La miniserie Il Gattopardo, che approda su Netflix il 5 marzo, si presenta come una trasposizione ambiziosa del celebre romanzo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, uno dei pilastri della letteratura italiana diretta da Tom Shankland con la collaborazione di Laura Luchetti e Giuseppe Capotondi. Il romanzo edito Feltrinelli, che affronta il lento e inesorabile declino della nobiltà siciliana nell’Ottocento, è noto per la sua capacità di trattare temi universali come la morte, la decadenza e la trasformazione sociale con una profondità filosofica unica. Netflix, in questa versione con protagonisti: Kim Rossi Stuart, Deva Cassel, Benedetta Porcaroli e Saul Nanni, ha scelto di aggiornare e adattare la storia per un pubblico contemporaneo, spostando l’attenzione su aspetti visivi e drammatici che rispondono a sensibilità moderne. Abbiamo visto la serie, composta da sei episodi, e di seguito vi riportiamo il nostro parere.

Don Fabrizio Corbera, Principe di Salina, è al centro della storia. Conduce una vita all’insegna della bellezza e dei privilegi, tuttavia l’aristocrazia siciliana si sentirà minacciata dall’unificazione italiana e così Fabrizio Corbera dovrà rendersi conto che il futuro della sua famiglia è minacciato da un grosso pericolo. Per cercare di salvare la sua casata e se stesso, Fabrizio dovrà per forza stringere nuove alleanze, benché ciò lo faccio andare contro i suoi principi.

La miniserie de Il Gattopardo, segue la trama centrale del romanzo di Lampedusa, focalizzandosi sulla figura del Principe di Salina (Kim Rossi Stuart), tuttavia, a differenza del libro, che è denso di riflessioni filosofiche e sociali sul tramonto dell’aristocrazia, l’adattamento Netflix enfatizza il conflitto tra classi sociali e la trasformazione della Sicilia attraverso una lente più visiva e meno concettuale. Il racconto si concentra maggiormente sulle dinamiche familiari e sociali, facendo emergere i temi della lotta tra il vecchio e il nuovo, tra la nobiltà in decadenza e la borghesia emergente. Luchino Visconti nel 1963, che aveva trasformato Il Gattopardo in un’opera cinematografica densa di simbolismi e allegorie sul declino di una classe sociale, la versione di Netflix sembra optare per una rappresentazione più accessibile e meno impegnativa. Mentre Visconti esplorava la fine della nobiltà siciliana attraverso un approccio lento, riflessivo e carico di significato, la serie di Netflix sembra voler giungere al cuore della storia più rapidamente, mettendo in secondo piano la riflessione critica e concentrandosi su elementi narrativi che parlano più direttamente alla sensibilità del pubblico odierno. La trama, pur rimanendo sostanzialmente fedele agli eventi narrati nel libro, non vuole – o forse non riesce – a trasmettere la stessa complessità intellettuale che il romanzo originale (e il film di Visconti) avevano saputo evocare.

Uno degli elementi di maggior impatto della miniserie è senza dubbio la sua estetica. La ricostruzione storica della Sicilia dell’Ottocento è impressionante, con scenografie che catturano perfettamente l’atmosfera aristocratica di quel periodo. I palazzi, le dimore nobiliari, i cortili, sono resi con una precisione tale da sembrare usciti direttamente dalle pagine del romanzo. Ogni scena è caratterizzata dai dettagli più disparati, come gli oggetti d’epoca, i gioielli e i costumi, talmente ben realizzati che rischiano di prendere il sopravvento sui personaggi e sugli sviluppi narrativi, spingendo lo spettatore a concentrarsi più sulla bellezza della Sicilia e dei suoi paesaggi che sui conflitti interiori dei protagonisti. I costumi giocano un ruolo. Ogni abito indossato dai personaggi è studiato nei minimi dettagli per riflettere non solo l’epoca, ma anche la posizione sociale e le ambizioni di ciascun personaggio. L’abbigliamento di Angelica, interpretata da Deva Cassel, diventa emblema del conflitto tra la nobiltà in declino e la borghesia. La straordinaria cura nella ricostruzione storica, infatti, fa spesso da sfondo a una narrazione che non sempre riesce a rendere giustizia alla complessità dei personaggi. Sebbene vengano toccati temi rilevanti come la fine dell’aristocrazia terriera e l’ascesa della nuova borghesia, l’adattamento di Netflix non approfondisce mai in modo adeguato la portata storica di questi cambiamenti. La serie accenna a momenti storici cruciali, ma non si spinge oltre, limitandosi a tracciare contorni superficiali senza mai esplorare la rilevanza politica di questi eventi. La narrazione si concentra sulle emozioni individuali dei personaggi e sui loro conflitti interni, ma perde la dimensione collettiva e storica che aveva reso il romanzo di Lampedusa un’analisi così lucida della società siciliana del tempo.

