BoJack Horseman – C’è del marcio a “Hollywoo” (feat. FreddyPingus)

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La storia dei cartoni animati, quelli che noi chiamiamo elegantemente “serie animate”, è lunga e travagliata: siamo partiti da semplici ma brillanti lavori come La Linea di Osvaldo Cavandoli, I Fratelli Dinamite di Nino Pagot o i lungometraggi del mitico Bruno Bozzetto (tutti orgogli italiani) fino ad arrivare agli ultimi anni, in cui abbiamo assistito ad un vero e proprio boom del genere animato.

BoJack Horseman
Bruno! Chi, io?

Ebbene sì, in questo periodo le serie animate, da prodotto di nicchia quale erano, sono state soggette ad un vero e proprio processo di massificazione: basti pensare a titoli che hanno spianato la strada al genere, come Adventure Time – una sorta di The Legend of Zelda in chiave psichedelica – o Samurai Jack, fino ad arrivare a titoli odierni come Gravity Falls – praticamente la versione Disney di Twin Peaks con un tocco di X-Files – e Rick & Morty… e la lista potrebbe proseguire a lungo. Ormai le serie animate sono prodotti completi, ognuno col proprio stile e le proprie personali ispirazioni, capaci di intrattenere ogni sorta di pubblico ed andare a competere con i tanto acclamati show “in live action”, traghettandoti, nel frattempo, in mondi nuovi e inaspettati.

BoJack Horseman
Non lo ringrazieremo mai abbastanza.

Le serie animate specificamente ideate per un’audience adulta, però, corrono un rischio: mentre da un lato possiedono infatti un obiettivo fascino cinico e proibito, dall’altro rischiano di apparire come copie un po’ kitsch dei vari cult del settore – per capirci, South Park o I Griffin.
Se l’opera di cui parleremo oggi, ad una prima occhiata superficiale, può sembrare far parte della categoria appena citata, basta uno sguardo più approfondito, un po’ di curiosità in più per scoprire che questa serie è di tutt’altra pasta. E che pasta, tra l’altro.

Sì, avete capito bene… Benvenuti ad Hollywoo.

Bojack Horseman

Distribuito per la prima volta da Netflix nell’agosto 2014, BoJack Horseman è un’invenzione di Raphael Bob-Waksberg, che ha fatto parlare molto di sé, sia per la propria scorrettezza che per la propria innata capacità di guardare in faccia alla società moderna senza riserve. Per ora sono state prodotte tre stagioni e siamo al momento in attesa della quarta, in programma nell’estate 2017.

BoJack Horseman
“Sono Batman!”

Se Bob-Waksberg è stato sostanzialmente uno sconosciuto finora, col successo riscosso dal suo progetto ho l’impressione che sentiremo sempre più parlare di lui – tanto che è stato scritturato per il sequel di The Lego Movie.
Se quello del creatore può sembrare un nome anonimo, non altrettanto si può dire della maggior parte del cast coinvolto: al doppiaggio dei personaggi principali troviamo Will Arnett (The Lego Movie), Amy Sedaris (Strangers with Candy), Alison Brie (Mad Men), Kristen Schaal (Gravity Falls)… e, direttamente da Breaking Bad, Aaron Paul. Eh sì. Lo ripeterò un’altra volta: Aaron Fuckin’ Paul! Si capisce che fanno sul serio.

BoJack Horseman
Mr. Bob-Waksberg

Inoltre, moltissime vere e proprie star di Hollywood si sono prestate per dar voce a vari personaggi secondari: da Lisa Kudrow a Stanley Tucci, da J.K. Simmons a Olivia Wilde (special guest: direttamente dal Late Show, Stephen Colbert, di cui abbiamo già parlato in uno special).
Insomma, tornando a noi, i nomi celebri sono tanti. Ma attenzione! L’equivalenza “attori famosi = qualità” non è sempre scontata, anzi (vedi Foodfight). E sono infatti tanti altri gli aspetti che rendono BoJack Horseman una serie di punta capace di coinvolgere lo spettatore non solo sul piano del mero intrattenimento, quanto anche sul piano emotivo.
Partiamo dal principio. Quale è la prima cosa che sentirete della serie? Esatto, la sigla, quella composta da Patrick Carney, batterista dei The Black Keys.

