In uscita nelle sale italiane il 17 aprile, distribuito da Warner Bros., I Peccatori (Sinners) è una pellicola che segna il ritorno di Ryan Coogler alla regia di un’opera originale, dopo i successi dei franchise Creed e Black Panther. La pellicola si ambienta nel profondo Sud degli Stati Uniti durante gli anni ’30, in un periodo di forti tensioni razziali e incertezze sociali. Attraverso una fusione di melodramma gotico, horror soprannaturale e allegoria politica, il film si propone come una riflessione sulle cicatrici lasciate dal colonialismo e sul peso delle tradizioni culturali afroamericane. Coogler tenta di esplorare la lotta interiore di una comunità nera oppressa, il suo incontro con il peccato e la ricerca di una redenzione. Nonostante le sue intenzioni nobili e l’indubbio talento formale, il film fatica a mantenere un equilibrio narrativo. Le sue ambizioni visive, pur riuscite, vengono talvolta soffocate da un racconto troppo frammentato e una struttura narrativa disorganizzata. Abbiamo visto il film in anteprima e di seguito vi riportiamo il nostro parere.
Il film segue le vicende di due fratelli gemelli. Dopo aver lasciato il loro paese natale per cercare la loro strada, i due ritornano dopo tempo nella loro città, per lasciarsi alle spalle i loro problemi e ricominciare una nuova vita. Tuttavia, presto si rendono conto che i demoni del loro passato non sono niente in confronto alle presenze malvagie che li aspettano al loro ritorno.
La prima parte di I Peccatori è senza dubbio quella che lascia più perplessi. Coogler, in modo quasi febbrile, lancia lo spettatore in una serie di situazioni ricche di simbolismi, personaggi e tematiche sociali, ma senza mai dare il tempo di esplorarle adeguatamente. Il film introduce una vasta gamma di temi – razzismo sistemico, traumi intergenerazionali, ipocrisia religiosa, mascolinità tossica – ma rischia di sovraccaricare il pubblico con una sovraesposizione di questi concetti senza un vero approfondimento. Non solo la narrazione appare confusa, ma la sua intensità visiva si mescola con la fretta di voler trattare ogni argomento possibile. La rappresentazione della comunità afroamericana del Sud, così vibrante e dettagliata nei suoi riti e nelle sue tradizioni, purtroppo non riesce a decollare emotivamente, rendendo il primo atto quasi faticoso da seguire. Il ritmo viene interrotto da lungaggini inutili nella presentazione dei personaggi. Nonostante la potenza visiva dei primi fotogrammi, i volti dei protagonisti appaiono più come simboli vuoti che come individui con emozioni tangibili. Quella che potrebbe essere una critica potente alla società americana degli anni ’30, alla sua disuguaglianza e alle sue ferite aperte, risulta invece troppo dispersiva. Coogler sembra voler dire tutto subito, ma non si prende il tempo necessario per far risuonare i temi. Il risultato è un primo atto che rischia di allontanare lo spettatore, lasciandolo più confuso che coinvolto.
Nella seconda parte, il film trova finalmente una direzione più chiara. La trama si sposta verso il soprannaturale, con l’introduzione di una creatura vampirica che simboleggia tanto il trauma storico quanto la violenza sistematica. Qui, il film acquista una certa energia, mescolando azione, horror e riflessione, con un crescendo di tensione visiva che finalmente si amalgama in un’atmosfera più coerente. Tuttavia, l’impatto di questa transizione viene smorzato dalla pesantezza del primo atto. Nonostante l’intensificazione del genere horror, il film non riesce a liberarsi dalla sensazione di essere un’opera disgiunta. La parte horror risulta quindi essere un tentativo tardivo di conferire coerenza a una narrazione che, per quanto visivamente ricca, fatica a integrarsi con il racconto di partenza. La violenza che emerge nei momenti più critici non riesce a colpire come dovrebbe, in parte a causa della mancanza di un vero e proprio terreno emotivo su cui atterrare. Coogler riesce a sollevare momenti di grande suggestione visiva, ma il legame emotivo con il pubblico resta ancorato a un equilibrio troppo instabile.
In una pellicola che, per quanto visivamente potente, rischia di vacillare nei suoi fondamenti narrativi, è il cast che riesce a restituire un’umanità tangibile. Michael B. Jordan, in un doppio ruolo, offre una performance sfaccettata che riesce a gestire con maestria la contrapposizione tra la serenità spirituale e la violenza interiore. Jordan, purtroppo, viene a volte limitato dalla sceneggiatura, che non sempre sfrutta appieno le sue potenzialità. Miles Caton, al suo esordio, porta sullo schermo una profondità inaspettata. Caton riesce a trasmettere una vulnerabilità che si fa sentire anche nei momenti più intensi, una qualità rara in un attore così giovane che metta al servizio della pellicola anche una straordinaria dote canora. Tra gli interpreti anche Hailee Steinfeld, Wunmi Mosaku, Omar Benson Miller e un inedito Jack O’Connell. Una delle caratteristiche più affascinanti di I Peccatori è senza dubbio la sua colonna sonora. Ludwig Göransson, già noto per le sue collaborazioni con Coogler in Black Panther e compositore della colonna sonora del film Oppenheimer di Christopher Nolan, crea un tappeto sonoro che riflette perfettamente le contraddizioni del film. La fusione di jazz, blues e spiritual si mescola con influenze elettroniche e orchestrali, creando un paesaggio sonoro che enfatizza la disperazione e il desiderio di redenzione dei personaggi. La musica diventa così non solo un accompagnamento, ma una vera e propria componente narrativa, che dà corpo a quello che il film a volte fatica a esprimere verbalmente.
I Peccatori è un film che lascia un’impressione ambigua. Pur essendo un’opera visivamente accattivante e artisticamente interessante, non riesce mai a trovare un equilibrio narrativo che ne permetta l’efficacia. La fusione tra generi diversi – dal melodramma gotico all’horror, passando per la critica sociale e l’allegoria religiosa – risulta troppo ambiziosa e, a tratti, disorganizzata. La sua struttura frammentata, il sovraccarico di temi e l’introduzione di troppe sottotrame, senza mai completarle, fanno sì che il film perda il suo centro di gravità. Nonostante il lavoro eccellente del cast e la suggestiva colonna sonora, I Peccatori non riesce a sfruttare appieno il suo potenziale. La sua ricerca estetica e simbolica, pur valida, rimane ancorata in una narrazione che, per quanto affascinante, non sa decollare. Il risultato è un film che, pur trattando temi importanti e intensi, non riesce a dare pienamente soddisfazione emotiva o intellettuale.
I Peccatori arriva al cinema con Warner Bros. a partire dal 17 aprile. Ecco il trailer italiano del film: