Bernardo Bertolucci Top 5 – Il cinema cammina tra di noi | Der Zweifel

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Bertolucci

Bernardo Bertolucci se n’è andato già da due giorni ma i più appassionati piangono ancora la sua dipartita. È si perché il regista parmense lascia un vuoto che può essere colmato solo continuando a guardare ma soprattutto ad apprezzare i suoi film. Opere che sono un documento storico indelebile. Esse fanno parte della storia del cinema; di un cinema che viene fuori dalle lotte politiche degli anni sessanta, dalle rivoluzioni studentesche. Un cinema che è in stretto connubio con i grandi pensatori e registi della Nouvelle Vogue, degli scrittori dei Cahiers du Cinema. Nato con la disfatta fascista, la prima repubblica e poi su, fino agli anni ’80 e ’90 dove cerca di prendere una nuova piega senza scadere mai nel ridicolo, nel banale. E poi, un tipo di cinema che, sebbene internazionale per quanto è potente e sublime, resta essenzialmente in relazione sia storica, sia politica che sociale con la nostra terra. Con questo paese di poeti, filosofi santi e anche grandi coglioni.

Eppure Bertolucci è legato, e lo si vede in quasi tutti i suoi film, al focus dell’eroe tormentato, trasformato o che scappa da qualche conversione. L’uomo qualunque ma che è sempre nel posto giusto al momento giusto; o in quello sbagliato. Tanti film per una carriera lunga cinquant’anni. E prima che il feretro, meticolosamente posto in una semplice bara ricoperta di velluto rosso, venga spostato dal Campidoglio e posto nel luogo prescelto, vogliamo aprire una piccola Top 5 con i suoi film più e belli e famosi. La cosa potrebbe destare sdegno, visto che tutto quello che ha fatto è meravigliosamente poetico ed essenziale. Ma visto che decidiamo noi, andiamo subito con i 5 film più belli del maestro.

1 – Ultimo Tango a Parigi

Bertolucci arriva dalla gavetta, da tre film e molta aiuto regia a fianco di Pier Paolo Pasolini. Il suo modo di vedere le cose, il mondo, l’arte, le relazioni sociali e passionali è cambiato. Non più vicino a quello del poeta bolognese. Arriva ad una sua prima fase di maturazione con “Ultimo Tango a Parigi”, film del 1972 e di lunga lavorazione, specie nel trovare l’attore che interpreti il ruolo di Paul, il protagonista. Jean-Paul Belmondo lo tacciò di pornografia, Alain Delon accettò in un primo momento ma poi voleva esserne anche produttore. Jean-Louis Trintignant si vergognava di farsi vedere nudo e poi, zitto zitto arrivò Marlon Brando. In uno dei suoi periodi tormentati, l’attore americano accetta con molta non curanza e semplicità affiancando l’attrice femminile, Maria Schneider. Si potrebbe parlare di quella famosa scena del burro che tanto sconvolse e sconvolge tutt’ora, ma è meglio di no. Paul, un gestore di un hotel parigino rimasto da poco vedovo, vaga per la città fino a quando non si rifugia in un appartamento vuoto, senza sapere che la giovane Jeanne è interessata all’appartamento. I due s’incontrano nel palazzo, nemmeno si conoscono e hanno un fugace quanto imprevisto rapporto sessuale. Lui per fuggire al dolore e alla crisi di mezza età, lei per provare nuove esperienze, attratta dall’americano, iniziano un segreto rapporto sessuale che terminerà con quell’ultimo tango ubriaco, corrotto e ormai insensato, almeno per Jeanne, in un locale della città.

Un classico di Bertolucci e delle interpretazioni reali e sconvolgenti; il più delle volte labirintiche e spaesanti. Caduto nelle mani della censura per delle scene ritenute amorali, il film venne recuperato nel tempo diventando uno dei migliori del regista.

