[Esclusiva] Intervista al Gentlemen Kaiju Club

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Nella giornata di Sabato, durante l’incontro con i ragazzi del Gentlemen Kaiju Club, abbiamo intervistato David MessinaValerio Schiti Paolo Villanelli.
L’evento, organizzato in collaborazione con gli amici di Geek Area, si è tenuto allo Star Shop di Perugia.


Prima di tutto Parliamo del vostro gruppo, ormai siete attivi dal 2014, com’è nato il Kaiju Club e come vi siete incontrati?

David: E stato un’idea di Valerio Schiti e Emanuel Simeoni che sono stati miei allievi alla scuola di comics, siamo rimasti in contatto durante gli anni ed eravamo amici e hanno avuto questa idea di creare un gruppo che facesse qualcosa di alternativo al loro lavoro di fumettisti, allora abbiamo parlato di questo una sera a cena ed è così nato il Kaiju Club.

Perché avete scelto il nome Gentlemen Kaiju Club?

David: Cercavamo di trovare un nome per il gruppo e volevamo trovare qualcosa di fresco e che attirasse dopo l’entusiasmo per Pacific Rim, volevamo che sembrasse qualcosa di divertente.

Cos’è Yamazaki 18-Years?

David: Yamazaki è il figlio diretto delle idee che abbiamo buttato giù quella sera a cena, fare qualcosa di diverso da quello che facciamo tutti i giorni per le case editrice, sono delle storie in cui abbiamo riservato quello che ci divertiva, quello che volevamo fare per divertirci. All’inizio era un divertimento, poi è diventato un vero e proprio universo coerente, con molte storie parallele oltre a Yamazaki 18-Years.
Va detto che come Kaiju Club ci occupiamo di concept art e design per la TV e altre case come IDW, uno degli ultimi esempi è Rom.

Perché avete scelto proprio questo titolo, è ispirato a qualcosa?

David e Valerio: Abbiamo chiamato Michele Foschini che è un nostro amico che lavora in BAO ed è esperto dei liquori e quindi dato che ci eravamo dati il nome Gentlemen Kaiju Club volevamo un topo di Liquore che fosse venduto in questi locali Giapponesi esclusivi per “Gentlemen” in Giappone e lui ha proposto Yamazaki 18-Years old, che è un liquore estremamente pregiato e dato che facciamo uscire un volume di Yamazaki all’anno è come fosse un lavoro pregiato ed esclusivo.

Facendo finta che non ci sia David, com’è stata la vostra esperienza con David Messina come insegnante alla Scuola Internazionale di Comics di Roma?

Valerio: La mia esperienza con David è stata diversa rispetto agli altri, perché io David come insegnante me lo sono scelto, e quell’anno che mi sono iscritto David teneva un workshop sui prodotti Americani come Ghostbusters, Star Trek, ecc… ed era un corso facoltativo. Ed è stato un’esperienza che mi ha arricchito , sapete avevo un po’ di timore c’era questa leggenda di David cattivo, ma con noi, anche perché eravamo già tutti un po’ grandi non è stato così, anzi il gruppo si è sfoltito naturalmente siamo partiti in venti e sono finito io. Possiamo dire che sono quello che sono perché sono sopravvissuto a David.

Paolo: Anche io mi sono scelto David e avendo i corsi alla scuola Comics di pomeriggio, c’era la possibilità di beccarsi David Messina e sono anche andato a cercarlo perché avevo fatto una tesi di Marketing sul mercato del fumetto Americano e ho potuto conoscere così Sara Pichelli e David per una serie di interviste relative alla mia tesi e allora mi sono spostato al corso mattutino con David, tutti mi davano del pazzo.

kaiju club

Dopo 3 antologici, una raccolta e una albo spin-off (Apocrypha), cosa avete in serbo per i vostri lettori nel prossimo futuro?

