Chris Ware – Disegnare è un modo di pensare

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Venerdì 25 novembre tra gli appuntamenti del BilBolBul, festival internazionale del fumetto di Bologna, si è tenuto un incontro in compagnia di Chris Ware, moderato da Francesco Pacifico, in occasione dell’inaugurazione della prima mostra a lui dedicata.

Affermato fumettista americano, Franklin Christenson Ware, nasce il 28 Dicembre del 1967 ad Omaha, Nebraska. Città da cui fu costretto ad allontanarsi molto presto per trasferirsi con la famiglia in Texas, ma che ritroviamo costantemente nei suoi lavori :” Nonostante il tenero richiamo che Omaha esercita su di me, sono sicuro che se fossi cresciuto in Texas e mi fossi poi trasferito in Nebraska a quindici anni avrei avuto nostalgia dei lecci e delle rocce del deserto e delle sue chiacchiere pigre, e ora starei lavorando a una storia ambientata in un simulacro di scuola e quartiere texani”1.
Autore, non molto prolifico, è ben conosciuto per la rivista a fumetti Acme Novelty Library (dal 1993), dove fu inizialmente pubblicato ad episodi Jimmy Corrigan: The Smartest Kid on Earth (edito da Coconino in Italia), insieme a Rusty Brown e Bulding Stories, in alcune sue parti.
Dal tratto ben definito, con una cura maniacale per la geometria nelle tavole, il suo stile si ispira ai fumetti dei primi anni del ventesimo secolo come Little Nemo di Winsor McCay, esplorandone nuovi livelli di narrazione.

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La conferenza si è svolta in un’ aula di lettere e beni culturali in cui si faticava a trovare posto, non tanto per le dimensioni della sala, ma per il numero di persone presenti. Chi seduto sui banchi, chi sui gradini o per terra, chi in piedi, insomma: era completamente piena. Tra i tanti erano presenti soprattutto studenti dell’accademia intenti a disegnare sui loro quaderni. Nella stanza si respirava un’ aria impregnata di creatività… oltre che di sudore.
Da subito si è percepito un certo imbarazzo da parte dello scrittore Francesco Pacifico di fronte a Chris Ware, per il difficile compito di moderare un’incontro così importante, da lui più volte ribadito. Del resto, chi non lo sarebbe?
Per iniziare è stato chiesto a Ware se il suo metodo di lavoro fosse cambiato nel corso degli anni. L’autore ha risposto dicendo che :” Il mio metodo non è mai cambiato perché (scherza) ho sempre scritto gli stessi fumetti”. Continua aggiungendo che il suo lavoro è scandito sulla routine della sua famiglia: porta la figlia a scuola , torna a casa, lavora e va a riprendere la figlia. Il processo di creazione della tavola è tutto mentale: “ cerco di trasporre su carta, più fedelmente possibile, le immagini presenti nella mia mente così come fa uno scrittore quando deve raccontare qualcosa, ma più nel dettaglio perché devo rappresentarlo graficamente”.
Vengono poi proiettati una serie di sketch dell’autore, raffiguranti volti e figure umane alla fermata del bus, dove lo stile di Ware appare molto diverso da quello a cui siamo abituati a vedere nelle sue storie, molto meno realistico. L’autore spiega che lo schizzo è diverso dal raccontare una storia. Quando hai il soggetto di fronte devi semplicemente riprodurre quello che vedi, mentre se stai scrivendo una storia devi ricordare e scavare nella mente, è un processo completamente differente. Come cantare e parlare, sono simili, ma diversi. Più il disegno è descrittivo e meno ti aiuta nel racconto. Deve essere trasparente come l’acqua che mi permette di vedere cosa c’è dietro. ”Comics is an art of reading , not of seeing” , ovvero “ Il fumetto è un arte da leggere, non da vedere “.
Chris ci ha poi spiegato il motivo delle sue tavole così ricche di vignette. Il suo intento è quello di ricreare un’ idea di ritmo all’interno del fumetto. Scandire il tempo vignetta per vignetta, ricreando nella mente del lettore i suoni dalle azioni rappresentate, come se venissero riprodotti veramente. Le pause, i silenzi, ci permettono anche di capire meglio la profondità di un personaggio, fino al punto di percepirne l’onestà nelle conversazioni. 

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Fig. 1

Pacifico si sofferma su una tavola in particolare di Jimmy Corrigan [Fig 1.] in cui Ware, con dei soli paesaggi urbani, sembra aver aver detto tutto quello che c’era da dire. Poi giri pagina e ti trovi papier lunghissimi, quasi come se facessero parte del disegno stesso e non da leggere, ma da osservare. L’obiettivo di Chris è quello di raffigurare il nostro modo di ricordare per immagini. Quando ci stendiamo sul letto e pensiamo, veniamo bombardati da immagini nella nostra mente. Ci viene in mente quello che abbiamo fatto durante il giorno, passando a quello che faremo domani, per poi rimuginare su quello che  è successo giorni fa. Un turbinio di visioni tra passato, presente e futuro.

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Fig. 2

Si è poi parlato di razzismo nei comics, partendo da un’ immagine (Fig. 2) apparsa su Acme Novelty Library nel 2008. Una denuncia esplicita nei confronti delle torture a Guantanamo, ripresa da una pubblicità degli anni 50 dove una classica famiglia bianca invitava i ragazzi di colore, sporchi e sudati per il duro lavoro nel giardino, a bere un caffè dentro casa “Hey fellas, how about a break?”. Ware ci tiene a dire che l’arte del fumetto è estremamente radicata nel razzismo. Basti pensare che in passato le minoranze etniche venivano ridicolizzate con il disegno. Ora i comics hanno superato queste forme di disparità razziale concentrandosi sul personaggio, indipendentemente dal colore della pelle, che possa rappresentare e creare empatia con il lettore.
C’è stato modo di parlare anche dei suoi colleghi e amici, Daniel Clowes e Charles Burns, per i quali ha dichiarato di provare una profonda ammirazione e stima: “non riuscirò mai a diventare bravo come loro “, dice. Tutti disegniamo, quando conversiamo con una persona notiamo ogni particolare del viso: il colore degli occhi, la finezza dei capelli, il naso, la bocca. In quel momento, nella nostra mente, la stiamo disegnando. Il trucco sta nel saperlo ricreare su carta.
Ironizzando sulla sua lentezza nelle pubblicazioni, Pacifico chiede a Ware: “ Cosa fai invece di lavorare?”. L’autore risponde che attualmente, oltre a terminare Rusty Brown, sta scrivendo un altro fumetto chiamato The Last Saturday ed una monografia. Non ci è dato sapere altro.
Domande dal pubblico ci sono state ed i ragazzi, molto curiosi sopratutto riguardo alle sue tecniche di creazione della tavola, rimangono spiazzati dalla sua frase “non uso digitale“ , poi in seguito ad un boato generale corretta dicendo che “per qualcosa lo uso, ma preferisco usare il tradizionale pennino “.

Chris ringrazia tutti, in particolare la sua traduttrice simultanea che ha svolto un lavoro ottimo, e si accinge a scappare in Sala Borsa per iniziare la sua sessione di dediche. Nel rumore generale tutti si alzano ed io rimango seduto a bocca aperta nel rendermi conto di essere circondato da tantissimi fumettisti italiani noti, passati per ascoltare ed imparare dal loro collega venuto da lontano.


1. Scuse d’Artista etc., Chris Ware: Il palazzo delle Memoria, Coconino, 2016

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