“Eh sì, se aveste appena ascoltato questa versione estesa capirete di cosa stia parlando. Un cavallo di mezza età che si sveglia (con un certo scazzo) e si alza dal letto. Subito viene sommerso dai suoi mille problemi. Il passato che continua a tormentarlo, così come le sue scelte errate, la continua pressione del voler tornare ad essere famoso a tutti i costi, il voler piacere a tutti, gli sforzi per rientrare in uno star system corrotto e che porta all’autodistruzione. Tutto ciò che rimane da fare è nitrire. Nitrire come mai prima d’ora, per mostrare le frustrazione, le paure e per tentare di scacciare i demoni che vivessero al vostro domicilio (e vi stessero svuotando il frigo)”.

Parlare della trama di BoJack Horseman non è affatto una questione banale, anzi: mentre da un lato non voglio raccontare troppo per evitare eventuali spoiler, dall’altro domina la voglia sconfinata di rivelare ogni singolo dettaglio brillante e interessante. Cerchiamo di partire dal principio.

BoJack Horseman
La famiglia al gran completo.

Negli anni Novanta, nel mondo della serie, esisteva una sitcom chiamata Horsin’ Around (letteralmente, in italiano, “Cavalleggiando in giro”).

(Premessa fondamentale prima di proseguire: l’universo di BoJack è abitato da animali antropomorfi e umani che vivono in armonia…il motivo? Bella domanda. Appena possibile lo chiederò a Mr Bob-Waksberg!)

Ma riprendiamo a parlare di Horsin’ Around: la trama di questa situation comedy segue la vita di un cavallo single che si prende cura di tre piccoli orfani umani. Scritta in maniera piuttosto ignobile, la serie si basa su ironia spicciola e sentimentalismo affettato e forzato. Nulla che non si sia mai visto in un Full House (il debutto delle gemelle Olsen Ashley e Mary-Kate) o in un Otto Sotto un Tetto.
La star protagonista della sitcom è BoJack Horseman, un giovane attore – non troppo talentuoso, a dirla tutta – in cerca di fama. Passano gli anni e siamo catapultati nell’era moderna, 2014, dove un giornalista è intento ad intervistare BoJack e gli pone questa semplice domanda:


“BoJack, cosa hai fatto in tutti questi anni?”

BoJack Horseman

BoJack non sa bene come rispondere. E come biasimarlo? La verità è che il suo tempo lo ha passato tra qualche striscia di cocaina, intere casse di birra – è un cavallo, può bere molto – ed un’occasionale sveltina con la ex fidanzata gatta. Ora come ora, però, si sta occupando di scrivere la sua autobiografia.

BoJack HorsemanQuesta è l’introduzione a BoJack Horseman, un personaggio tragico ed assetato di fama (e non soltanto quella…) intorno al quale orbitano una serie di figure ognuna con una diversa storia da raccontare.

Ad esempio nella prima stagione vediamo il nostro protagonista alle prese con la propria autobiografia (e la sua ghost writer personale); nella seconda, invece, sarà impegnato nella produzione di un biopic a cui terrà particolarmente, mentre nella terza cercherà in tutti i modi di giocarsi un posto agli Oscar (gareggiando contro quei simpaticoni di Clooney, Pitt e Di Caprio).

Un altro aspetto pieno di dettagli e sfaccettature che dà davvero un cambio di passo a questo show sono i personaggi, ognuno a proprio modo tridimensionale, anche se spesso presentato allo spettatore quasi in maniera caricaturale e stereotipata, appositamente per creare un’atmosfera grottesca perfetta per il black humor.

BoJack Horseman
Il cast principale.

Lasciamoci BoJack per ultimo come ciliegina sulla torta e partiamo con Todd, ad esempio: a primo acchito, chiunque penserebbe che si tratti della classica “spalla comica” – per dirla all’inglese, “comic relief” -, ma la sua personalità nasconde molto di più. Ragazzo semplice ed ingenuo che vive sul divano di BoJack, Todd Chavez (già) nasconde un’inventiva incredibile, talvolta sfruttata nelle maniere peggiori, talvolta invece capace di dar forma ad idee brillanti ed innovative. È proprio grazie al suo spirito di iniziativa, condito con una buona dose di ottimismo, che Todd riesce ad essere amico fidato ed onesto di BoJack, illuminandolo con la sua candida e quasi banale saggezza.

BoJack Horseman
Ecco Sarah L…un attimo!

Incredibilmente interessante risulta anche Princess Carolyn, gatta antropomorfa agente di BoJack (e sua ex), attaccata alla sua carriera con zampe e artigli – battuta pessima, ve lo concedo – e con un’ambizione fuori misura. Ma in lei c’è più di questo: il desiderio di stabilità, l’incapacità di mostrare appieno i propri sentimenti… tutte queste frustrazioni che si palesano nel suo modo di fare, all’apparenza cinico e sarcastico, funzionale a nascondere la vera lei, quella altruista, quella capace di tutto pur di far star bene gli altri. Forse perché è anche l’unico modo che ha per star bene con se stessa?

Passiamo poi a Sarah Lynn, una delle co-star di BoJack in Horsin’ Around: da bambina quale era durante le riprese della sitcom, Sarah cresce per diventare una pop star dedita unicamente al tristemente attuale “culto del corpo”. Ecco che proprio nel suo personaggio vediamo la perfetta metafora – e puntuale critica – della mercificazione che molte “baby-star” subiscono pressoché passivamente, senza neppure rendersene conto, divenendo oggetto di mercificazione sessuale e veicolo di messaggi ambigui. Una tematica attuale ed agghiacciante, che BoJack Horseman tratta senza alcun filtro, se non quello dell’ironia, quasi macabra, che non fa che rendere il tutto ancora più crudo e difficile da accettare.

Ed infine, BoJack Horseman. L’antieroe per eccellenza. Un personaggio maledetto che continua a lottare contro i propri demoni, la propria superbia e i propri vizi. Un cavallo in cui per un secondo ti rivedi e rispecchi, e poi, un istante dopo, l’immagine torna sfocata e non lo riesci più a riconoscere: le sue azioni sono imprevedibili, guidate da istinti ambigui ed incomprensibili. Affascinanti e deprimenti al tempo stesso, tanto che alla fine di molti episodi ci si trova a guardare lo schermo nero della televisione con la bocca aperta ed un peso all’altezza del petto, domandandoci: ma cosa diavolo ha fatto BoJack?

BoJack Horseman
Non ce li siamo dimenticati!

Nonostante tutto, ciò che rende unica questa serie è la mole di temi trattati e la profonda ironia con cui viene analizzata la società odierna. BoJack, assieme a Wall-E della Pixar o Amici Miei (di Mario Monicelli), può essere considerato uno dei prodotti artistici di maggiore valore satirico dell’ultimo secolo (e mezzo).
Specialmente in Italia è normale e sacrosanto che una serie del genere faccia così tanto scalpore. Negli ultimi anni, nel nostro bel paese, la satira è mancata quasi del tutto. Non abbiamo alcun Woody Allen, John Oliver, David Letterman militanti! Siamo in una situazione così disperata da esserci autoconvinti che la comicità reazionaria di Maurizio Crozza (portata alla caricatura, al fare il verso e ad un ridere privo di significato) sia considerabile come satira!
Potrei spendere pagine intere a spiegarvi la differenza tra satira e “sfottò reazionario”, ma lascerò che un gran maestro, purtroppo venuto a mancare molto di recente, vi spieghi questo concetto:

“Attento, ché giocare esclusivamente sulla pura caricatura legata a un personaggio, anche a un uomo politico, che è grasso, piccolo, magro, magari ha la gobba, magari si intartaglia, magari è sporco, oppure è laido, oppure parla con una determinata voce… non realizza niente. Questo è soltanto far fare una risata fine a se stessa, ma se non c’è la dimensione morale, se attraverso la satira non riesci a far capire il significato opposto delle banalità, dell’odio, dell’ipocrisia, soprattutto, e della violenza che ogni potere esprime e porta addosso ai minori… beh, il tuo ridere è vuoto. È proprio lo sghignazzo ventrale e non quello, appunto, dello stomaco e dei polmoni”.
-Dario Fo, 2001
BoJack Horseman
Citazioni, citazioni everywhere!

