Intervista a Nicolò Pellizzon: “Il lettore deve adattarsi alla storia come quando parte per un viaggio” | Esclusiva Cartoomics 2019

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La splendida serie fantasy di Nicolò Pellizzon, Haxa, è arrivata al suo secondo capitolo. Durante la scorsa edizione di Cartoomics, abbiamo incontrato l’autore, ospite della fiera grazie a Bao Publishing.


Ciao Nicolò, benvenuto su RedCapes! Come stai?

Bene, grazie!

Come sta andando la fiera?

Bene direi, non ci ero mai stato. C’è davvero tanta gente, e la struttura del posto mi piace molto.

haxaEra un po’ di tempo che speravo di incontrarti per parlare di Haxa. Prima di scendere nello specifico però, vorrei che ci raccontassi quello che il tuo percorso nel mondo del fumetto e quando questo è diventato il tuo lavoro.

Ho iniziato a fare fumetti nel 2010, prima ho lavorato come fotografo, grafico e ho fatto anche animazioni per dei video musicali. Sempre disegnando molto. Nel 2010, ho frequentato per un anno la specialistica di linguaggio del fumetto a Bologna, senza finirla perché volevo fare i fumetti e non fare gli esami. Ho cominciato facendo delle storie brevi, per la rivista Animals. Quando questa ha chiuso, ho cominciato a lavorare a Lezioni di Anatomia (GRRRz, 2012 e 2018), il mio primo libro. L’idea di Haxa, il fatto che ci siano delle persone che pratichino la magia a nostra insaputa, è in me da quando ero ragazzino. Delcourt mi chiese di proporgli un progetto, e decisi di proporre quello a cui stavo lavorando, cioè Haxa, anche a Bao Publishing. Una volta presentato alla casa editrice francese mi dissero che cercavano una storia più realistica, magari di guerra (hanno chiesto alla persona sbagliata). Mentre sviluppavo i capitoli della saga, sono riuscito a pubblicare anche Horses (Canicola, 2016) per poi arrivare al 2017 con il primo capitolo di Haxa.

Guardando sui tuoi social, ho notato quanto ti affascinino la magia e l’occulto. Come mai questo interesse?

Ho un modo di vedere la realtà in senso magico. Io penso che esista la magia, semplicemente la giustifichiamo in un altro modo. Pensa, ad esempio, a chi fa voodoo, una pratica che funziona per pattern cognitivi: se ad Haiti, qualcuno vede una persona con gli occhiali scuri, il cappello, vestito di nero, pensa che sia una manifestazione di Baron Samedi. Mentre in Giappone molte persone vedono gli yokai. In generale l’occulto mi ha sempre affascinato da ragazzino anche perché ascoltavo un sacco di musica metal.

Arriviamo ad Haxa. Da dove è nata la volontà di raccontare questa storia? E perché fare una serie, visto che hai sempre lavorato su storie autoconclusive?

C’è stato un periodo, fra Lezioni di Anatomia e Gli Amari Consigli, durante il quale ho collaborato molto con collettivi di fumettisti, come Delebile e Teiera, per dei racconti brevi. Ho capito allora quanto quello che vuoi raccontare è radicalmente legato alla lunghezza del racconto ma sopratutto a quello che significa per chi lo legge. Con Haxa, liberandomi del concetto di libro singolo ho potuto creare dei personaggi che hanno un’evoluzione lungo il tempo, cosa che sarebbe venuta molto più superficiale se avessi lavorato su un libro di 150 pagine. Sophia, nel primo libro, non fa solo parte di una minoranza, con tutto ciò che ne consegue. All’interno della gang di ragazze, è comunque la più “sfigata”. Con lo stacco temporale di due anni fra il primo e il secondo libro, posso riprendere i personaggi alla fine di un evoluzione emotiva, la stessa Sophia, avendo subito derisione e poca considerazione nelle sue capacità è diventata una persona che quando si trova in una situazione di potere, ne approfitta, senza farsi scrupoli.

haxaQuindi di cosa parla Haxa?

È una saga di fantascienza, legata alle relazioni fra i personaggi. Il mondo in cui si svolge è tenuto sullo sfondo, ma allo stesso tempo è messo al centro dei problemi che Sophia, Claire e Aiko incontrano. Mi sono focalizzato su ciò che succederebbe se gli eventi di Haxa accadessero nella nostra realtà, e su parlare di quanto noi stessi siamo piccoli e insignificanti, rispetto a ciò che accade nel mondo. Le protagoniste di Haxa hanno un ruolo che in gran parte della storia collettiva non è determinante. L’apporto al bene o al male che si fa al mondo (al prossimo o ai prossimi) ha una connotazione più mistica che legata a una “morale” sovrastante o al karma. Penso che anche nella nostra vita di tutti i giorni, non si può sapere cosa ne deriverà davvero dal fare “la cosa giusta” (o quella sbagliata), se non un piccolo cambiamento in meglio separato in una moltitudine di dividendi.

