[ESCLUSIVA] Intervista a Giulio Rincione

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Durante l’evento Navigli d’autore presso il Supergulp Milano sul Naviglio Grande è stato ospitato Giulio Rincione nella prima giornata di tante organizzate dalla fumetteria. Se siete a Milano, è una tappa obbligatoria per tutti voi.

Io ho avuto l’immenso piacere di intervistarlo e per me è stato un onore parlare con questa persona fantastica.


Giulio, parlaci del tuo stile, da chi hai preso ispirazione e come si è sviluppato?

Il mio stile nasce un po’ all’improvviso, nel momento in cui, io scopro un disegnatore che si chiamava Ashley Wood, che in Italia troviamo la pubblicazione di Metal Gear Solid di Magic Press. Quando disegnavo cercavo di stare molto nei margini e di uniformarmi, come nello stile classico bolentino e poi scopro che c’è questo filone di artisti americani, che hanno tutto un modo loro di esprimersi tramite il colore, molto impressionista, e lì mi si apre un mondo. Oltre a Wood mi sono ispirato anche a Bill Sienkiewicz, Kent Williams e Dave Mckean, che hanno alla basa lo stesso tipo di ispirazione di rimando che sono Klimt e Schiele, che sono appunto artisti classici. Da lì poi c’è stato un continuo sperimentare fino ad arrivare ad adesso.

Rincione

Parlaci brevemente delle tue opere?

In realtà non ho scritto Noumeno, ho solo disegnato i primi due episodi, ed stato il mio primo lavoro ufficiale per Shockdom, che è stato scritto da Lucio Staiano (che è anche l’editor della casa editrice), ed è un thriller quantistico che si basa sulla teoria di Kant su Noumeno e Fenomeno, quindi con la percezione di noi attraverso la percezione degli altri vedono.

In realtà il mio primo vero libro a fumetti è stato Paranoiae dove ho affrontato tutto un anno e mezzo della mia vita in maniera un po’ distorta, cercando di concentrarmi, non tanto sulla storia, ma sulle sensazioni che effettivamente avevo provato durante quel periodo: ciò che può riguardare la fine di una storia, piuttosto che l’inizio di un’altra, che non va realmente bene e ci sono diverse trame che poi si vanno a incontrare. La particolarità di Paranoiae è che stato scritto sulla base di The Wall dei Pink Floyd, quindi ci sono molte citazioni e rimandi, così ho cercato di trasporre in immagini un album musicale.

Paperi nasce per caso sul web, tramite delle pubblicazione su Facebook, dove ho ricevuto un buon riscontro da parte del pubblico e allora ho pensato “perché non fare una storia sui pagare”. Lì è stata fondamentale la collaborazione con mio fratello Marco, perché io che ero reduce da Paranoiae, non mi sentivo pronto a ricominciare a scrivere, quindi Marco è stato provvidenziale perché in realtà ha scritto meglio di me e abbiamo portato avanti questa trilogia che è durata per tutto il 2016.

RincioneChi è per te PaperUgo?

Paperugo, così come anche gli altri paperi, sono in realtà degli stereotipi della società umana. C’è da dire che, nessuno di questa società, è in qualche modo una vittima ma è solo vittima di se stessa, sono tutti colpevoli in qualche modo. PaperUgo incarna la persona che viene compressa dalla vita, fino a rimanere schiacciata da i suoi tutti i suoi problemi  e cadere così in una depressione maggiore. PaperUgo soffre anche di disturbi alimentari, infatti è affetto da bulimia, e a un certo punto della sua vista non si nutre più se non di latte; poi nei capitoli successivi si verrà a scoprire che questo trauma è legato a un rapporto conflittuale con il padre One$ e al fatto che sua moglie va a vivere con suo fratello Paolo e si porta via i bambini, in realtà Paolo è anche un pedofilo, quindi lui è come se vedesse la sua carne distruggere ciò che aveva di più caro e non riesce a reagire a questa cosa e allora rimane in questo fossato della disperazione e depressione.

Parlaci di tuo fratello Marco nel suo ruolo di sceneggiatore?Rincione

Marco ha sempre scritto ma non fumetti, quindi è stato il suo primo lavoro come sceneggiatore e inizialmente ci siamo dovuti inventare, in qualche modo, un nuovo modo di scrivere e lavorare insieme, tanto che PaperUgo non esiste in forma di sceneggiatura, perché è una sorta di monologo, quasi teatrale, in cui vengono descritte le scene ma sono stati scritti solo i testi. E’ stato un modo per Marco di capire quali fossero i mezzi della sceneggiatura come strumenti per capire come sceneggiare un fumetto e poi anche lui ha cominciato a collaborare indipendentemente anche su Noumeno 3 e 4, che lui ha sceneggiato, e adesso si può dire che ha imparato il mestiere.

Quanto c’è di vostro nei Paperi e se puoi parlarci del tema della depressione in quest’opera?

Di nostro personale (in Paperi), per fortuna, ce ne molto poco; il punto è che si voleva parlare di qualcosa che in un fumetto non viene quasi mai affrontato, perché si tende a classificare il fumetto come un opera d’intrattenimento di livello più superficiale, e se pur in PaperUgo non viene mai nominata la depressione in maniera diretta, così anche la pedofilia non viene nominata, vengono vissute delle cose senza che queste vengano classificate. Comunque noi ci siamo dovuti documentare, tramite anche testimonianze di persone che conosciamo che soffrono di depressione, chiedendoli non di spiegare ma cosa sentivano: “tu dimmelo, io non devo capirlo per forza”. Tanto è vero che in PaperUgo, ci sono parti che risultano incomprensibili, perché è lì che si vede la vera barriera che c’è tra il depresso e la persona sana che non riesce ad aiutare a fondo il depresso.

Rincione

Perché avete scelto i paperi per raccontare queste storie?

Parlare dell’uomo. Sfruttare i paperi perché vengono ad essere un catalizzatore di emozioni ed empatia. Oggi come oggi, siamo più predisposti a provare empatia e pietà verso un personaggio che ha dei rimandi Disney, rispetto ad un protagonista umano. Ed è questo anche un ulteriore ponte che abbiamo utilizzato per rompere questa barriera. Anche se sono storie che potevano avere benissimo dei protagonisti umani, non sarebbe cambiato nulla, a parte l’impatto (con il lettore).

Parlaci dei tuoi progetti attuali e futuri?

Al momento sto lavorando per la Sergio Bonelli Editore ad un episodio Color Fest di Dylan Dog e anche a una nuova testata della Bonelli che verrà lanciata nei prossimi mesi per cui sto realizzando un episodio. Adesso sto lavorando anche con Francesco Savino a un web comic che si chiama Il Cuore della Città.

Puoi parlaci di brevemente di Il Cuore della Città?

Questo è un progetto di cui io e Francesco ne parliamo da quasi un anno, e lui voleva me per raccontare questa storia e aveva bisogno di qualcuno che potesse metterci, non tanto la tecnica, quanto il cuore. E’ la storia di un ragazzo che si trova a vivere in una nuova città e si trova in qualche modo respinto, come se ci fosse realmente qualcosa che muove la città. E’ molto particolare e lavorarci è molto soddisfacente.

Rincione

Sui social ho visto che in questa nuova opera, stai sperimentando, ce ne puoi parlare?

Più che sperimentare, sto facendo un ritorno. Quando iniziai a dipingere in digitale, lavoravo in monocromia e poi ho iniziato ad arricchire il mio segno di dettagli sempre maggiori anche se in realtà mi sono reso conto che di essere andato fuori tema: nel senso, io non sono un disegnatore dettagliato, sono molto più istintivo e veloce, quindi sto cercando di sfruttare questa occasione per tornare ad essere me stesso.

Cosa significa per te essere un fumettista?

Innanzi tutto, per me, significa aver realizzato un sogno. Perché da quando avevo 15 anni che volevo fare questo mestiere. Per quanto possa essere complicato riuscirci, nonostante sia pesante, nonostante ci possano essere delle giornate negative o dei momenti in cui pensi di non farcela, ma ogni difficoltà la affronti sempre con molta più carica rispetto a un’altro lavoro che magari non avrei scelto. Quindi per me è una soddisfazione e centratura. Mi sento centrato in quello che faccio, mi piace questo lavoro e non lo cambierei con nessun altro lavoro.

Rincione


Ringrazio ancora Giulo per questa intervista e spero di parlarci ancora perchè si è guadagnato il suo posto nel panorama nazionale del fumetto. Complimenti.

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