Una delle principali novità introdotte dall’adattamento de Il Gattopardo di Netflix, riguarda il trattamento di Concetta, un personaggio che nel romanzo e nel film di Visconti era perlopiù una figura passiva e testimone della decadenza della sua famiglia. In questa versione, Concetta diventa una protagonista più attiva e complessa, che non si limita più a osservare gli eventi, ma li vive in prima persona. Interpretata da Benedetta Porcaroli, la figura di Concetta acquisisce una nuova profondità psicologica, divenendo simbolo di una borghesia in ascesa che, pur mantenendo il legame con la nobiltà, si distingue per le proprie aspirazioni e la ricerca di una nuova identità. Il suo personaggio non è più solo il “riflesso” delle dinamiche familiari, ma una figura che partecipa e influenzerà l’evoluzione della sua famiglia e della Sicilia stessa. Sebbene la serie cerchi di dare maggiore spessore a Concetta, la sua narrazione perde forza con il passare degli episodi.

Le interpretazioni degli attori sono generalmente buone, ma non raggiungono l’intensità che ci si potrebbe aspettare da un adattamento di tale portata. Kim Rossi Stuart nel ruolo del Principe di Salina, riescde a trasmettere la dignità e il conflitto interiore di un uomo che è consapevole del suo ruolo in un mondo che sta cambiando. Deva Cassel, è magnetica e affascinante nel ruolo di Angelica, ma non sempre riesce a rendere pienamente la complessità del suo personaggio. La sua interpretazione, pur riuscendo a essere elegante, non sempre è in grado di penetrare la profondità emotiva che ci si aspetterebbe da una figura così centrale. Benedetta Porcaroli, con la sua Concetta, porta una ventata di freschezza al personaggio, ma anche qui la sua performance risente di una trama che non sempre offre coerenza al suo sviluppo. Tancredi, interpretato da Saul Nanni, rappresenta il passaggio dalla vecchia aristocrazia alla nuova borghesia. Sebbene Nanni riesca a portare freschezza e vitalità al personaggio, risulta però più un giovane disilluso che cerca di abbandonare il passato per inseguire le proprie inclinazioni personali. La sua relazione con Angelica perde la carica simbolica che aveva nel romanzo e le dinamiche tra Tancredi e il Principe di Salina, cariche di tensione nel libro, non sono altrettanto esplorate. In generale, la performance di Nanni è convincente, ma la modernizzazione del personaggio tende a semplificarlo.

Il Gattopardo è una miniserie visivamente sbalorditiva e curata, ma che perde parte della sua forza narrativa a causa di una predominanza estetica che limita l’esplorazione della storia e dei suoi temi principali. Se da un lato riesce a offrire una rilettura interessante di alcuni personaggi, come Concetta, dall’altro non riesce a mantenere il livello di profondità storica e politica che aveva reso il romanzo e il film di Visconti così potenti. La serie, pur riuscendo a sedurre con la sua bellezza visiva, potrebbe risultare deludente per chi cercava una riflessione critica più completa.


Il Gattopardo arriva su Netflix a partire dal 5 marzo. Ecco il trailer della serie:

RASSEGNA PANORAMICA
Il Gattopardo
7
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Classe 1995, laureato in critica cinematografica, trascorro il tempo tra un film, una episodio di una serie tv e le pagine di un romanzo. Datemi un playlist anni '80, una storia di Stephen King e un film di Wes Anderson e sarò felice.
il-gattopardo-piu-estetica-e-meno-riflessione-storica-nelladattamento-netflix-del-capolavoro-di-lampedusaIl Gattopardo di Netflix è una miniserie visivamente sbalorditiva e curata, ma che perde parte della sua forza narrativa a causa di una predominanza estetica che limita l'esplorazione della storia e dei suoi temi principali. Se da un lato riesce a offrire una rilettura interessante di alcuni personaggi, come Concetta, dall'altro non riesce a mantenere il livello di profondità storica e politica che aveva reso il romanzo e il film di Visconti così potenti. La serie, pur riuscendo a sedurre con la sua bellezza visiva, potrebbe risultare deludente per chi cercava una riflessione critica più completa.

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