Dustin Hoffman e i suoi 80 anni

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E anche Dustin Hoffman ha raggiunto la soglia degli 80 anni, di cui quaranta passati davanti alla macchina da presa. Una carriera inesauribile che ha visto l’8 agosto il suo arrivo all’età della saggezza. Forse un po’ più di quella, ma certamente un traguardo difficile da scordare. Nato a Los Angeles l’otto agosto del 1937, il giovane Dustin entra nel mondo del cinema dopo una lunga gavetta passata tra le tavole di piccoli palcoscenici, tra provini e il lavoro come commesso da Macy’s. Fino a quando arrivò il momento che cambia totalmente la sua vita.

Il Laureato fu il film che lo fece conoscere al pubblico come attore diverso; sobrio, calmo, impacciato e a volte energico a tal punto da arrivare al divertimento più sfrenato. È quell’aspetto particolare e inusuale per un attore in attesa di essere scoperto, che lui al David Letterman descrisse scherzosamente come “Low, acne and big Jew’s nose”, che cambiò il modo di recitare e apparire. Basta con i personaggi troppo stucchevoli e affascinanti, ben presentabili ogni volta e mai con un difetto. Assieme a lui, Bob De Niro e Jack Nicholson hanno davvero portato una ventata di aria nuova attraverso il loro nuovo modo di apparire, di essere e di recitare; così vero, studiato. EFFICACE, CONTEMPLATO e SEMPLIFICATO.

Il regista de “Il laureato”, Mike Nichols non fu affatto soddisfatto della parte recitata dal giovane attore; tant’è vero che diede la pugnalata solo alla fine delle riprese dicendo che secondo lui era stato un errore scegliere Hoffman come protagonista. Il successo che scaturì dopo l’uscita nelle sale cinematografiche, fu la prova che forse Nichols si sbagliava. Ditemi voi. Più di cento film da quel momento iniziando con il secondo suo vero successo “Un uomo da marciapiede” e sempre più su. Una sfilza di generi dal drammatico, poliziesco, commedia, thriller, sentimentale, fantascientifico e tutti con una carica interpretativa solo sua, da biglietto da visita che rassicura il pubblico dal 1967.

Augurando buoni ottant’anni a questo grande titano di Hollywood, voglio citare solo cinque film che secondo il mio parere fanno di Dustin Hoffman un attore insuperabile ed estremamente moderno. Uno spirito giovane che non invecchia mai e questo lo si ritrova in diverse pellicole. Vediamo allora questa Top Five:

  1. Rain Man (1988): il suo secondo Oscar arriva quando interpreta il ruolo di Raymond Babbitt a fianco di Tom Cruise. Una parte, nel film di Barry Levynson, in cui vede l’attore già idolo delle masse. Recitando l’autistico protagonista riesce a trasmettere verità dietro le difficoltà di una vita segnata da un problema di disabilità ma con estrema e sublime poesia. Il confronto tra due fratelli rimasti orfani è un fattore esistenziale che riguarda la moneta, il patrimonio ma mai niente di così importante come il loro affetto e stima che cresce in un film on the road veramente affascinante. Mettersi a confronto tra due individui diversi, uno perché normale e l’altro autistico, che si conclude con l’amore e la comprensione da parte di uno dei due (Cruise). Senso di stabilità da parte dell’altro (Hoffman).

 

2. Midnight CowBoy (1969): Enrico Salvatore Rizzo/Rico è lo zoppo e poco lavato italo americano che si guadagna da vivere con furti e trucchetti; colui che frega la prima volta il protagonista, il texano Joe Buck (John Voight), divenendo alla fine suo manager anche quando gli affari da gigolò non vanno bene, e amico inseparabile quando nessun altro ti vuole e ti senti morire per il fallimento. La morte di Hoffman sull’autobus che va a Miami, alla fine di peripezie e disavventure nella caotica e selvaggia New York, è uno dei momenti più strepitosi della pellicola di John Schlesinger. Rico, detto Sozzo, malato di tubercolosi si accascia accanto a Joe che resosi conto della sua morte lo tiene stretto come se fosse ancora vivo. Buck era stato aiutato e trattato da amico da l’unico uomo che tutti eviterebbero per la strada. Un cialtrone zoppo e immischiato in brutti giri ma pur sempre un essere umano in cerca di affetto.