David: Per tenerci sul vago possiamo dire che tutti, come Kaiju Club stiamo lavorando tutti sui concept della Bibbia di una serie fantascientifica che uscirà in Edicola e che sarà presentata a Lucca e uscirà entro la fine dell’anno e ne abbiamo un’altro con Diego che dobbiamo ancora definire. Abbiamo 3 progetti, non vogliamo fare cose di corsa, quindi prima vogliamo terminare un progetto prima di iniziarne un’altro, il terzo è un plus.

Principalmente siete 3 artisti che lavorano prevalentemente all’estero, cosa vi ha spinto oltre oceano?

Paolo: E’ stata una cosa naturale perché i fumetti che ho letto nei miei anni formativi erano tutti Americani e quindi il mio sogno era quello di lavorare per l’estero, avevo come obbiettivo di puntare a quel tipo di mercato e poi è stata una scelta dei professori.

David: Nel mio caso appartengo ad una generazione strana, quando sono entrato nel mondo del fumetto non c’era Internet, quindi dovevi prendere un aereo e andare al San Diego ComiCon , con un buon Inglese e cercare di venderti all’editor, parliamo del periodo di Hammer e Lazarus Led, mi rendo conto che avendo avuto una preparazione Americana al fumetto non era facile lavorare in Italia, quindi ho iniziato a lavorare come Colorista per la Indie Press e da lì ho avuto modo con vari incontri di trovarmi con Jim Lee che all’epoca viveva in Italia di andare ad un colloquio per la IDW e da lì sono passato agli altri mercati. Diciamo che la mia è stata un’esigenza di stile, una cosa come Orfani ai miei tempi non era possibile, ai miei tempi persone come me e Giuseppe Camuncoli eravamo corpi estranei per il mercato Italiano.

Valerio: Io invece ho sempre letto fumetto Americano, non conoscevo il fumetto Italiano, ho letto qualche Tex e Zagor di mio nonno ma nient’altro, la mia generazione si è divisa tra fumetto Giapponese e Americano. All’inizio mancava il contatto con gli editor, perché Internet era ancora nuovo e alla fine mi sono specializzato nel fumetto Americano che era quello che volevo.

David, tu hai lavorato per diverse case editrici Statunitensi, qual’è la differenza maggiore che hai notato tra le Major (Marvel e DC Comics) e tutte le altre?

David: Guarda io credo che la differenza maggiore me l’abbia riassunta una volta Stefano Caselli quando avevamo lo studio insieme, lui era appena passato alla Marvel e mi disse “David, le piccole case editrici ti rovinano il gusto di lavorare con le grandi case editrici, perché ti coccolano, ti danno controllo sul prodotto, mentre quando ti sposti in una casa editrice più grossa è molto più difficile lavorarci”, se inizi subito magari è meno pesante, la differenza maggiore è il controllo sul prodotto finale e quindi riesci ad avvicinare il prodotto finale a quello che volevi. L’albo finale è molto vicino a quello che volevi fare, mentre l’albo che te crei per una major è più un compromesso, sopratutto perché ti stai occupando di un brand che ha esigenze specifiche come un Batman o un Wolverine.

Voi siete uno studio che si occupa anche di altri progetti oltre a Yamazaki, quali progetti state portando avanti singolarmente?

Valerio: Io continuo a lavorare sui Guardiani della Galassia con Brian Michael Bendis, ci mancano 2 numeri con l’ultimo che sarà un doppio albo, e poi mistero, lo so ma non posso dirlo, posso dirvi che non sono i Fantastici 4 però. Nonostante fosse per me inizierei domani mattina a lavorare su di loro.

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ROM

David: Io invece ho finito l’annual di Rom e quando Paolo finisce la sua run di Rom rientro io e poi ho un’altro progetto con la IDW che mi vede ai testi e ai disegni. Vorrei dedicarmi anche ai colori, ma i testi sono impegnativi quando non sei madrelingua, nonostante il fatto che lavorerò con Scott Tipton, sceneggiatore tra gli altri di Doctor Who e Star Trek, non è comunque facile cimentarmi nella figura dell’autore completo.

Paolo: Devo terminare questi numeri di Rom e poi non so cosa farà dopo. Vediamo se i contatti con la Marvel mi porteranno da qualche parte.

