[der Zweifel] Il cinema italiano: tra Paolo Sorrentino e Massimo Boldi

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Dopo la scorpacciata di premi cinematografici è giunto il momento di tirare le somme e riflettere sullo stato del cinema. È una riflessione che soprattutto nel cinema italiano va fatta: per testarne l’efficacia, la resilienza e lo stato di salute.

Lo stato di salute del cinema italiano è pessimo. Almeno così secondo il rapporto Anica (Associazione Nazionale Industrie Cinematografiche  Audiovisive e Multimediali), secondo il quale tutto il mondo del cinema italiano è in calo, se si confronta il 2017 con l’anno precedente: meno presenze (-12.38%), meno incassi (-11.63%), meno film (554>536), più film italiani (203>199) ma meno quota di mercato per il cinema nostrano (28.39%>18.10%).

A farla da padrone nelle nostre sale sono gli Stati Uniti che si accaparrano una quota di mercato del 65.12% per l’anno passato. È ovvio che non si può competere con una potenza come quella hollywoodiana, e nemmeno la parziale autarchia cinematografica desiderata dal Ministro della Cultura Dario Franceschini può nulla contro l’invasione a stelle a strisce.

Ora, detta in questi termini sembra che il raffinato cinema italiano sia circondato da un esercito di bruti film nati solo con il solo scopo di annichilire i mercati globali. Forse la seconda parte potrebbe anche essere vera ma la prima… suvvia, a parte qualche buon film il cinema italiano sforna prodotti che definire di bassa lega è dir poco.

Se la stagione che aveva visto arrivare nelle sale Lo chiamavano Jeeg Robot, Perfetti Sconosciuti, La Grande Bellezza e Non essere cattivo (solo per citarne alcuni) ci aveva fatto sperare in una grande rinascita del cinema italiano, ora la delusione si fa sentire -in attesa del nuovo film di Paolo Sorrentino.

Non che bei film non vengano prodotti. Anzi. Ma la prospettiva è quella di fare un prodotto per pochi intimi. Non c’è la possibilità di arrivare a tutti se si fa del buon cinema in Italia. Solo pochi film ogni due/tre anni riscuotono successo. È un panorama desolante perché così i produttori abbandonano dei prodotti innovativi, audaci e con del potenziale per la sicura strada della classica commedia di bassa qualità.

Se abbiamo goduto della saga di Smetto Quando Voglio ci siamo comunque poi dovuti voltare oltreoceano per riempire il nostro bisogno di bel cinema.

C’è una soluzione? Non so cosa potrebbe funzionare a livello politico. Farò quindi una diversa proposta.

Negli Stati Uniti hanno i Golden Raspberry Awards, detti Razzie Awards, ovvero i premi per il peggio del mondo del cinema. Potremmo proporre una manifestazione del genere in Italia così che chi fa un pessimo prodotto venga marchiato a vita e magari se ne vergogni. Ma anche senza essere così drastici, può anche servire da indicazione. Anche perché poi se si ha un pizzico d’autoironia si è pure contenti di essere premiati.

Io ho già il primo vincitore: Massimo Boldi, premio alla carriera.