3. Kramer Vs. Kramer (1979): Robert Benton, regista del film, mette insieme due attori del calibro di Hoffman e Maryl Streep. Entrambi vinsero l’oscar per i ruoli dei coniugi Kramer che, divorziando, mettono a dura prova i propri destini e quello del figlioletto Billy, il quale si ritrova a vivere lontano dalla madre e solo con il padre. Nei film di Dustin Hoffman è gradevole vedere come la trama si strutturi quasi sempre sul rapporto tra due personaggi all’inizio distanti che poi si rivelano uniti e inseparabili. Questo succede a Ted Kramer e il piccolo Billy, in una pellicola strappalacrime ma leggera al punto tale da non vedere il ruolo del padre divorziato come una condanna o un difetto: anch’esso capace di essere al pari di una madre per quanto riguarda i sentimenti e l’educazione di un figlio.

 

 

4. Marathon Man (!976): Ancora una volta è John Schlesinger a dirigere Hoffman e questa volta in un thriller sofisticato che vuole essere una vera e propria vendetta ebrea contro gli assassini di millenni e gli odiosi. Il criminale nazista e dentista Christina Szell (Laurence Olivier), nascostosi da anni in Paraguay, esce dal suo nascondiglio per andare a New York. L’intento è quello di rilevare da una cassetta di sicurezza in piena città i diamanti confiscati agli ebrei nel campo di concentramento dove esercitava la sua professione di medico, e custoditi dal fratello Klaus. Alla morte di Klaus, dovrà andare di persona a recuperarli senza però incappare in alcune problematiche durante il viaggio. Hanry David Levy (Roy Scheider) è un agente segreto di origine ebraica che sa del fatto dei diamanti e se prima era costretto ad assecondare il volere dei suoi superiori e colleghi sulla vita del criminale, quando arriva a New York vuole fermarlo. Szell, anziano ma pieno di risorse, è così pronto a riavere quel tesoro che non si fa scrupoli ad uccidere Levy, lasciando la sua vendetta al giovane fratello Thomas (Babe) Levy, studente universitario che vuole fare luce sul suicidio del padre. Quando anche il fratello gli muore fra le braccia, si trasforma da topo di biblioteca in un individuo assettato di vendetta e sarà costretto ad affrontare gli scagnozzi di Szell prima di arrivare alla scena nella cisterna idrica di Central Park, dove fa ingoiare i diamanti al vecchio criminale e scontrandocisi fino alla sua morte. Rimasta epica la scena in cui Szell tortura Thomas Levy trapanandogli un dente per farsi dire cosa il fratello gli abbia detto prima di morire. Hoffman e lo shakespeariano Olivier semplicemente fantastici; due attori di diverse nazioni, età e cultura che si scontrano nel film e stimano fuori dal set.

5. Wag the Dog (1997): Questa volta, assieme al collega e amico De Niro, girano un film politico che vuole concentrarsi sulle vicende sessuali e burocratiche riprese dalla vera vita del presidente Bill Clynton. Pur di distogliere la notizia alla nazione che il presidente abbia avuto rapporti sessuali con una sua segretaria, Winifred Ames (Anne Eche) e Conrad Brean (Robert De Niro) mettono in piedi un grande spettacolo fittizio inventandosi una guerra tra gli Stati Uniti e l’Albania. Vengono girate finte scene di stragi e bombardamenti, vengono pure scritte delle canzoni patriottiche su di uno sconosciuto militare, Vecchio Scarpone, che poi risulterà essere mentalmente disturbato. Il burattinaio di tutto questo show è il produttore televisivo e cinematografico Stanley Motss (Hoffman) il quale, dopo che le problematiche presidenziali sono acqua passata e dimenticate dal volgo, vuole che tutti sappiano che il creatore di quella grande messa in scena è lui, cercando di arrivare alla consacrazione come uno dei più grandi cinematografari viventi. Una notizia del genere getterebbe il presidente e tutti i suoi consiglieri nella polvere, compresi Brean e Ames i quali decidono di farlo sparire. Brean guarderà il grande produttore andarsene via su di una limousine accompagnato da quattro guardie del corpo. Grottesco e dramma politico si mescolano e i due attori fanno un altro grandioso successo. Hoffman è fuori dagli schemi con una comicità amara che più di una volta troveremo in pellicole successive.

 

 

Si può vedere come in soli cinque film sia sufficiente riscontrare la bravura di un attore eccezionale che spazia dal drammatico al comico, dal grottesco al romantico, dal thriller al film d’azione. Tuttavia, non allarmatevi, questo è consigliabile solo come un assaggio. Molti altri film, altrettanto importanti, hanno portato lo spettatore a contemplare l’attore per anni. È giusto e doveroso citarne alcuni sebbene non sarà mai abbastanza. “Alfredo Alfredo”, ultimo film diretto interamente da Pietro Germi, “Mi presenti i tuoi?” con de Niro e Ben Stiller, “Hook” di Spielberg, “Tootsie” di Sidney Pollack, “Papillon” di Franklin J. Schaffner e “Lenny” di Bob Fosse.