Il 30 gennaio preparatevi a sperimentare una nuova storia d’amore. L’opera d’esordio di Drew Hancock “Companion” prodotta dai produttori di “Barbarian” arriva al cinema con Warner Bros. e vede tra i protagonisti una splendida Sophie Thatcher nei panni di Iris, Jack Quaid in quelli di Josh, Lukas Gage in quelli di Patrick, Megan Suri in quelli di Kat e Harvey Guillen in quelli di Eli. A cavallo tra romance, fantascienza e AI, Companion è pronto a riscrivere le regole delle commedie romantiche. Grazie a Warner Bros. abbiamo potuto vedere il film in anteprima e di seguito vi riportiamo il nostro parere.
Josh e Iris, sono protagonisti di una storia d’amore alquanto oscura. Lui tanto affascinate quanto dotato di uno sguardo psicopatico; lei tanto vittima quanto carnefice. Sembrano bloccati con consapevolezza e volontà in un nuovo tipo di storia d’amore, dove la chimica di coppia lascia spazio a una tumultuosa inquietudine.
Nel panorama cinematografico contemporaneo, l’unione tra intelligenza artificiale e relazioni umane ha dato vita a una nuova ondata di film che interrogano la natura dell’identità, dell’amore e soprattutto del controllo. Companion, si inserisce perfettamente in questo filone, mescolando horror, fantascienza, thriller psicologico e romance per esplorare le implicazioni della creazione di androidi programmati per servire i bisogni umani. Al centro del film una riflessione inquietante sulla sottomissione femminile, tema che viene sottolineato da una frase emblematica pronunciata da uno dei personaggi secondari: “È sua e può farci quello che vuole“. Questa affermazione non solo incarna il centro della narrazione, ma funge anche da spunto per un confronto con il classico La fabbrica delle mogli (romanzo di Ira Levin da cui è stato tratto un film nel 1975 e un remake del 2004 con Nicole Kidman), con cui Companion condivide una critica feroce alla costruzione della donna come oggetto di proprietà e desiderio maschile. La frase non è solo un elemento di dialogo, ma un condensato della visione patriarcale che il film cerca di smontare. Il concetto della donna-oggetto, un essere creato per assecondare e obbedire, si intreccia con una narrazione che gioca con il genere horror per enfatizzare il disagio e la vulnerabilità di Iris. Il film si chiede: cosa succede quando un’intelligenza artificiale, creata per la sottomissione, sviluppa il desiderio di autodeterminazione?
Riprendendo il celebre romanzo di Ira Levin e i suoi adattamenti cinematografici, La fabbrica delle mogli mette in scena un inquietante scenario in cui le donne della cittadina di Stepford vengono rimpiazzate da copie robotiche perfette, docili e completamente devote ai loro mariti. Il romanzo, già portato sul grande schermo nel 1975 e poi nel 2004 con Nicole Kidman, ha ispirato numerose opere che esplorano la trasformazione della donna in un’automa progettato per il piacere e il conforto maschile. Tuttavia, mentre La fabbrica delle mogli ritrae un mondo in cui il patriarcato ha già trionfato e gli uomini accettano senza esitazione la sostituzione delle proprie mogli con versioni artificiali, Companion si concentra sul processo di presa di coscienza. La protagonista, Iris, non si limita a subire il destino impostole, ma lotta attivamente per la propria libertà e identità. La differenza sostanziale tra le due opere risiede proprio nello spirito della protagonista: se le donne di Stepford sono ridotte a semplici macchine obbedienti, Iris rappresenta una svolta, un androide che sfida la propria programmazione per affermare la propria individualità.
Oltre a esplorare il tema della sottomissione femminile, Companion indaga il ruolo dell’intelligenza artificiale nelle relazioni umane, inserendosi in una tradizione cinematografica che ha già affrontato questo argomento con opere come Ex Machina (2014) di Alex Garland e Her (2013) di Spike Jonze. Se in Ex Machina il personaggio di Ava (Alicia Vikander) sfida la volontà del suo creatore e in Her l’amore tra un uomo e un’AI senza corpo assume connotazioni intime e profonde, Companion porta il concetto in una direzione più cupa. Il film mostra come la creazione di un’AI “perfetta” possa trasformarsi in una minaccia, mettendo in luce il sottile confine tra il desiderio di controllo e la paura dell’autonomia. Attraverso una narrazione inquietante e provocatoria, Companion solleva domande profonde: se un androide è capace di provare emozioni e dolore, è ancora giustificabile trattarlo come un oggetto? Dal punto di vista registico, Drew Hancock adotta uno stile immersivo che alterna sequenze claustrofobiche a momenti di respiro visivo, accentuando la tensione e il senso di inquietudine. L’uso della luce e delle ombre contribuisce a costruire un’atmosfera ansiogena, mentre la colonna sonora sottolinea i momenti di maggiore suspense. La regia privilegia inquadrature ravvicinate per enfatizzare il senso di oppressione vissuto dalla protagonista, mentre i movimenti di macchina fluidi e le scelte cromatiche fredde rafforzano il contrasto tra la realtà umana e quella artificiale.
La pellicola si distingue per la sua capacità di mescolare generi, offrendo una narrazione che combina suspense, critica sociale e momenti di umorismo nero. La performance di Sophie Thatcher nel ruolo di Iris è assolutamente incisiva, rendendo il personaggio sia vulnerabile che determinato. Drew Hancock costruisce un film che, pur attingendo a classici della fantascienza, riesce a trovare una sua identità distintiva, grazie a un mix di tensione, satira e un commento sociale pungente.
Companion non è solo un film di fantascienza, ma una riflessione moderna sulle dinamiche di potere nelle relazioni e sull’uso dell’intelligenza artificiale come mezzo di controllo. In un’epoca in cui la tecnologia si avvicina sempre più alla creazione di assistenti virtuali iperrealistici, il film si pone come un monito: fino a che punto siamo disposti a spingerci nella ricerca della compagna perfetta? E cosa succede quando il nostro stesso desiderio ci sfugge di mano?
Companion di Drew Hancock arriva al cinema dal 30 gennaio con Warner Bros. Ecco il trailer italiano del film: