[Esclusiva] Lucca Comics & Games 2017 – Intervista a Jeff Lemire

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jeff lemire

Durante il Lucca Comics & Games 2017 abbiamo avuto l’onore e il piacere di intervistare, grazie a Bao Publishing, il fumettista Canadese Jeff Lemire.

Jeff in questa intervista ci ha parlato dei sui recenti lavori pubblicati da Bao Publishing, ovvero Black Hammer, Niente da Perdere e A.D. After Death, delle sue fonti d’ispirazione, della sua collaborazione con Scott Snyder e dei suoi progetti futuri.


È la prima volta che vieni in Italia?

“Sì, è la mia primissima volta in Italia. Sono arrivato solo ieri e sono venuto direttamente qui quindi non ho visto granchè del paese, ma quel poco che ho visto finora mi è piaciuto.”

Parliamo un po’ dei tuoi fumetti adesso. I ragazzi di Bao Publishing qualche mese fa hanno portato Black Hammer, una delle tue ultime serie. Fin dal primo capitolo appaiono evidenti omaggi ai vecchi fumetti di supereroi, come quelli di Kirby per esempio. Ci parleresti di quali caratteristiche di questo tipo di fumetti hai voluto esaltare?

“Beh, ho sempre amato i fumetti supereroistici, sono cresciuto leggendoli da piccolo e mi piacevano davvero molto, quindi l’idea di Black Hammer mi venne circa dieci anni fa, all’epoca la mia carriera era agli inizi e non pensavo avrei mai avuto la possibilità di scrivere per Marvel o DC Comics. Adesso lo ho fatto, ma all’epoca quando mi venne questa idea pensavo fosse la mia occasione per scrivere di supereroi, quasi una lettera d’amore a tutta la storia dei supereroi, quindi ho cercato di avere un personaggio che potesse rappresentare tutte le epoche della storia dei fumetti dei supereroi, dalla Golden Age alla Silver Age fino alla Modern Age, o Bronze Age come veniva chiamata quando ero un bambino, per poi andare ad utilizzare anche con alcuni elementi attuali del fumetto supereroistico. Quindi il fumetto utilizza tutta la storia dei supereroi per poi diciamo sovvertirla e creare quasi un fumetto anti-supereroistico. Perché la storia stessa è molto incentrata sui personaggi, questi cinque supereroi che vivono in isolamento in una fattoria, è una cosa che normalmente non vedi in un fumetto di supereroi. Mi sto divertendo davvero molto ad esplorare l’intera storia e a disegnare le cose che amo di essa.”

Cosa ti ha portato a scegliere Dean Ormstron per disegnare Black Hammer?

“Devo parlarne bene perché è lì vicino (ride). Dieci anni fa, quando mi venne l’idea di Black Hammer, pensavo che l’avrei disegnata io stesso, ma sono sempre stato occupato da altri progetti e non riuscivo mai a dedicarmici, anche se ne amavo i personaggi. Ho incontrato Dean nel 2011 in una fiera come questa ed ero un fan del suo lavoro in Vertigo. Quando ho iniziato a pensare di fare Black Hammer con un altro artista sapevo di volere qualcuno il cui stile fosse completamente diverso da quello dei fumetti di supereroi mainstream o comunque classici. Sapevo che se avessi scelto un artista che disegnava normali fumetti di supereroi l’opera sarebbe diventata ciò che volevo analizzare, mentre io volevo qualcosa che li sovvertisse e che fosse differente. Dean ha questo approccio horror al suo stile artistico, e quando disegni i supereroi con questo stile ottieni qualcosa di completamente diverso da ciò che hai visto prima. È sgradevole e strano, non è quello che ti aspetti di vedere, ecco com’è il suo stile.”

Poche settimane fa è uscito il primo numero di Sherlock Frankenstein, uno spin-off di Black Hammer. Avevi già pensato di espandere questo universo? Quali personaggi vorresti approfondire in futuro?

