Questa settimana si è conclusa la sesta ed ultima stagione di Better Call Saul, prequel di Breaking Bad, ma che rappresenta molto di più. Questi tredici episodi ci hanno consegnato solo gli ultimi pezzi del puzzle che collegano Jimmy McGill a Walter White, ma anche quello che mancava per rendere effettivamente perfetto il mosaico creato da Vince Gilligan e Peter Gould in questi quattordici anni.

Quando nel 2008 andò in onda il primo episodio di Breaking Bad, AMC non poteva ancora immaginare cosa avesse tra le mani e come lo studio anche il pubblico, che ne è stato in fretta catturato. Nella serie originale abbiamo seguito la trasformazione di Walter White (Bryan Cranston) da professore di chimica delle superiori a spietato capo di un impero della droga, ed insieme a lui abbiamo seguito la storia del suo collega Jesse Pinkman (Aaron Paul), del loro avvocato, Saul Goodman (Bob Odenkirk), dei loro familiari e dei nemici come l’incredibile Gustavo Fring (Giancarlo Esposito). Una storia che all’apparenza era molto semplice, un tuffo nel lato oscuro di una persona qualunque con talenti straordinari e sprecati, che però ha saputo creare un universo narrativo impeccabile. Universo narrativo che è stato ulteriormente espanso prima con Better Call Saul e poi con El Camino. Entrambi, prodotti che a loro modo hanno aggiunto al mito della serie originale, giocando sulle aspettative e sulle emozioni, in maniera impeccabile e poetica. Ma andiamo con ordine.

Better Call Saul

La stagione riparte esattamente dal finale della quinta, in cui Nacho (Michael Mando) sta scappando dalla villa di Lalo Salamanca (Tony Dalton) dopo avergli teso un agguato per ordine di Fring (Giancarlo Esposito). Nel mentre Jimmy (Bob Odenkirk) e Kim (Rhea Seehorn) sono tornati alla loro vita normale, e possono quindi tornare a preparare insieme il loro grande piano contro Howard Hamlin (Patrick Fabian). I coniugi non sanno però ancora quello che li aspetterò, perché il prezzo da pagare per le bugie e gli intrighi è sempre alto nel mondo degli avvocati così come in quello del cartello.

Better Call Saul è sempre stato un programma atipico anche per quello a cui la televisione moderna ci ha abituato dopo Breaking Bad, questo sin dalla sua prima stagione, ma la sesta ed ultima evolve ulteriormente questa peculiarità, disorientando lo spettatore fin dall’inizio. La sesta stagione aveva probabilmente il compito più difficile di tutti, riuscire a rispondere a tante domande, che lo stesso show aveva creato e che potevano in qualche modo anche ripercuotersi sulla stabilità stessa dell’universo creato da Gilligan e Gould. Come ha fatto Jimmy a diventare Saul? Perché Saul non ha mai menzionato Kim in Breaking Bad? Come fa Jimmy a portare avanti una vita così tranquilla ed ordinaria in Nebraska? Alcune domande più di altre come quella relativa alla trasformazione sono il motivo per cui esiste lo show, le altre sono un contorno, un piccolo pezzo di un puzzle che, per quanto già definito dalla serie madre, aveva ancora dei bordi da raffinare, ed è proprio questo che Better Call Saul nelle sue sei stagioni fa brillantemente. Compone il bordo di un puzzle di cui abbiamo già alcuni pezzi centrali, in maniera da rendere più viva e coerente la narrazione e mettendo in luce aspetti dei personaggi come Saul, Gus e Mike che non abbiamo conosciuto tanto nella serie originale e ne approfondisce altri come Kim, Howard, Chuck McGill.

