Doomsday Clock #3 – … un Comico è morto a New York? | Analisi

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[ALLERTA SPOILER: spoiler riguardanti i primi tre numeri di Doomsday Clock saranno presenti in questo articolo, inoltre, sono presenti spoiler riguardanti Watchmen, un fumetto di circa trent’anni fa che, comunque, dovreste aver letto…]


La ricerca per il Dr. Manhattan (deboscia-loverz) continua in quest’ultimo numero di Doomsday Clock,” dopo il viaggio di Ozymandias, Rorschach, Marionette e The Mime (visto nel precedente numero) alla ricerca dell’onnipotente puffo di casa Vertigo, ha portato il gruppo fino al DCU dove, però, Rorschach ha trovato la Bat-Caverna (e il suo padrone di casa) e Ozymandias ha incontrato Lex Luthor… e Il Comico… vivo.

A differenza del “nuovo Rorschach,” questa non è una seconda incarnazione dell’anti-eroe ideato da Alan Moore, quello che abbiamo di fronte è il buon vecchio Edward Blake. Confusi? Tranquilli, in questo numero il dinamico duo formato da Geoff Johns e Gary Frank comincia a darci qualche risposta, beh, più o meno. L’albo comincia con un flashback del 1986, mostrandoci la lotta tra Adrian Veidt ed Edward Blake, la stessa che appariva nel primo numero di Watchmen, ma con una differenza: il finale.

Se nell’86 il Comico, dopo un involontario salto dalla finestra, atterrava sul freddo asfalto New Yorkese, qui, il buon vecchio Blake si ritrova (suo malgrado) trasportato nel DCU, per mano del Dr. Manhattan. Nulla di ciò che ci viene mostrato da Johns e Frank lascia pensare che tali accadimenti abbiano modificato la timeline del media originale, anzi, verosimilmente gli eventi che ci vengono mostrati sono localizzati unicamente all’interno della continuity di Doomsday Clock, anche se, su tutto ciò, ovviamente (sigh), sarà fatta chiarezza solo più avanti…

E qui, purtroppo, finisce l’elenco (molto breve) delle spiegazioni date da Johns e Frank agli eventi mostrati fin ora, rendendo, di fatto, le scene d’azione che vedono Marionette The Mime alle prese con una loro personale “missione di ricerca,” il vero fulcro dell’intero albo, ciò escludendo un interessante (quanto effimero) cammeo di Nathaniel Dusk e qualche scena di dialogo tra Batman e Rorschach.

Tutto qui? Beh, non proprio, le scene d’azione ci mostrano qualche dettaglio in più su Marionette e The Mime, aprendo però qualche altro interrogativo e lo stesso potremmo dire per tutti gli altri personaggi che appaiono nell’albo…

La domanda che sorgerà spontanea ad ogni lettore, alla fine dell’albo, sarà “Ok… e ora?!” Così come è accaduto nei primi due numeri della serie, il che per alcuni potrebbe essere un male dato che, con i nuovi ritmi presi dagli autori, l’epilogo di Doomsday Clock potrebbe arrivare non prima del 2019…

A prescindere dal ritmo della serie, di certo uno dei motivi per attendere con trepidazione ogni singolo numero, è di di sicuro rappresentato dal comparto artistico. Le figure dettagliate e potenti, che per decenni sono state il tratto distintivo dello stile di Frank, qui vedono il loro apice, visibile nell’azione fluida scandita dalla tipica griglia a nove riquadri. Al suo caratteristico stile, l’artista affianca una nuova e potenziata capacità di rappresentazione dell’espressività facciale che, prima di quest’ultimo lavoro, non aveva mai rappresentato un punto di forza dell’arte di Frank.

In conclusione, sia ​​Johns che Frank stanno tirando fuori tutti gli assi che hanno nelle maniche, trasformando questo crossover in uno dei migliori lavori della loro carriera. Proprio come il Watchmen originale, Doomsday Clock è uno sguardo meticoloso alle motivazioni che ci spingono ad attribuire valore ai supereroi e ai motivi per cui meritano la cieca ammirazione che ottengono così spesso. È chiaro che lo spirito incarnato da questo crossover va ben oltre al semplice business costruito sulle spalle di ciò che Watchmen agli occhi del pubblico. Johns sta creando una storia oscura e avvincente piena di oscure vicende della DC che ha molto da dire su come il mondo percepisce

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