2 – L’ultimo imperatore

Film storico di grande spessore e una possanza scenica, fotografica e registica insuperabile. Del 1987, L’Ultimo imperatore narra l’infanzia, la fanciullezza, l’adolescenza e poi la vecchiaia dell’ultimo imperatore cinese Pu Yi, salito al trono a soli tre anni in un momento in cui al potere c’erano i generali e la monarchia millenaria si stava dissolvendo. Con enfasi ma fedele nella storia, Bertolucci segue le vicende di Pu Yi, interpretato da John Lone, da quando è un bambino e viene strappato dalla Manciuria per sostituire l’imperatore e la grande imperatrice vedova. Il racconto continua a flashback, spostandosi avanti e indietro nel tempo; dalla prigione a quando è un ragazzo che non può uscire dalla città proibita, dalla prigione agli insegnamenti occidentali di Reginald Johnston (Peter O’Toole), dalla prigione alla fuga dal palazzo e al potere di Chiang Kai’Shek, e dalla prigione alla sua morte avvenuta nel 1967. Nel periodo post rivoluzione culturale, quando Mao è pienamente al potere del gigante asiatico. Attraverso l’imperatore, Bertolucci racconta un paese come la Cina lontano dalla visione occidentale, per di più di un italiano. Ma la visione che ne da e che se ne trae è convincente, come se fosse nato e cresciuto lì. Nove statuette alla cerimonia degli Oscar e nove David di Donatello.

3 – Novecento

È la storia inventata, ma vera nei fatti storici dell’Italia, di Alfredo e Olmo, due ragazzini della bassa Padana nati agli inizi del ‘900. Olmo è figlio dei contadini, Alfredo dei padroni. Tra loro nasce un’amicizia che si svilupperà per tutta la prima metà del secolo. Resisterà alla prima guerra mondiale, al biennio rosso, al fascismo, alla seconda guerra e al dopoguerra; ma non senza attriti, problematiche che si riallacciano ai problemi politici e sociali del tempo. Gerard Depardieu nei panni del contadino e Robert De Niro in quelli del padrone, ma forse il vero mostro sacro di tutta la pellicola è Donald Sutherland, nei panni di Attila Melanchini, il fattore. Personaggio apparentemente secondario ma che si ritroverà ad essere più volte al centro dell’attenzione e degli scandali. Un uomo crudele che incarna il fascista della prima ora. Infatti, essendo un film fortemente voluto dal partito comunista italiano, cerca il più possibile di ritrarre il fascismo nella maniera più sciatta, volgare, violenta e folle. Saranno soprattutto le diverse ideologie, i diversi credi e le diverse classi sociali a mettere a dura prova l’amicizia fraterna dei due ragazzi. A parte questi tre attori eccezionali, tutto il cast di attori vale le cinque ore di film: Stefania Sandrelli, Romolo Valli, Dominique Sanda, Laura Betti, Francesca Bertini e Alida Valli. Il film vanta persino le musiche di Ennio Morricone e la fotografia di Vittorio Storaro.

4 – Il Conformista

Uscito nel 1970, Il Conformista è la storia della spia fascista Marcello Clerici, obbligato dall’alto comando di raggiungere a Parigi l’antifascista Luca Quadri e ucciderlo. L’agente approfitta di questo viaggio per portare in luna di miele Giulia, appena sposata. Seguito dal camerata Manganiello, Clerici si dimostrerà essere un uomo debole, non incline al lavoro di spia e di assassino. Alla fine della dittatura capisce che il suo modo di essere, il fatto di aver voluto essere una spia, non era altro che una condizione di mimesi con la società, di volontà di conformarsi con il regime e con il popolo creato da Mussolini. Con Jean-Louis Trintignant, Stefania Sandrelli, Dominique Sanda, Gastone Moschin ed Enzo Tarascio. Un lugubre resoconto della dittatura nei panni di un cittadino corrotto dallo sfarzo e dalle bugie del partito.

5 – The Dreamers

Penultimo film di Bertolucci che segna un nuovo successo nella sua carriera. Con Eva Green, Michael Pitt e Louis Garrel. I sognatori non sono altro che quei giovani cresciuti con la lotta di classe, istruiti a rivoluzioni giovanili ma che in qualche modo, nella disperata ricerca di un mondo migliore, hanno visto quei sogni svanire nel tempo. Matthew (Pitt), giovane studente americano appassionato di cinema e in vacanza a Parigi, incontra Isabelle (Green) incatenata difronte la Cinémathèquefrançaise, occupata dagli studenti durante una protesta. La ragazza, aperta nei modi e di mentalità, lo farà a conoscere il fratello Théo. I tre si affezionano a vicenda iniziando a parlare di politica, di cinema, a passeggiare e a correre dentro il Louvre, e incominciando un’esperienza più profonda e passionaria. Un’intimità estrema che si rompe con la dura realtà dei tempi e con la carica della polizia. Anche questo film è una descrizione di un’epoca. Anche in questo momento Bertolucci rende omaggio alla storia e al cinema francese che non perde tempo a tributare per tutto il film.

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