A propositi di ROM, ci sono novità sul possibile arrivo del fumetto in Italia?

David: Sfortunatamente ancora non sappiamo nulla, come sempre saremo gli ultimi a saperlo. Ho provato a chiedere ai ragazzi della IDW ma anche loro non sanno nulla, perché i contratti per i diritti esteri vengono discussi direttamente dalla Hasbro che detiene i diritti del franchise. Mi è successa la stessa cosa con Bounce, un progetto a cui tengo molto pubblicato per Image Comics, la Panini sembrava interessata ma poi non se ne saputo più nulla, mi spiace molto perché è forse il fumetto a cui tengo di più e vorrei davvero che sia pubblicato in Italia così da poterlo far leggere anche ai miei genitori che non masticano l’inglese.
Quindi non ci resta che aspettare, probabilmente se ROM arriverà lo sapremo tramite il sito dei una qualche casa editrice italiana o dal vostro portale.

Ormai esistono molti gruppi di disegnatori, com’è farne parte? Quali sono i benefici di lavorare in un gruppo?

David e Valerio: Essendo come Kaiju Club in pochi, possiamo trovarci meglio su alcune cose e spesso non solo quando lavoriamo su Yamazaki ci scambiamo tavole o consigli sui nostri lavori, è divertente per noi uscire a cena e parlare del nostro lavoro. Possiamo dire che è un antidoto alla solitudine del nostro lavoro.

Paolo: Facendo anche parte di uno studio a Roma con altri disegnatori, partecipare al Kaiju Club mi permette di realizzare lavori che da solo per me sarebbero impensabili da realizzare. Con lo studio si ha una grande varietà c’erano disegnatore Bonelli, coloristi e scrittori, mentre con il Kaiju Club ho un gruppo di persone con cui mi trovo a fare qualcosa che conosco, anche alle 4 di notte e in leggerezza.

Di recente vi siete uniti a Manfont, com’è nata questo sodalizio?

David: E’ stata un po’ un’esigenza, iniziava  a pesarci occuparci di stampa, distribuzione, ecc… stava diventando più un lavoro che un divertimento, insomma il nostro magazzino prima era casa nostra, dove ci tenevamo le copie. Per cui nel momento in cui la Manfont ci ha offerto di collaborare con loro per noi è stato come toglierci un peso, così abbiamo potuto tornare a lavorare su quello che ci piaceva ossia disegnare storie. Ormai è un anno che collaboriamo e ci troviamo molto bene perché siamo entrati in una “scuderia” con altri disegnatori e quindi anche lì c’è scambio di opinioni, poi un’altro fatto logistico importante è che ora arriviamo nelle librerie di varia e anche nelle fumetterie , prima era la nostra presenza in fumetteria a raggiungere un pubblico che non fosse in fiera e ora con la Manfont che si occupa della distribuzione abbiamo una distribuzione più ampia.

Concludiamo con una domanda che a me piace sempre fare agli autori, che cosa significa per voi essere un fumettista?

Paolo: Penso che fare fumetti sia raccontare storie, come ha detto Will Eisner “Il Fumetto è arte sequenziale, raccontare storie per immagini.” Non credo nessuno possa dire “faccio fumetto per guadagnare e basta”, credo sia una passione di voler raccontare qualcosa per immagini.

David: Io ho sempre voluto fare il disegnatore di fumetti, almeno da quando avevo 11 anni, fondamentalmente il piacere e la magia della narrazione e citando Neil Gaiman “Il fumetto è il mestiere più vecchio e magico del mondo.” quindi non riesco a immaginarmi a fare qualcosa di diverso.

Valerio: Sono molto istintivo, rifletto poco, vado a braccio, non so cosa dirti cosa mi spinga a fare questo, credo sia una necessità, ne ho bisogno. Io ho fatto anche altro, ero architetto e quindi ad un certo punto frequentando la scuola di comics mi sono reso conto della differenza tra il mio lavoro e il mio scopo nella vita.

Grazie mille di averci concesso questa intervista!

Kaiju Club: Grazie a voi ragazzi, un saluto a tutti i lettori di RedCapes.it.