[der Zweifel] Netflix, Venezia e l'ira ingiustificata del cinema italiano

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The 75thA VeniceA International Film Festival -A Awards Ceremony -A Venice Italy September 8 2018 - Director Alfonso Cuaron wins the Golden Lion for Best Film REUTERS Tony Gentile

In controtendenza con il Festival di Cannes la Mostra del Cinema di Venezia ha permesso la partecipazione alla kermèsse anche ai film di Netflix il cui passaggio in sala non è previsto. Questi film saranno infatti resi disponibili solo sulla piattaforma di streaming. O meglio, se si farà, questo passaggio in sala sarà breve ed intenso.
Prendiamo ad esempio il film vincitore della rassegna: Roma, di Alfonso Cuarón. Il film del regista messicano infatti sarà disponibile in poche sale selezionate prima di rendersi disponibile allo streaming online il 14 dicembre 2018.

Una scena di ‘Roma’
Ma il film di Cuarón non era il solo presentato da Netflix a Venezia. La formazione della piattaforma americana prevedeva cinque film e un documentario: The Ballad of Buster Scruggs dei fratelli Coen; 22 July di Paul Greengrass; Sulla mia pelle di Alessio Cremonini; They’ll love me when I’m dead, documentario sugli ultimi anni di vita del grande Orson Welles, di Morgan Neville; The other side of the wind, film incompiuto proprio di Orson Welles portato finalmente a termine grazie al lavoro del regista Peter Bogdanovich; e ovviamento Roma.
Oltre alle polemiche sulla sola presenza di questi film alla Mostra, dopo l’assegnazione del Leone d’Oro ad un film Netflix si è scatenata l’ira del settore.
In un comunicato congiunto l’Associazione Nazionale Autori Cinematografici, la Federazione Italiana Cinema d’Essai e l’Associazione Cattolica Esercenti Cinema hanno espresso il loro dissenso per la decisione della giuria veneziana. Ma nella loro lamentatio gli sembra sfuggire un particolare. Il problema sarebbe che “il Leone d’Oro […] è patrimonio degli spettatori italiani” e che dunque “il film che se ne fregia dovrebbe essere alla portata di tutti, nelle sale di prossimità, e non esclusività dei soli abbonati della piattaforma americana.”
Tralasciando il fatto che i film in questione probabilmente verranno proiettati almeno per qualche giorno in sala (le proiezioni del film di Cremonini iniziano già questa settimana, in contemporanea con la diffusione su Netflix), e che, se vorranno concorrere per gli Oscar dovranno essere proiettati nei cinema americani per almeno sette giorni consecutivi, e non mettendo soprattutto in dubbio la migliore qualità della sala rispetto al proprio computer personale, trovo insensato questo comunicato. Soprattutto nella parte in cui le associazioni si appellano alla possibilità di fruire il film per tutti.
Se non se fa un discorso estetico e tecnico, come a Cannes, appellarsi ad una visione del cinema come diritto primigenio dell’uomo mi sembra una sciocchezza. Soprattutto quando, in questo caso, film di alta qualità potranno raggiungere persone che nei cinema d’essai non ci hanno mai messo piede e forse ce lo metteranno dopo aver capito che c’è un mondo oltre la solita commediola all’italiana finanziata coi soldi pubblici. Soprattutto quando un biglietto per il cinema costa quasi quattro volte l’abbonamento mensile per condividere Netflix tra quattro utenti. Soprattutto quando con lo streaming puoi essere te a decidere come e quando vedere il film.
Ovvio, in sala è tutta un’altra cosa.
E infatti andrò a vedere Sulla mia pelle al cinema, nonostante il film sarà già disponibile su Netflix.