“La storia principale di Black Hammer segue questi cinque personaggi, ma ho iniziato ad avere idee su idee su altre cose che possono esistere in questo vasto universo. Sherlock Frankenstein è diciamo la prima di molte miniserie che faremo e che si concentrano su altri aspetti di questo universo. Come ho detto prima potrei prendere qualsiasi parte della storia dei supereroi che mi piace e creare la versione Black Hammer di quei personaggi, quindi ho pensato fosse interessante esplorare i villain di questo universo alla stessa maniera degli eroi. Ma il protagonista della storia principale rimane la figlia di Black Hamme Lucy Weber, che è una giovane donna afro-americana, una giornalista che diciamo sta cercando suo padre. Questo è il fulcro della storia, questa giovane donna che sta cercando suo padre e il proprio retaggio all’interno del retaggio del padre, utilizzando la metafora dell’universo supereroistico per amplificare tale percorso personale.”

Niente da Perdere e Il Saldatore Subacqueo sono entrambe storie che parlano del peso del passato e della memoria. Qual è l’importanza che tu attribuisci a questi temi?

“Penso che i nostri ricordi siano ciò che siamo davvero, ciò di cui siamo fatti, quindi amo esplorare sempre il passato e il presente nelle mie storie. Anche in Black Hammer lo faccio, vedi i personaggi nel presente nella fattoria e poi vedi il loro passato in queste vecchie storie di supereroi e questo è solo un modo di farlo. Ne Il Saldatore Subacqueo e in Niente da Perdere la cosa è un po’ più sottile, non uso le grandi metafore che utilizzo nei fumetti di supereroi. Sì penso che i ricordi, specialmente quelli d’infanzia, sono molto potenti e ci formano, quindi credo che per andare a fondo con i personaggi devi arrivare all’infanzia e vedere cosa li ha formati. Credo sia per questo che continuo a tronare su questo tema.”

In Niente da Perdere Derek, il protagonista, sceglie l’hockey come simbolo di speranza. Come mai hai scelto l’hockey e qual è il tuo rapporto con lo sport?

“Beh in Canada, da dove vengo, l’hockey è una parte centrale della nostra cultura. Il Canada è un grosso paese e ci sono diverse comunità e ogni regione ha la sua identità, ma una cosa che tutti abbiamo in comune è l’amore per questo sport, ci unisce se vogliamo. Nel caso di Derek lui è cresciuto in una comunità molto isolata dell’estremo nord e crescendo non si hanno molte opportunità di lavoro o di vita in generale, sei come bloccato e per lui l’hockey era una via di fuga, era l’unica cosa in cui era bravo, il suo biglietto per andarsene e vedere il mondo, quindi è diventato il suo simbolo di speranza. Credo che ciò valga per un sacco di giovani ragazzi in Canada, è qualcosa che unisci le diverse regioni e crescendo era una grossa parte della mia stessa infanzia.”

Parlando di Royal City, come affermi nelle note del primo volume ci sono diverse citazioni ad Essex County. Quanto Essex County ha influenzato il processo di scrittura di scrittura di Royal City? Lo possiamo considerare una sorta di evoluzione della tua prima storia?

“Sì è interessante, ho fatto un bel po’ di fumetti prima di Essex County in cui stavo cercando di trovare la mia voce come scrittore e disegnatore, non ho mai pubblicato nulla di quella roba, ed Essex County è il primo progetto in cui sentivo di essere me stesso sentivo di aver trovato la mia voce, quindi credo che tutto ciò che ho fatto da allora derivi da lì in qualche modo, anche in Black Hammer puoi vedere l’influenza di Essex County. È stato così essenziale nello stabilire la mia voce che penso sia in ogni cosa che faccio ma volevo tornarci più direttamente, negli ultimi anni ho fatto molti fumetti ma molti di essi erano opere di genere, science-fiction, supereroi, amo queste cose e continuo a fare lavori di quei generi ma volevo tornare a qualcosa che fosse più come essex, qualcosa che potesse essere più incentrato sui personaggi. Essex County riguardava la mia infanzia e il crescere. Royal city prende lo stesso approccio ma riguarda la via vita adesso come quarantenne, dove sono nella mia vita rispetto a quando ero un bambino. È un contrasto interessante ma ci sono comunque molti elementi in comune tra i due.”

