Durante il Lucca Comics & Games 2023, grazie a Bao Publishing, abbiamo avuto il piacere di scambiare quattro con Jacopo Starace, autore di uno dei graphic novel più interessanti usciti nel corso del 2023: Essere Montagna (qui la nostra recensione).
Durante l’intervista Jacopo ci ha parlato della sua carriera, del processo creativo che lo ha portato a creare Essere Montagna e di Nove Maghi (qui la nostra recensione), il primo sorprendente progetto del collettivo Trincea Ibiza di cui Starace è uno dei membri. Di seguito la nostra intervista completa a Jacopo Starace:
Ciao Jacopo, benvenuto su Redcapes, parlaci un po’ di te e dei tuoi lavori, così ti presenti al nostro pubblico.
Jacopo: “Sono un illustratore e fumettista di Milano. Ho iniziato la mia carriera studiando scenografia e forse si nota come l’impostazione teatrale faccia sempre parte dei miei fumetti, anche se poi ho lasciato un po’ da parte l’ambiente del teatro. Collaboro con diverse riviste e case editrici italiane, faccio il copertinista per collane di romanzi e saggistica, nel 2019 entro a far parte del Progetto Stigma con cui pubblico il mio primo graphic novel INN, uscito insieme a Eris Edizioni. Il mio secondo libro è Être Montagne pubblicato in Francia per le Éditions Sarbacane nel settembre 2022, che è poi uscito anche in Italia per Bao Publishing nel 2023. Qui a Lucca sono per la prima volta con il mio nuovo collettivo Trincea Ibiza – che vede, oltre a me, i miei cari compagni di fumetti Spugna, Pablo Cammello, Marco Caselli, Sdolz, Tommygun Moretti, Jazz Manciola, Luciop e Martoz – con cui abbiamo fatto uscire il volume Nove Maghi, bello corposo, che è il primo, spero, di una lunga serie.”
Lo speriamo anche noi perché è molto interessante, ma ne parliamo dopo. Parliamo prima di Essere Montagna, puoi dirci di cosa parla e cosa volevi trasmettere ai lettori con questa storia?
Jacopo: “Essere Montagna per me è un punto di partenza, volevo raccontare il viaggio verso la guarigione e capire perché questo percorso non tende sempre alla felicità, ma prevede anche molto malessere. Il protagonista è un ragazzo di nome Myco – un esserino alto qualche millimetro come tutto il suo popolo degli “esseri formica” – che a causa di una brutta epidemia che imperversa nel suo villaggio, è costretto a partire insieme alla sorellina malata, verso la grande montagna, per trovare quell’antidoto miracoloso che si crede sia conservato lì. Esistono poi questi “esseri montagna”, creature considerate divine, che si pensa abbiano donato l’antidoto durante la prima epidemia anni prima, ma queste convinzioni sono anche influenzate dai culti che vogliono avere il comando senza affidarsi ai fatti… non aggiungo altro per evitare spoiler!”
Essere Montagna ha un incipit e un setting che potrebbe ricordare storia come The Last of Us o Lone Wolf & Cub, quindi un mondo prossimo alla fine e distopico. Cosa ti simola di questo setting perché lo hai scelto per raccontare questa storia? C’è un motivo particolare?
Jacopo: “Molte recensioni francesi hanno scritto che è un romanzo post apocalittico, altri lo hanno chiamato romanzo di anticipazione che – io non lo sapevo – è un vero e proprio genere narrativo, però per me è qualcosa di diverso. Ho iniziato questa storia pensandola come una semplice avventura, forse un po’ fantasy. Poi ho scelto un’ambientazione che è anche molto attuale, descrivendo un cataclisma naturale che è silenzioso e proprio per questo che fa molta paura. Probabilmente il binomio catastrofe ambientale e adattabilità umana è ciò che trovo più spaventoso in assoluto. Una grande minaccia che potrebbe distruggerci da un momento all’altro, e questo mi terrorizza.”
Tu vieni dal teatro e dalla scenografia, e in Essere Montagna un elemento importantissimo è il colore. L’utilizzo del colore lo hai pensato sin da subito oppure è arrivato durante la lavorazione?