Better Call SaulMa effettivamente cosa rende Better Call Saul così diversa dalla serie madre, ma allo stesso tempo una parte integrante di un universo che ci ha accompagnato per quattordici anni? E’ presto detto, la genialità dei suoi autori. Vince Gilligan e Peter Gould, i due geni dietro a Breaking Bad, riescono anche con questa serie a fare l’impossibile, disorientare lo spettatore ma anche intrigarlo. La serie con protagonista Jimmy McGill inizia come il più tipico dei legal drama, seguendo la carriera da avvocato di Jimmy che ancora non era diventato Saul, il suo rapporto con il fratello Chuck, con la donna che ama Kim Wexler e con i propri colleghi. Le prime stagioni di questo spin off prequel fanno da cornice ad una storia che si muove sotterranea, introducendo personaggi a noi sconosciuti mentre altri a noi molto familiari si stanno avviando a diventare quelli che già abbiamo conosciuto, su tutti Saul/Jimmy e Mike, interpretati rispettivamente dai sempre magnifici Bob Odenkirk e Jonathan Banks. Le prime tre stagioni servono a mettere in contatto prima Saul e Mike, e poi giocano sui non detti, introducendo personaggi che ora fanno parte del tessuto dell’universo narrativo come Nacho, Kim e Chuck McGill. Sono proprio i personaggi che fin ora non conosciamo ad essere un po’ le co-star delle prime tre stagioni della serie, su tutti i due lati della vita privata di Jimmy, ossia la sua amata e suo fratello. Kim Wexler (Rhea Seehorn) e Charles McGill (Michael McKean) con le loro storyline aggiungono un tassello molto importante per la vita di Saul: la famiglia. Vedere il sempre più presente ruolo di Kim negli imbrogli di Jimmy è interessante perché mostra un altro lato importante che Gilligan e Gould inseriscono nei proprio prodotti, ossia il rapporto con il partner in crime inconsapevole e poi sempre più catturato dalle parole del proprio fidato amico/mentore/amante. In tutto questo poi si andava ad inserire Chuck McGill, un uomo distrutto che, se per un momento poteva rappresentare un elemento positivo e buono nella vita di Jimmy, ne diventa in fretta un catalizzatore di odio e il principale fattore di reazione che porta alla trasformazione in Saul Goodman.

Ovviamente però, la ciccia arriva con l’introduzione di Gus Fring, interpretato da Giancarlo Esposito, e la rivalità/odio che prova verso il cartello, con un Saul Goodman sempre più disposto ad attraversare un confine labile in termini di legalità per guadagnare. Con il giro di boa della serie, ossia la quarta stagione, il legal drama inizia a mischiarsi con l’elemento criminale, che ne diventa una parte molto importante e che inghiotte lentamente tutti i personaggi, prima Saul e Mike, poi Kim ed infine tutto il loro piccolo mondo. Per anni, chi seguiva la serie con regolarità era in attesa dell’effettiva entrata in scena dell’Uomo dei polli e che il cartello prendesse così un ruolo più centrale, ma proprio l’attesa stessa ha reso quel momento non solo grande, ma anche completo e affine al percorso dei personaggi. L’introduzione di Gus Fring, il ritorno di personaggi legati al cartello da BrBa non sono un elemento di fanservice, sono una parte importante e centrale della serie, e tutto ciò non sarebbe potuto essere viabile se non fosse stato per le prime tre stagioni. Gilligan e Gould sapientemente hanno prima costruito il loro piccolo sotto-universo e poi lo hanno aperto alle tempeste di meteoriti. Better Call Saul dunque, già dall’inizio, dimostra come non è per nulla interessato al fanservice, e che quando lo vuole fare ha sempre un fine ed anzi è proprio in servizio alla storia e non al semplice fatto di farlo per alzare gli ascolti.

La stagione finale di Better Call Saul è la conferma, come se le altre non lo fossero già abbastanza, che si può mischiare i generi, senza sacrificare i personaggi e le loro storie personali. La storia di Saul e Kim è parte integrante dello show così come quella di Lato, Gus e Mike. La capacità di mischiare le due parti dello show è ancora più evidente nel midseason della sesta stagione in cui la vicenda legale viene stravolta dall’elemento criminale, segnando ancora di più la vita di Saul e di Kim. Sarà proprio quel momento a fare da catalizzatore per gli eventi che porteranno definitivamente alla creazione di Saul Goodman come lo conosciamo, sarà quel catartico incidente che distruggerà definitivamente Jimmy e consegnerà Saul alla vita. Eppure proprio quel momento è anche uno dei più sentimentali dell’intera serie perché il fulcro non diventa più l’atto criminale quanto le ripercussioni che avrà sul rapporto tra Saul e Kim, rapporto che nonostante tutte le trasgressioni dei due, ed il loro essere ben lontani da esseri umani perfetti, ci fa dispiacere perché ci mostra qualcosa che si rompe, qualcosa di buono a cui sia i personaggi che gli spettatori si erano affezionati e che viene perso per sempre. Perché convivere con una tragedia è possibile, ma ignorare, dimenticare tutto è impossibile e ciò viene splendidamente riassunto proprio dagli sguardi dei due coniugi, nonostante Saul tenti ancora di convincersi che si possa dimenticare. Ma dimenticare è impossibile e quella scena, lo dimostra con una grande potenza visiva. Se non è splendido storytelling questo, cos’è?