Ma dove viene applicata con grande efficacia l’ironia tutt’altro che politically correct di BoJack? Beh, in tanti, tantissimi settori: abbiamo già citato lo sfruttamento e mercificazione delle star bambine (o delle boy band), il trattamento riservato agli attori oppure la scarsissima libertà espressiva riservata ai registi. E trattando questo ultimo punto è impossibile non citare Kelsey Jannings, regista indie e politicamente impegnata che si trova a dirigere un film con BoJack nella seconda stagione, ma che si vedrà continuamente le ali tarpate dalla produzione, che vede il cinema solo come un mezzo da monetizzare e non tanto uno strumento d’arte.

BoJack Horseman
Stranger danger! Stranger danger!

Un altro tema che scava a fondo nell’arroganza di alcune scelte di BoJack è quello della celebrità. In quanti film e serie hanno trattato questo argomento, mostrandone ogni piega più marcia ed oscura? Mi viene in mente il recente Birdman di Iñárritu, dove il mondo dei vip è presentato come distorto, capace di cambiare le persone e renderle la versione peggiore di sé. Solo che mentre il protagonista di Birdman, Riggan Thomson, vuole scrollarsi di dosso l’idea che gli altri hanno di lui, quella di attore di serie B, BoJack ci si crogiola, beandosi della nostalgia degli anni andati quasi in maniera ossessiva (con innumerevoli rewatch di Horsin’ Around). Non gli interessa riscattarsi e, anche quando ci prova, sembra sempre che qualcosa continui a trascinarlo verso il basso. Ne è triste e depresso, eppure non riesce comunque ad allontanarsi da questo circolo vizioso: la celebrità lo ha maledetto, non solo con sesso, droghe ed alcol, ma soprattutto mettendo a nudo ogni aspetto della sua personalità più deprecabile ed egocentrico. Questo aspetto, sebbene presentato con un’ironia cinica e brillante, risulta di una crudezza disarmante, che non può non scioccare e lasciare attonito lo spettatore. Ti fa pensare, che è un po’ ciò che ogni buona serie dovrebbe fare. L’intero tema potrebbe essere sintetizzato da questa citazione della stessa Kelsey:

“He got famous in his twenties, so he’ll be in his twenties forever.
After you get famous, you stop growing, you don’t have to.
Every celebrity has an age of stagnation”.

BoJack Horseman
Ah, dimenticavo l’omofobia. Povero gay Herb.

Non mancano nemmeno episodi interamente dedicati ad altre tematiche delicate. Penso ad esempio a quello sull’aborto e la libertà di scelta, sul bigottismo americano riguardo le truppe, sulla stessa natura dei reality show o dei giochi a premi. Davvero impossibile citare ogni singolo episodio interessante, ottimo lavoro!

A livello di puro umorismo, invece, possiamo dire che l’elemento satirico di BoJack si mescoli perfettamente ad una buona dose di ironia e cinismo, che rendono lo show irresistibile. Nei primi episodi la formula sfruttata era molto “in stile Griffin” e cioè con episodi lineari, basati per lo più su flashback, ma poi la cosa si è decisamente evoluta: molti cliché vengono distrutti, senza timore di cadere nell’assurdo, se non quasi nel nonsense.
Un solo dettaglio fa storcere il naso: spesso, nella transizione tra una scena ed un’altra, lo show fa leva su degli sketch abbastanza naïf, quasi di cattivo gusto, che si basano unicamente sulla natura antropomorfa dei personaggi dell’universo della serie. Per farvi capire, nel primo episodio, letteralmente dal nulla, un procione spunta da un cesto dell’immondizia, in una battuta piuttosto squallida e fine a se stessa, funzionale unicamente a dare la possibilità di passare ad una nuova sequenza. Scelta di dubbio gusto, può funzionare solo in determinati casi, strappando comunque una risata (la battuta sulle sardine della 3×04).

