L'ascesa e il declino di Roberto Benigni in 55 parole

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Nato a Castiglion Fiorentino nel 1952, il giovanissimo Roberto Benigni si unisce ad un gruppo di musici di strada, deciso a seguire la chiamata della musica. Non abbandonerà mai la sua compagna chitarra nemmeno in seguito, quando si distaccherà dall’ambito musicale per quello attoriale, nel 1971, anno in cui inizierà a recitare in piccole compagnie con le quali allestirà delle messe in scena con attori nuovi e rivoluzionari. Marco Messeri, Donato Sannini e Carlo Monni; quest’ultimo lo seguirà baldanzoso nella città eterna dove ad attenderlo c’è il programma televisivo Onda Libera. Qui porta in scena il personaggio di Cioni Mario con lo spettacolo “Cioni Mario di Gaspare fu Giulia”. Tanto per la cronaca, il testo gli fu scritto da Giuseppe Bertolucci, fratello minore del più famoso Bernardo e con l’incontro con il regista , Benigni arriverà a rivestire i panni dell’edipico, rozzo, comunista e toscanaccio Cioni nel film “Berlinguer ti voglio bene”, diretto dallo stesso Bertolucci. L’attore dal ’77 al 1983 partecipa al Premio Tenco, dove ha modo di farsi conoscere meglio dinnanzi ad un pubblico più vasto. Tuttavia, c’è poco da fare. “Berlinguer ti voglio bene” viene subito criticato così fortemente per i suoi toni bruschi che fanno di Benigni un icona immediatamente scomoda, birbona e rivoluzionaria. Personaggio odiato da una parte e osannato invece da quella più comunista dell’Italia di quegli anni. Il 16 giugno dell’83, durante la manifestazione della FGCI a Roma, prende in braccio il leader del partito Enrico Berlinguer. Questo evento, serve a sciogliere un poco quella seriosa formalità e carattere che i politici si portavano sempre appresso. La sua ribellione e il suo continuo stroncare la messa in scena tradizionale si fanno sempre più presenti dopo il Festival di Sanremo del 1980 e il Woitilaccio, riferito a Papa Giovanni Paolo II. Da lì in poi molte trasmissioni televisive e talk show lo vogliono ospite. Pippo Baudo sarà uno di quelli che cadrà più di una volta nelle goliardate del comico toscano –si pensi allo scambio dei pantaloni, della giacca e il bacio tra i due- ma anche altri, da Montesano, Letterman e Raffaella Carrà davanti alla quale elencherà tutti i possibili nomi dell’organo femminile e maschile; Inizia in questi anni a lavorare in alcune pellicole come “Il Papocchio” e “FF.SS.” – Cioè: “…che mi hai portato a fare sopra a Posillipo se non mi vuoi più bene?”, entrambi dirette da Renzo Arbore. Successivamente anche nel film di Marco Ferreri “Chiedo Asilo”, eppure è a teatro dove può scatenare meglio e più voracemente la sua comicità e la sua satira politica.

Dopo il successo di “Tutto Benigni 83”, per la regia di Bertolucci, Benigni è senza freno. Cosciente di essere amato dagli italiani si butta dietro la macchina da presa, e la sua prova è il film “Tu mi turbi”, che riscuote un buon successo di critica e pubblico. L’incontro con Massimo Troisi lo porta ad un successo maggiore e una fama inaspettata, data la scarna lavorazione e sceneggiatura. “Non ci resta che piangere” co-diretto nel 1984 con lo stesso Troisi, diventa immediatamente un cult pronto a durare nel tempo e nello stesso momento sbarcherà in America con il film Daunbailò di Jim Jarmush, seguito nel 1987 da “Coffee and Cigarettes” –riproposta nel 2002-  e nel  1991 da “Taxisti di notte”. Nel 1988 comincia la sua collaborazione con lo scrittore e sceneggiatore Vincenzo Cerami con il quale otterrà molti buoni risultati in campo cinematografico; a partire da “Il piccolo diavolo” altro cult movie in coppia con Walter Matthau, Johnny Stecchino” e “Il mostro”.  Benigni tornato in Italia dopo aver lavorato per anni all’estero, ritrova un paese cambiato. Se prima era stato Bettino Craxi il cavallo di battaglia per i suoi attacchi comico-politici, ora invece è Berlusconi ad essere preso di mira dal toscanaccio. Lo spettacolo “Tutto Benigni 95/96”, segna davvero l’apice della sua carriera di comico e mattatore da palco teatrale; Ancor prima di vincere l’oscar nel ’97 per lo stra premiato, anche troppo, “La vita è bella”, conquistando anche il palco di Hollywood. Fu l’unico attore, dopo Orson Welles, Woody Allen e Warren Betty, ad essere candidato nello stesso tempo e con lo stesso film ai premi come miglior sceneggiatura, miglior recitazione e miglior film. Storica la camminata sulle teste delle celebrità hollywoodiane quando venne annunciato come vincitore. Si aggiudica anche il titolo per il regista ad aver speso di più per un film Italiano. Ha spesso ben 45 milioni di euro per la lavorazione di Pinocchio, uscito nelle sale nel 2002. La pellicola però non riscuoterà il successo sperato e verrà inserita nella lista dei 100 peggiori film di tutti i tempi. L’Ultimo film che gira è “La tigre e la neve”, una storia sulla guerra in Iraq con la solita e immancabile Nicoletta Braschi e Jean Renò. Da questo momento il piccolo attore toscano perde la parlata grossa, sostituita da una vocina più gracchiante. Ritorna a fare delle comparsate e piccoli spettacoli in televisione per la quale si vende clamorosamente. Dal 2005 in poi si vede in occasioni sempre più rare; Lo spettacolo Tutto Dante, I dieci comandamenti, che porterà svariate volte in televisione sarà il suo lavoro più noto. Partito con un rivoluzionario scontro satirico e ironico, a volte un po’ blasfemo, verso la politica ma anche verso la potente chiesa cattolica, la quale, prima del suo arrivo, aveva più controllo delle reti televisive massiccio, finisce la sua carriera di attore e regista scrivendo un libro per Papa Francesco ed entrando quatto quatto verso quella visione sociale e politica che prima aveva sempre disprezzato. Diventa, come si suol dire, giullare di corte, quando Renzi era presidente del consiglio. E così, ormai da alcuni anni Benigni continua a tirare avanti, e tra i Sanremi già passati o gli altri spettacoli , si intuisce un maggiore avvicinamento a Dio, ma soprattutto alle sottane di preti e vescovi.
Come concludere senza essere troppo maligni? Basta dire che Benigni è un attore con una grande caratteristica; una veloce e complessa parlantina con la quale è difficile lottare e vincere. Quella fu la prima cosa che sicuramente lo fece avvicinare al mondo dello spettacolo e lo mantenne insuperabile per anni. Ora, la sua traversata da una sponda all’altra, è facilmente riassumibile in due parole: stanchezza e vecchiaia.