Un giorno ci alzeremo, ci laveremo I denti, andremo a lavoro. E ad un certo punto, di colpo, realizzeremo che non ci abbiamo pensato per nulla. E sarà in quel momento che sapremo, che possiamo dimenticare.

Better Call Saul

Ma quel momento non avrebbe lo stesso effetto se non fosse stato stupendamente costruito e recitato alla perfezione da Bob Odenkirk e Rhea Seehorn, i due sono perfettamente in parte, i loro sguardi, il tono di voce, la gestualità, tutto è perfetto. Proprio per questo le parole di Kim a Saul e tutto quello che viene dopo fa male a loro quanto allo spettatore, perché alla fine Better Call Saul è questo, una serie che parla di conseguenze, e di come forse in fondo, nonostante tutti i sotterfugi e le bugie, anche noi spettatori ci eravamo fatti imbambolare dalla parlantina veloce e sagace di Saul Goodman, anche noi eravamo caduti in quella trappola. Ma non è solamente questo a rendere la sesta stagione perfetta televisione, ad aggiungere la ciliegina sulla torta e chiudere il cerchio sono gli ultimi episodi ambientati nel presente, che non solo ci mostrano le conseguenze di Breaking Bad per Saul/Jimmy, ma anche rompono l’illusione che lui sotto sotto non avesse voluto tutto questo. Jimmy non è mai cambiato, lui stesso lo ammette e quando lo fa abbiamo l’ennesima prova da attore magistrale di Odenkirk e anche la prova di come questa serie non sia solo uno spin off ma la conclusione, l’ultimo tassello di questo universo, che ha dato tanto alla televisione quanto al suo pubblico. Tutto ha un prezzo, non importa quanto tu sia disposto a pagarlo, presto quello che dai riceverai ed è così che si conclude questo universo, non con un’esplosione, non con un colpo di pistola, ma con un muro, due sigarette e due persone che si sono amate, ma non abbastanza per scappare alla natura umana.


Tutte le stagioni di Better Call Saul, Breaking Bad e il film El Camino sono disponibili su Netflix. Di seguito il trailer dell’ultima stagione della serie:

RASSEGNA PANORAMICA
Better Call Saul: Stagione 6
10
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Sono Luca, fin da piccolo mi sono interessato ai fumetti e successivamente alle serie tv, quando mi è stata data la possibilità di parlare delle mie passioni mi sono ficcato in questo progetto. PS: Ryan Ottley mi ha chiamato Tyrion non ricordandosi il mio nome.
better-call-saul-stagione-6-la-fine-di-un-grande-mosaico-perfetto-recensioneBCS è questo una serie che parla di conseguenze, e di come forse in fondo nonostante tutti i sotterfugi e le bugie, anche noi spettatori ci eravamo fatti imbambolare dalla parlantina veloce e sagace di Saul Goodman, anche noi eravamo caduti in quella trappola. Ma non è solamente questo a rendere la sesta stagione perfetta televisione, ad aggiungere la ciliegina sulla torta e chiudere il cerchio sono gli ultimi episodi ambientati nel presente, che non solo ci mostrano le conseguenze di Breaking Bad per Saul/Jimmy, ma anche rompono l'illusione che lui sotto sotto non lo avesse voluto tutto questo. Jimmy non è mai cambiato, lui stesso lo ammette e quando lo fa abbiamo l'ennesima prova da attore magistrale di Odenkirk e anche la prova di come questa serie non sia solo uno spin off ma la conclusione, l'ultimo tassello di questo universo, che ha dato tanto alla televisione quanto al suo pubblico. Tutto ha un prezzo, non importa quanto tu sia disposto a pagarlo, presto quello che dai riceverai ed è così che si conclude questo universo, non con un'esplosione, non con un colpo di pistola, ma con un muro, due sigarette e due persone che si sono amate, ma non è stato abbastanza. 

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