A partire dalla mezzanotte del 28 aprile su Amazon Prime Video è disponibile la prima parte – di due – di Bang Bang Baby, serie tv originale nostrana, creata da Andrea Di Stefano e liberamente ispirata al romanzo autobiografico L’Intoccabile di Marisa Merico. Tra anni ’80, luci a neon, cultura pop e malavita Bang Bang Baby è un racconto di formazione, una storia criminale che proseguirà con la seconda parte degli episodi a partire dal 19 maggio. Abbiamo visto la prima parte della stagione composta da cinque episodi e di seguito vi riportiamo il nostro parere.

Alice (Arianna Becheroni), adolescente di 16 anni vive in una cittadina del Nord Italia del 1986 insieme a sua madre Gabriella (Lucia Mascino) . La sua vita di teenager cambia all’improvviso quando scopre che il padre che credeva morto in realtà è ancora vivo ed è incarcerato. È l’inizio di una discesa agli inferi, per Alice, che per amore del padre ritrovato si tuffa nel pericoloso mondo della malavita, facendosi sedurre dal fascino del crimine. Quando cercherà di tirarsene fuori, forse sarà troppo tardi…

Bang Bang BabyPrima serie fiction italiana Amazon Original, Bang Bang Baby vede l’alternarsi di tre sceneggiatori: Andrea Di Stefano, Valentina Gaddi e Sebastiano Melloni e tre registi: Margherita Ferri, Giuseppe Bonito e Michele Alhaique che hanno collaborato per mettere in scena un adattamento del romanzo autobiografico di Marisa Merico, nipote della mafiosa italiana Maria Serraino chiamata “mamma eroina” o “La Signora” a capo della famiglia Serraino della ‘ndrangheta a Milano. Romanzo e serie decidono di percorrere un percorso simile differendo però in alcune parti fondamentali e decidendo di cambiare i nomi per adattarli ad un nuovo tipo di narrazione. Bang Bang Baby, vero e proprio racconto di formazione, viaggio di una eroina per eccellenza, segue Alice, un nome scelto non a caso, entrare non più nella tana del “Bianconiglio”, ma del nemico, un nemico all’interno della sua stessa famiglia. Ed è qui che serie e romanzo si incontrano, quando dopo la scoperta della verità sul padre, Alice farà la conoscenza di uno strambo “Cappellaio Matto“, sua nonna, Lina (ispirata a Maria Serraino) interpretata da una meravigliosa Dora Romano (L’Amica Geniale, È Stata La Mano di Dio) che tiene le fila del clan mafioso dei Barone.

In Bang Bang Baby c’è un po’ di tutto: racconto di formazione, dramma famigliare, thriller, commedia nera e una spiccata vena malinconica per i mitici anni ’80 che spruzza da ogni fotogramma. Ed è così che Alice tra un episodio di Dynasty e uno di Casa Keaton, masticando una gomma, ascoltando George Michael, inizia il suo percorso all’interno della malavita. Commistioni di genere ben calibrate fanno di questa prima parte della serie una vera sorpresa, almeno per quanto riguarda la messa in scena e le citazioni che gli autori decidono di portare. Non sarà un caso quindi notare particolari affinità con la regia di Robert Rodriguez, Oliver Stone o Danny Boyle specialmente per quanto riguarda le scene action e il contesto nelle quali vengono inserite. La stessa estetica, pregna di luci al neon, è un chiaro rimando alle atmosfere pulp, tipiche di quel determinato filone cinematografico che ha visto verso la fine degli anni ’80 l’apice del suo successo, dimostrando così che i tre registi che si sono alternati nella realizzazione degli episodi avevano bene in chiaro come mettere in scena il racconto.

Ad un’ottima messa in scena, seppur in alcuni momenti troppo forzata, va affiancata anche la riuscita prova di un cast che ha saputo dar vita a dei personaggi ben caratterizzati e ben scritti. Nonostante nel complesso questa prima parte della serie sia ben riuscita, c’è da sottolineare che non mancano alcune carenze soprattutto in fase di scrittura. L’intera serie dovrebbe essere narrata dal punti di vista di Alice che si accinge a scoprire il lato nascosto della sua famiglia. Se questa interessante caratteristica è centrale all’inizio del racconto, con il passare del minutaggio inizia ad affievolirsi quasi perdendosi nel corso delle puntate. Ad essere poco credibili subentrano poi dei dialoghi e dei comportamenti completamente fuori tempo per gli anni ’80 all’interno di un ambiente come quello proposto. Il voler a tutti costi amalgamarsi con alcuni grandi nomi della serialità contemporanea e quindi rendere il prodotto ancora più vendibile all’estero, non sempre è un’ottima strategia quando si sottrae un’identità che dovrebbe essere centrale vista la storia messa in scena, scadendo involontariamente in qualche cliché di troppo.

Bang Bang Baby quasi con approccio postmodernista racconta una storia di crescita e malavita in modo originale non privo però di alcuni traballamenti. Se la messa in scena e le interpretazioni di un cast variopinto sono la punta di diamante, perde di mordente in fase di scrittura dove alcune forzature sul tema e alcuni cliché disturbano il contesto generale. In fin dei conti risulta però un interessante racconto di formazione con un punto di vista non del tutto originale ma nuovo nelle intenzioni e nella sua realizzazione stilistica. Attendiamo di scoprire cosa ci riserverà la seconda parte della stagione!


Bang Bang Baby è una produzione The Apartment e Wildside (gruppo Freemantle per entrambe) in co-produzione con Enormous Films. La prima parte è disponibile da giovedì 28 aprile, mentre la seconda dal 19 maggio solo su Amazon Prime Video. Ecco il trailer della serie:

RASSEGNA PANORAMICA
Bang Bang Baby
7
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Classe 1995, laureato in critica cinematografica, trascorro il tempo tra un film, una episodio di una serie tv e le pagine di un romanzo. Datemi un playlist anni '80, una storia di Stephen King e un film di Wes Anderson e sarò felice.
bang-bang-baby-malavita-e-anni-80-nella-nuova-serie-italiana-di-prime-video-recensioneBang Bang Baby quasi con approccio postmodernista racconta una storia di crescita e malavita in modo originale non privo però di alcuni traballamenti. Se la messa in scena e le interpretazioni di un cast variopinto sono la punta di diamante, perde di mordente in fase di scrittura dove alcune forzature sul tema e alcuni cliché disturbano il contesto generale. In fin dei conti risulta però un interessante racconto di formazione con un punto di vista non del tutto originale ma nuovo nelle intenzioni e nella sua realizzazione stilistica. 

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