Una cosa che mi piace un sacco di Haxa, e in generale di tutti quei fumetti (fantasy), è l’operazione di world building, la creazione e l’approfondimento di un mondo, cosa che tu fai sia nel fare recitare i personaggi, sia spiegano determinati concetti e meccanismi, sia con delle schede, inserite fra un capitolo e l’altro. A cosa ti sei ispirato per creare questo mondo? Come lo sviluppi, e come ti piacerebbe farlo crescere?

Cerco di partire da basi solide, cioè mi focalizzo sulle differenze significative tra il nostro mondo e quello immaginario. La materica, ad esempio, è un materiale che può essere composto e ricomposto per fabbricare oggetti di diverso tipo, da strumenti tecnologici a utensili di qualsiasi tipo. Non ho pensato solo ai suoi utilizzi, ma anche le implicazioni sociali che avrebbe nel nostro mondo. Alcuni dettagli sono in secondo piano, e spesso sono i più interessanti perché sono quelli su cui si può spingere di più con la fantasia (visto che la base è definita e chiara), come le storie delle creature e l’utilizzo che ne fanno i goetiani, usandole per combattere. Immagino che i goetiani siano un po’ animalisti, in un modo strano che però prevede lo sfruttamento delle specie che sono state allevate nel corso dei secoli. Queste cose in Haxa emergono solo in modo intuitivo, ma sono andato più a fondo con la ricerca. Sempre i goetiani ad esempio, incrociano le creature nella nostra dimensione e poi la rimandano indietro. Il tempo però non scorre uguale in tutte le dimensioni, quindi spesso la selezione delle specie avviene in tempi molto brevi, e senza averne un vero controllo. È un modo di ragionare che procede per tentativi, andando ad allontanarsi dal pensiero dell’Hexacustodit, che è marziale, basandosi sulla manipolazione degli elementi attraverso il modo in cui il corpo si muove nello spazio.

Quando hai concepito Haxa, quali sono stati invece i riferimenti grafici a cui hai guardato di più?

Ho preso molto dai manga di Evangelion e Sailor Moon, mentre per lo sviluppo del mondo ho preso ispirazione da Tolkien e da “Dune” di Herbert, ma anche da Ursula K. Le Guin. Concepisco il libro stesso come parte del mondo immaginario, quindi anche il modo in cui viene raccontata la storia fa parte di un altro mondo. In questo modo il lettore deve adattarsi alla storia come quando parte per un viaggio o un avventura.

haxaIn particolare in questo secondo capitolo, mi ha colpito molto il carattere dei personaggi più giovani. Penso ad esempio alla gyangu di Sophia, ragazze che vanno contro tutto e tutti per farsi accettare, per trovare un proprio posto nel mondo, spinte da questo impeto tipico dell’età giovanile.

Le ragazze crescono: nel secondo volume, i loro problemi sono quelli di persone dai 21 ai 24 anni. Nel finale del primo libro, pensavo che il finale avrebbe dovuto dimostrare quanto sono delle tipe toste. Quindi nella prima versione della sceneggiatura avevano un piano e lo seguivano alla lettera. Ma mi è stato fatto notare dai miei editors che a 18 anni quando hai un piano, il 90% delle volte salta perché si è tutti troppo irresponsabili per portarlo a termine. Nel secondo volume i problemi diventano più da adulti, come la convivenza (quasi forzata) gli amori che portano l’amicizia in secondo piano, il non voler andare a fondo ai problemi perché ci si aspetta una rottura. Tutto questo in un mondo ostile.

Notavo anche che c’è stato un cambiamento dal punto di vista grafico, in particolare guardando ai colori. Rendono il tutto più tridimensionale nella loro varietà, cosa che è una tua cifra stilistica molto personale. Hai voluto sperimentare?

Semplicemente, credo di essere diventato più bravo. Il primo capitolo era un’introduzione a questo mondo, quindi la colorazione è molto legata alle ambientazioni e alla loro varietà. Nel secondo volume i colori sono molto più uniti e i volumi più definiti. Si entra nella storia di Haxa. Se il bianco e nero rende l’opera più vicina allo spettatore (perché aggiunge il colore nella sua testa) il colore mette l’immaginazione su dei binari. Quindi ho esagerato volutamente con i colori proprio per rendere questa esperienza realistica ma attraverso una resa irrealistica.

Sai già come si svilupperà e concluderà la storia?

Ho già le linee generali sia dei cambiamenti globali sia su ciò che accadrà ai personaggi. Ho lasciato appositamente delle cose ancora da definire, per non annoiarmi.

E dopo Haxa? Hai già altre idee in mente?

Dal 2014, ci ho dato davvero dentro con i fumetti, e sono sicuro che qualcosa cambierà nel mio modo di farli dopo Haxa. Se hai letto Gli Amari Consigli, Horses o Lezioni di Anatomia, ti sarai reso conto che ho sempre usato un approccio diverso: quello più vicino al fumetto classico, è proprio quello con cui ho realizzato Haxa. Oltre al terzo volume sto lavorando a un progetto con la scrittrice Giulia Caminito.

Grazie mille per il tuo tempo Nicolò. Buona chiusura di Cartoomics!

Grazie a voi!