Bao Publishing ha pubblicato anche A.D. After Death, ci parleresti quindi della tua collaborazione artistica con Scott Snyder?

“Sì è stato interessante, era la prima volta che ho disegnato un lavoro non scritto da me stesso, quindi già solo questo è stata una grossa novità per me e interessante. Anche un po’ spaventosa all’inizio perché sono abituato a scrivere cose fatte su misura ai miei punti di forza, mentre in questo caso non potevo scegliere e qualche volta sono dovuto uscire dalla mia comfort zone, mi ha fatto bene però. È stato molto interessante, abbiamo sviluppato un metodo di lavoro interessante sul libro, diciamo che è praticamente diviso in due parti, una più di fumetto tradizionale mentre l’altra più di prosa con illustrazioni. Scott passava la maggior parte del tempo a concentrarsi su quelle sezioni di prosa perché gli richiedevano molta concentrazione mentre io mi occupavo delle parti di fumetto. Non ho scritto io lo script di quelle parti, abbiamo solo avuto delle conversazioni su ciò che succedeva e poi io mi occupavo di metterlo giù e lavorare sul fumetto, lui faceva le parti di prosa e poi ci riunivamo di nuovo insieme e lui metteva i testi al fumetto. In molti versi è come lavoravano alla Marvel negli anni ’60, sai, Stan Lee parlava con Jack Kirby e lui andava a disegnare il fumetto e infine Stan aggiungeva i dialoghi, quindi è stato bello tornare a quel vecchio modo di lavorare e ci dava la libertà di poter dare il nostro meglio al progetto senza avere limiti di sorta.”

Ultima domanda. Riguardo al tuo ritorno in DC Comics, a quali serie lavorerai? Hai altri nuovi progetti per altri publisher?

“Sì farò un paio di cose in DC, farò una serie chiamata The Terrifics, con Ivan Reis e Evan Schaner ai disegni, che è una sorta di lettera d’amore ai vecchi fumetti di Stan Lee e Jack Kirby, grandi avventure, grande divertimento ma anche molto cuore. Quindi è una serie molto divertente. Poi farò un’altra serie con Keith Giffen, un artista e un disegnatore con cui sono cresciuto e uno dei miei eroi quindi per me è molto divertente scrivere per lui oggi qualcosa da disegnare. Faremo The Inferior Five, che è una specie di Stranger Things ma nell’universo DC degli anni ’80, quindi lo sfondo saranno le cose pubblicate da DC nel 1987, che ironicamente è quando leggevo fumetti, è quando Keith disegnava la maggior parte delle storie che io leggevo quindi è una sorta di bizzarro cerchio che si chiude per entrambi. Quindi al momento sto lavorando a due serie per DC Comics. Per il resto sto lavorando solo a progetti creator-owned, quindi Black Hammer per Dark Horse e Sherlock Frankenstein e gli spin-off, per Image Royal City e Descender, farò una nuova serie horror con Andrea Sorrentino, un artista italiano, in uscita a marzo e chiamata Gideon Falls, una serie con una sorta di atmosfera alla Twin Peaks e True Detective, questa sensazione di horror psicologico e terrore e mistero. È stato molto interessante lavorarci sopra.”

Grazie Jeff, ti ringraziamo a nome dei lettori italiani e di tutto lo staff di Red Capes per quest’intervista e per il tuo lavoro. Speriamo che ti stia godendo Lucca e l’Italia!

“Grazie a voi e un saluto a tutti i lettori di RedCapes.it!”


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