Animali Fantastici: I Crimini di Grindelwald di David Yates | Recensione

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Animali Fantastici I Crimini di Grindelwald

Animali Fantastici: I Crimini di Grindelwald arriva nelle sale carico di aspettative. Il primo film della futura pentalogia era stato un ottimo apripista per il Wizarding World, il progetto cross-mediale che si pone l’obiettivo di espandere l’universo di Harry Potter.

Proprio il logo del Wizarding World campeggia nei titoli di testa de I Crimini di Grindelwald, come a lasciare intendere che questo è solo l’inizio. A visione terminata, quel logo appare come una minaccia. Una minaccia al buon senso che imporrebbe di lasciar riposare una saga in pace, dopo il suo naturale decorso. In questa seconda pellicola Newt Scamander verrà contattato dal suo maestro Albus Silente per indagare e contrastare i piani del malvagio mago oscuro Gellert Grindelwald.

Animali Fantastici: I Crimini di Grindelwald evidenzia tutti i difetti da scrittrice di J.K. Rowling, finora tamponati dalla sua grande inventiva e dalla capacità di far quadrare l’impensabile. Adesso l’incantesimo si è spezzato, e il frutto degli sforzi della scrittrice è paragonabile a una pessima fan-fiction. E’ difficile capire quale sia il difetto peggiore di un film così ricco di errori madornali. Forse è più facile cominciare dai pregi, soltanto due. In primis, gli effetti visivi sono di livello assoluto, e garantiscono uno spettacolo capace di lasciare lo spettatore a bocca aperta come mai prima d’ora nella saga. In secundis, colpisce decisamente in positivo la performance di Johnny Depp. Messa al bando l’eccentricità ormai proverbiale dei suoi personaggi, l’attore sfoggia un’interpretazione asciutta, misurata e magnetica, donando grande fascino al suo Grindelwald. La caratterizzazione del Mago Oscuro, peraltro, coglie nel segno, garantendogli l’ingresso nel novero dei cattivi motivati, capaci di giustificare i loro atti criminosi con solide ragioni. Sfortunatamente, diversi elementi che lo circondano sono cliché beceri, e che a tratti rasentano il trash.

È però difficile, quasi impossibile, trovare altri elementi positivi. Il peccato originale risiede, come già accennato, nello script. La Rowling non è una sceneggiatrice navigata, e si vede. Il montaggio, di certo, non le è venuto in aiuto. Le scene si susseguono senza alcuna concatenazione logica, come tanti piccoli videoclip dal contenuto potenzialmente affascinante, ma privi di collegamenti con ciò che è venuto prima e con ciò che verrà dopo. Il ritmo è discontinuo, con accelerazioni improvvise proprio nei momenti che avrebbero meritato maggior respiro. Avvengono tante cose, forse troppe, senza il minimo tempo di rifiatare e di cogliere davvero tutte le sfumature della vicenda.

Personaggi si alternano, alla ricerca di un senso d’esistere in un coacervo di sottotrame sconclusionate e prive del benché minimo scopo. Al termine, ci si rende conto che, alla base di questo caos disorientante, non c’è alcuna sostanza. “Animali Fantastici: I Crimini di Grindelwald” è un film di raccordo, di passaggio, senza identità. La sua trama, tolte le deviazioni utili soltanto ad allungare il brodo, è riassumibile in pochissime parole. Quel che é peggio, tradisce alla radice il canone e la continuity Potteriana, a favore del colpo di scena sconvolgente a tutti i costi. Difficile capire perché la Rowling si ostini a voler esplorare terreni già battuti, e che avevano già esaurito quel che avevano da raccontare. La presenza di Nagini, in questo senso, è un esempio perfetto. Non solo le viene fornito un background assolutamente non richiesto, ma non ha alcuna utilità all’interno della trama. Le fa compagnia Nicolas Flamel, altro personaggio storico della mitologia Potteriana, inserito solo per fare l’occhiolino ai fan e ridotto a macchietta.

Tra le vecchie conoscenze, si salva Silente, ma con ampie riserve. Jude Law è sicuramente all’altezza del ruolo, ed è un giovane Albus credibile. Peccato per l’abbigliamento da impiegato del catasto che indossa, e che tradisce la sua personalità alla radice. In realtà, l’intera comunità magica si è convertita alla moda babbana. E’ dunque impossibile distinguere a colpo d’occhio la Parigi convenzionale, da quella “nascosta”. Tutto è uniforme, tutto è grigio e cupo. La Parigi de “I Crimini di Grindelwald” è identica alla New York del primo “Animali Fantastici”. Sono mutati, invece, i protagonisti. Certo, l’aspetto e i nomi sono gli stessi, ma le loro caratterizzazioni hanno subìto dei cambi radicali. Lecita l’intenzione di evolvere i rapporti e di creare contrasti nel gruppo, ma le motivazioni che li fanno scaturire sono deliranti. Peraltro, le dinamiche che si innescano mandano a monte diverse scene memorabili di “Animali Fantastici”, rendendo le future revisioni tristi e deprimenti. Come “ciliegina sulla torta”, Newt e soci non hanno alcun ruolo attivo all’interno della vicenda, limitandosi a vagare senza meta e ad essere le vittime designate di spiegoni forzati, confusi e didascalici ai limiti della parodia.

Con costernazione, è possibile denotare profondi parallelismi tra Animali Fantastici: I Crimini di Grindelwald e La Maledizione dell’Erede. Entrambe opere realizzate con l’intento di voler stupire a tutti i costi, fregandosene della coerenza interna di una saga che aveva fatto della sua semplicità il vero cavallo di battaglia. La saga di Harry Potter, forse, ha ancora qualcosa da dare. Ma non così. Non in questo modo.

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