[Recensione] Guardiani della Galassia Vol.2 – Come ho imparato ad amare James Gunn

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guardiani della galassia Vol.2

Durante la giornata di giovedì 20 aprile abbiamo avuto l’occasione di vedere in anteprima il nuovo film targato Marvel Studios dedicato ai Guardiani della Galassia. Questa pellicola è “soltanto” il quindicesimo pezzo di un puzzle ancor più grande che arriverà a coinvolgere ogni singolo aspetto, ogni singolo personaggio, ogni singola idea che è stata cinematograficamente rappresentata sino ad ora.

Doveroso inoltre sottolineare quanto l’universo si sia evoluto non solo quantitativamente ma soprattutto qualitativamente. Sembra essere passato davvero poco tempo da quando nelle sale cinematografiche ha esordito un piacevole action movie di nome Iron Man seguito da un mediocre The Incredible Hulk, ed ora, a distanza di 9 anni, ritroviamo personaggi non particolarmente conosciuti alle masse fare presa sui cuori e le menti degli spettatori di tutto il mondo.

Nel 2014 James Gunn ci ha proposto per la prima volta la sua visione de I Guardiani della Galassia mettendo insieme un gruppo eterogeneo e variopinto che, a suon di scazzottate e musica anni 80, hanno dimostrato quanto un film di supereroi possa essere un prodotto di puro intrattenimento ma anche un ottimo esercizio di stile registico. Ed è così che ci ritroviamo a parlare del secondo capitolo del brand, riprendendo da dove ci siamo lasciati: Ronan l’accusatore è stato sconfitto, la Gemma dell’Infinito è al sicuro ed il gruppo si è consolidato come veri difensori dell’universo.

Una battaglia contro una creatura paradimensionale, uno scontro a fuoco con le navette di un impero, le mirabolanti avventure di Rocket Raccoon accompagnato da quel ringiovanito “rametto” di nome Groot, sono solo alcuni degli eventi che faranno da contorno ad una pellicola che prova a raccontare una storia già vista in un modo tutto nuovo. Da qui vogliamo partire, da una trama che abbiamo già potuto riscontrare in una miriade di pellicole differenti che racconta un viaggio, un ritrovamento, una riunione e di quanto questi eventi possano apparire piacevoli e sconvolgenti contemporaneamente. Una storia che appare semplice, intuibile e a tratti addirittura prevedibile ma che nonostante ciò non perde l’occasione di raccontarsi sotto una luce nuova e completamente differente da quanto è già stata mostrata in passato ed, ovviamente, inserendola all’interno di un universo narrativo che, già dalla sua controparte cartacea, punta non solo a divertire ma soprattutto a spingere lo spettatore a rispecchiarvisi.

Famiglia. Una parola dal profondo significato che agli occhi di chiunque può apparire un concetto banale e semplice, una parola che può avere molteplici accezioni in base al contesto in cui un essere umano si trova, volente o nolente, a doversi rapportare. Questo è il tema principale che caratterizza e traina il quindicesimo film che i Marvel Studios andranno a rilasciare nel nostro paese nelle prossime ore, affidando a James Gunn il compito di dirigere i cinque membri principali di un gruppo così eterogeneo da generare numerosi attriti.

Come già abbiamo avuto modo di apprendere, sia dalla campagna pubblicitaria messa in atto che da numerose interviste, in questa pellicola vedremo l’arrivo di Ego, padre di Peter Quill interpretato da Kurt Russell, che si ricongiungerà finalmente al figlio. Un evento che apre nuove porte per lo sviluppo non solo del personaggio di Star-Lord ma anche di tutto il gruppo, perché nel loro piccolo anche i guardiani sono una famiglia. Peter e Gamora, in quanto leader, svolgono una funzione a genitoriale nel seguire i propri compagni. Rocket, con il suo fare da sbroccato ed il suo modo di essere perennemente in contrasto con gli ordini superiori, svolge la funzione del fratello maggiore alla ricerca del posto che più gli appartiene. Drax è il classico zio strambo e poco ortodosso che cerca di proteggere i suoi cari mentre Groot, in questa sua fase minuta e giovanile, si comporta esattamente come il più piccolo dei bambini che ha bisogno sia di essere protetto sia di ricevere tutte le attenzioni possibili.
Dunque è interessante notare come l’arrivo di Ego vada a sconvolgere questo equilibrio, flebile ed instabile, che si è costruito nel tempo intercorso tra la prima e la seconda pellicola. Un’evoluzione che non abbiamo avuto modo di vedere ma della quale non necessitiamo alcun tipo di introduzione, veniamo posti di fronte alla più grande sfida che una famiglia debba affrontare nel corso degli eventi che la coinvolgono, il bisogno di restare uniti.

