Era il 1979 quando uscì Alien, film horror spaziale dai toni lovecraftiani. Due anni dopo il suo debutto cinematografico con I Duellanti, il regista Ridley Scott entra nell’olimpo della storia del cinema con il suo secondo lungometraggio, un capolavoro horror dai toni noir perfetto sotto tutti i punti di vista, scenografico, di scrittura, di regia, di recitazione e di effetti speciali. Nomi come Dan O’Bannon, sceneggiatore, Jerry Goldsmith, compositore o l’illustratore svizzero HR Giger sono stati cruciali nel dare forma ed epicità al film diretto dal regista britannico.

Mentre esplorano le parti più remote di una stazione spaziale abbandonata, un gruppo di giovani colonizzatori spaziali si imbatte nella forma di vita più spaventosa dell’Universo.

Il successo di Alien diede il via ad una saga che ebbe James Cameron alla regia del secondo capitolo, Aliens – scontro finale, un film molto più orientato all’azione rispetto al suo predecessore. Sebbene sia Alien 3 che Alien – la clonazioneabbiano avuto registi di qualità come David Fincher e Jean-Pierre Jeunet, sono entrambi capitoli che hanno un gran numero di detrattori. Negli anni poi arrivarono anche Alien vs. Predator e Alien vs. Predator 2, ma molti di noi cercano di dimenticare che esistono, Ridley Scott è poi tornato al franchise trent’anni dopo la sua nascita con il pretenzioso Prometheus. Visivamente travolgente, ma la storia era appesantita da situazioni assurde nonostante l’attrattiva della sua premessa. Ci ha poi riprovato con Alien Covenant, ottenendo gli stessi deludenti risultati.

Alla regia di questo nuovo episodio troviamo Fede Álvarez, un regista uruguaiano che ha catturato l’attenzione del pubblico e della critica nel 2013 con il suo debutto cinematografico, il remake de La Casa (Evil Dead), un film terrificante che ha tenuto gli spettatori inchiodati alla poltrona, per poi conquistare tutti definitivamente con un altro film thriller/horror, Man in the dark (2016).

Il lavoro svolto da Fede Álvarez in Alien: Romulus è davvero notevole, la pellicola si colloca cronologicamente tra il primo e il secondo capitolo della saga, il regista inserisce numerosi omaggi al franchise, principalmente ai primi due capitoli, appunto, ma anche agli altri come Alien – la clonazione o Prometheus, Álvarez filma con mano ferma, infondendo nel film il proprio DNA, regalandoci toni cupi e scene brutali. Seppur ricco di citazioni il timbro distintivo del regista è ben chiaro e percepibile. Accompagnato dall’inseparabile Rodo Sayagues nella stesura della sceneggiatura, Fede Álvarez aspira a riportare Alien alla sua versione più terrificante e grazie a un crescendo di tensione e scene cruente, ci riesce. In termini estetici il film è indiscutibilmente impeccabile. Questo nuovo episodio riporta il franchise alle sue primitive origini: terrore claustrofobico e azione.

Álvarez recupera l’essenza ‘operaia’ dell’originale, riportando i riflettori sui lavoratori oppressi dal sistema che devono lottare contro una macchina instancabile e indistruttibile che li sfrutta, mostrando che il pianeta minerario dove vivono Rain (Cailee Spaeny) e i suoi amici è praticamente una trappola in cui l’azienda mantiene i lavoratori quasi in un regime di schiavitù, non permettendo loro di lasciare il pianeta. Ma, oltre ad affrontare il capitalismo, i giovani protagonisti, guidati da Cailee Spaeny – la nuova Ripley – si ritrovano inaspettatamente ad affrontare la forma aliena più letale della galassia. Lo Xenomorfo creato da HR Giger è tornato qui più in forma che mai, con un design che sfrutta al meglio la CGI e gli effetti pratici degli animatroni.

Il cast è molto buono. Cailee Spaeny brilla nei panni dell’eroina trasmettendo umanità ed empatia riuscendo a tirare fuori grinta e determinazione quando serve. David Jonsson, nei panni del fratello sintetico Andy, è la grande sorpresa attoriale. Andy inizialmente sembra soffrire di qualche tipo di disabilità, ma subirà diversi cambiamenti nel corso del film che faranno espandere la sua gamma di recitazione ed espressioni fino a renderlo il personaggio più interessante del film. La relazione tra Rain e Andy è sicuramente una delle cose più intense del film, perché, senza spoilerare nulla, il legame tra umano e sintetico è davvero sviluppato bene.

Inutile dire che la nave stessa è un altro personaggio di Alien: Romulus altrettanto importante o più importante di alcuni membri del gruppo. E così è anche il suo aspetto: torniamo all’estetica sporca, cupa e umida con corridoi semi illuminati, luci rosse di emergenza e angoli pieni di cavi che ci ricordano la morfologia degli alieni, dove possono infatti mimetizzarsi. A tutta questa atmosfera accattivante contribuiscono molto i set e le scenografie reali, non digitali come il 90% dei blockbuster degli ultimi decenni. Il montaggio è un altro dei punti di forza della pellicola, che non si ferma mai e accelera le sequenze d’azione in modo che tutto si adatti al millimetro, ben accompagnato da una colonna sonora che cerca di aumentare il nostro battito cardiaco con i suoi ritornelli. In ogni caso, le quasi due ore di riprese scorrono bene e offrono uno spettacolo che vale la pena vedere sullo schermo più grande possibile e con un suono adeguato che valorizza al massimo l’esperienza.

In conclusione, Alien: Romulus è uno straordinario esercizio di stile e tensione, la pellicola mostra la reverenza che Álvarez ha nei confronti del franchise iniziato da Ridely Scott nel 1979. Il film rappresenta un ritorno all’essenza degli xenomorfi. Se vi piace la fantascienza, vi piacerà Alien: Romulus. Se vi piace l’horror e siete fan del franchise, allora non potete perdervelo.


Alien: Romulus di Fede Álvarez è al cinema. Ecco il trailer italiano del film:

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