Jacopo: “Il colore è la mia zona di comfort, di tutta la mia produzione artistica è la cosa che secondo me riesco a fare meglio. Sono un grande amante del racconto del colore, appunto perché lo utilizzo come un agente narrativo: lo paragono sempre alla colonna sonora dei film perché, nei fumetti, la colorazione aiuta il lettore a sintonizzarsi sugli stati emotivi dei personaggi o il tono della scena. Ho sempre lavorato moltissimo sul racconto d’atmosfera, quest’attenzione viene proprio dalla mia esperienza nel teatro dove mi è capitato spesso di usare le luci e filtri colorati per adattare le scenografie, e credo si noti in Essere Montagna. Ad esempio la luce che ho scelto di usare per le tavole del libro non è assolutamente naturale: arriva tutta da una parte, da destra verso sinistra, perché adoro questa composizione un po’ metafisica e avere sempre una luce forte che delinea i personaggi. Ci sono anche pagine prive di luce, nel senso che ho utilizzato colori piatti, dove solo i personaggi sono illuminati, perché così possono risaltare, quasi come se avessero degli spotlight puntati addosso su un palco teatrale. Delle luci che comandano la scena e indirizzano verso un determinato punto della pagina.”
Parlando adesso di Nove maghi, il lavoro che stai facendo col tuo collettivo Trincea Ibiza. Voi avete fatto un fumetto molto interessante in cui nove autori hanno realizzato un unico fumetto in cui ognuno disegnava il suo personaggio e, nella storia, il mondo che rappresenta quel personaggio. Puoi raccontarci qualcosa del progetto e della realizzazione perché in tanti hanno provato a fare un lavoro del genere ma in pochi sono riusciti a realizzarlo.
Jacopo: “Al momento siamo 9 autori, prossimamente saremo in 11, una squadra di calcio completa (ride, ndr). Praticamente, siamo autori che si conoscono da ormai dieci anni, forse di più, siamo sempre andati insieme alle fiere o ai festival underground e così è nata questa amicizia molto forte. È successo poi che molti di noi si sono trasferiti a Milano, abbiamo iniziato a frequentarci e abbiamo creato un gruppo WhatsApp in cui cazzeggiare. Durante il covid, grazie al suggerimento di un nostro caro amico che ci ha detto “ma perché non fate qualcosa insieme?”, abbiamo deciso di provare a fare un fumetto e – ovviamente – di fare il progetto più difficile di tutti! Coordinarci è stata veramente dura. Sia perché ognuno di noi aveva altri lavori paralleli da portare avanti, sia perché finché non è diventato un progetto reale c’era la tendenza a rimandare. Far sì che tutti facessero le loro tavole non è stato semplice: c’era la trama, lo storyboard, poi gli sfondi 3D e l’inserimento di tutti i personaggi… dovevamo seguire una routine precisa, soltanto che quando questo movimento di ingranaggi si inceppava per qualsiasi motivo, allora iniziavano i ritardi e i problemi, quindi è stato davvero complesso far filare tutto. Con un po’ di olio di gomito da parte di tutti, abbiamo portato a casa il progetto con un bel risultato!”
Vuoi raccontarci di cosa parla?
Jacopo: “Nove maghi è la storia di questi 9 maghi imprigionati nel carcere di massima sicurezza di Abracadalcatraz che vengono sorteggiati da una regia occulta per giocare un gioco da tavola magico, un gioco psichico, e in palio c’è la libertà. Chi vince potrà uscire di prigione. Ogni mago ha un potere speciale: c’è il mago che fa pena, il mago che tira fuori le mazze chiodate dal cappello, c’è il mio mago – Scioglilingua – che è in grado di cambiare i dialoghi degli altri, ed è tutto concepito in modo tale che ogni mago sia amico e nemico di tutti gli altri, anche perché solo uno potrà veramente uscire.”
E chi vincerà? Probabilmente quello di Cammello, dato che la storia l’ha scritta lui.
Jacopo: “Posso dire una cosa? Quello di Cammello già all’inizio del libro è morto.”
Grazie Mille Jacopo per la tua disponibilità.
Jacopo: “Grazie a voi per l’intervista!”