Che dire invece del lato audio? Tralasciando le ottime sigle di apertura e chiusura (davvero molto orecchiabili) il resto delle tracce fa il proprio lavoro di accompagnamento, nelle scene normali o più concitate, da riempitivo tra una scena e l’altra e così via. Sono davvero pochi i momenti in cui la musica proromperà e cercherà di rendere ancora più unica la scena. L’episodio “Escape from L.A.” ne è un buon esempio.

BoJack Horseman
Come non detto.

Per quanto riguarda la parte tecnica (disegni e animazione) non si può dir molto. I disegni non hanno particolari ambizioni estetiche, tanto da apparire quasi delle vignette (scelta voluta). Certo, in alcuni punti clou della serie si raggiungono picchi altissimi (come se gli animatori avessero d’un tratto assunto dell’LSD). In pratica le scene di maggior importanza sono gestite con gran gusto. Non mancano nemmeno momenti in cui, grazie a questo stile di disegno semplice e accattivante, scene sulla carta disturbanti, risultino ancora più d’impatto (guardate l’intro della seconda seconda stagione o la fuga con barca di Bojack per averne un esempio). In particolare è interessante notare come siano i sogni (incubi, allucinazioni), tema ricorrente di quel drogato di BoJack, ad avere una cura particolare, con colori ed effetti capaci di tenere incollati allo schermo. Per il resto del tempo non assistiamo ad un’animazione particolarmente eccelsa. Per certi versi, stilisticamente parlando, può ricordare molti prodotti animati su youtube. Se avete già visto le serie di Johnny Echo (come Prostitute Mickey) o simili come Dino Yacht Club o Llamas with Hats, allora avrete in mente il genere. In una parola? Funzionale.

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Una citazione la merita anche la versione italiana dello show, realizzato con grande cura e doppiatori molto azzeccati. A partire dalla calda voce di Fabrizio Pucci nei panni di Bojack stesso, Chiara Gioncardi nei panni di Diane Nguyen o Massimo Bitossi in quelli di Mr. Peanutbutter (il “clone” buono di Bojack). Certo, alcuni “pun” e battute non rendono a dovere, ma questo è un difetto di molti adattamenti, che purtroppo non possono mantenere al 100% il senso dell’originale. Unica nota stonata in tal senso: alcuni doppiatori ricordano un po’ l’effetto Marshall Eriksen di How I Met Your Mother e, cioè, fanno apparire dei personaggi come molto più caricaturali e macchiette di quanto davvero non siano.

Bojack Horseman
Un possibile crossover?

Per concludere, cosa si può dire di questa serie? Negli oltre trenta episodi proposti finora da Netflix, BoJack Horseman ha decisamente convinto, classificandosi secondo molte liste come una delle migliori serie animate di sempre. Attraverso le tematiche trattate, i personaggi tridimensionali ed il grande sarcasmo, BoJack riesce a catturarti e difficilmente ti lascia indifferente, il che è un bene.
Certo, molti di quelli che hanno letto questa recensione sicuramente avranno già concluso la serie, ma ci saranno anche coloro che potrebbero averla abbandonata dopo i primi episodi, obiettivamente sottotono. Per queste persone abbiamo un consiglio: andate su Netflix, cercate BoJack Horseman e guardate la 3×04. Si tratta di un episodio muto e completamente scollegato dal resto dello show -per cui esente da spoiler-, ma di grandissimo valore esecutivo ed emotivo. Dopo aver visto quello, vi sarà difficile resistere.
Insomma, in conclusione… siete pronti o no per fare questo viaggio tra le pieghe più oscure di “Hollywoo”?

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