere siano opera di un bambino e dai disegni originali di Manara inseriti male e a casaccio per riempire i buchi e i tagli, non si percepisce un briciolo di impegno o di amore per il prodotto, e questa probabilmente è la considerazione più triste che si possa scrivere in una recensione di un prodotto animato.

Vorrei almeno poter salvare i disegni di Manara da questa violenza contro il cadavere di un’esperimento che doveva essere una serie animata, ma purtroppo anche quelli, in certi momenti sono inguardabili. Oltre che piazzati staticamente totalmente a casaccio nelle scene più concitate.

Insomma… Adrian è un vero e proprio scempio. Una serie talmente brutta e mal fatta che siamo incapaci di darle un voto. Una serie che nasce sicuramente sotto le migliori intenzioni da parte del molleggiato di Via Gluck, ma che si è persa e distrutta per colpa di gente incapace o ignorante a cui è stato affidato un progetto che evidentemente non sapevano gestire. Adrian, almeno secondo il palinsesto Mediaset andrà in onda per altri otto episodi, ma noi ci sentiamo vivamente di bocciarla e di non dare fiducia ad un opera per la quale nemmeno le persone che vi hanno preso parte sembrano avere un minimo di affetto.