Gunn continua a caratterizzare sapientemente i protagonisti riuscendo nell’impresa di lasciare lo spazio adeguato all’evoluzione di ognuno di loro e, quando non bastano i tempi a disposizione, sfrutta intelligenti espedienti narrativi al fine di trasmettere al pubblico gli stati d’animo e le emozioni messe in gioco. Non si tratta più di fare cinema di mero intrattenimento, anche se la pellicola può tranquillamente essere apprezzata come tale, ma si tratta di voler narrare delle situazioni reali in un contesto fittizio ed immaginario, una sfida difficile che nel Marvel Cinematic Universe difficilmente riesce a trovare l’adeguato spazio. Da questa pellicola traspare tutto ciò che James Gunn ha voluto trasmettere, trasformando un blockbuster in un progetto più intenso ed intimo.

Nonostante questa complessità e questo approccio leggermente più autoriale, non si sono perse le atmosfere e le fantasie del primo capitolo. Ci troviamo ancora di fronte ad un film molto divertente che riesce nuovamente a gestire i tempi comici di ogni personaggio, dal più importante al più secondario, dando così l’impressione di trovarsi di fronte ad una grande commedia quasi comica. L’approccio dimostrato in questo capitolo ci fornisce una comicità più spinta e più persistente rispetto al suo predecessore, zoppicando soltanto in poche fasi in cui forse avrebbe dovuto prevalere un po’ di serietà ma, ciò nonostante, non si scade mai nella stucchevolezza mantenendo una costante attenzione di fronte a delle situazioni piacevolmente tragi-comiche. Ci siam trovati di fronte ad una pellicola ricca, piena e soprattutto completa che è riuscita a dare allo spettatore la possibilità di intrattenersi emozionandosi nelle più disparate maniere, non è solo importante ridere di queste situazioni ma è altrettanto interessante notare il retroscena meno divertente e più veritiero che, dopo il sorriso strappato, trascende e colpisce.

Colpisce con una fotografia che punta a sopprimere quei colori freddi come il viola e il blu, largamente utilizzati nel film del 2014, per lasciare spazio a delle tinte fondamentalmente più calde e corpose. Osservando le riprese panoramiche e gli ambienti è impossibile non notare la larga presenza di colori caldi come il rosso, l’arancio o il giallo, presi e posizionati sapientemente in modo tale da sfruttare tutte le loro sfumature e gradazioni. Raramente è possibile trovare dei difetti che riguardano il lato visivo del film ed il difetto, per quanto piccolo, diventa più evidente laddove il livello qualitativo è incredibilmente alto. Capita dunque di accorgersi del grosso distacco che vi è in alcune scene tra i personaggi e lo sfondo in lontananza tradendo in quel frangente l’illusione del vero che si è andata a creare, parliamo comunque di poche scene e di poche inquadrature in cui riscontriamo questa distorsione, pochi elementi che non vanno comunque ad inficiare sulla grande qualità tecnica degli effetti visivi ed effetti speciali utilizzati. Inoltre, la versione che abbiamo visionato era in 3D e abbiamo potuto godere di un ottimo utilizzo di tale tecnologia volta a pronunciare maggiormente la profondità degli ambienti e delle riprese, sfortunatamente alcuni movimenti di macchina hanno causato un effetto di sfocatura (il motion blur) ma non possiamo essere certi che questo sia un problema della pellicola, spesso capita infatti che se le attrezzature per la proiezione sono antiquate rispetto alla nuova pellicola l’effetto in questione viene riprodotto intaccando l’immagine originale.

Infine vi è la soundtrack, la colonna sonora è composta da ottimi brani che, come nel primo episodio, sono stati intelligentemente utilizzati per maggiormente delineare e rappresentare le situazioni a cui sono stati accostati ma, di contro, soffrono di un mancato appeal che non riesce ad insinuarsi nella mente dello spettatore. Nel primo film siamo usciti dalle sale con quel martellante “Ooga Chaka” che ci ha intrattenuti per giorni e che difficilmente siamo riusciti a scrollarci di dosso, qui non succede ed è facile uscire ricordando tutto ciò che si è visto ma difficilmente si uscirà canticchiando una o più delle track contenute, per quanto comunque queste possano essere state ben utilizzate.

Di fatto Guardiani della Galassia vol.2 è un’ottimo film realizzato curandosi minuziosamente di ogni dettaglio caratteriale dei personaggi, il tutto è un grosso esercizio stilistico che colpisce l’occhio e il cuore del lettore senza tralasciare le considerazioni più intellettuali che possono scaturire dalla visione della pellicola. Gunn dimostra un amore profondo e allo stesso tempo un gran rispetto per gli individui che si propone di mostrarci, contribuendo così a portare nel Marvel Cinematic Universe il perfetto esempio di forte legame famigliare, una Famiglia che potrebbe essere paragonata all’ideale presentato nella sfera fumettistica dai Fantastici 4 ma che si propone come valida alternativa per emergere in un media in cui egli stesso non può mettere mano al più iconico dei supergruppi.

Una menzione speciale vorrei farla nei confronti di Sean Gunn che, nei panni del Ravager Kraglin, riesce a dare una prova attoriale di gran lunga più convincente rispetto allo scorso film.


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