In anteprima alla scorsa Lucca Comics & Games i ragazzi di Edizioni BD hanno portato La Città Senza Nome, trilogia Fantasy dell’autrice canadese Faith Erin Hicks. Sempre a Lucca, Edizioni BD ci ha anche dato la possibilità di intervistare la stessa autrice durante il festival, intervista che trovate completa a questo link.
Oggi parliamo proprio de La Città Senza Nome, una delle ultime opere dell’autrice canadese pubblicata tra il 2016 e il 2018 dall’editore americano First Second Books. L’opera conta 3 volumi da circa 250 pagine ciascuno, raccolti dall’editore in un bel cofanetto. Per chi conoscesse poco l’autrice, ed immagino ce ne saranno molti dal momento che questo è il primo suo lavoro ad essere edito qui in Italia, Faith si è in passato distinta per altre storie con protagonisti giovanissimi, al punto che nel 2014 ha vinto un Eisner Award con The Adventures of Superhero Girl per la ‘Miglior Pubblicazione per Ragazzi’. ‘La Città Senza Nome’ infatti racconta appunto di una città, in una parte non-ben specificata dell’Asia, al centro delle mire conquistatrici di diverse tribù che da tempo immemore si contendono la sua postazione strategica ed il conseguente possesso delle vie commerciali via mare. La città infatti pare essere l’unico sbocco che la terra offre sul mare in quella regione, rimanendo di fatto isolata da una ininterrotta catena montuosa. La questione è ricorrente ed il motivo per cui la città non abbia un nome univoco dipende dal frequente susseguirsi delle diverse dominazioni alla testa della città. Nonostante la capitale abbia visto una successione notevole di popoli avvicendarsi al suo governo, lo zoccolo duro della sua popolazione continua a rimanere un calderone multiculturale e multi-etnico che, in quanto tale, conferisce e proietta concetti e sensazioni diverse sulla città, associandogli tanti nomi diversi.
Kai, uno dei protagonisti di questo racconto, pur godendo di uno status privilegiato ed essendo figlio di uno degli alti funzionari della Città Senza Nome, rimane un’anima estranea ai conflitti che la caratterizzano. Kai infatti pur appartenendo al popolo dei Dao, attualmente al potere, ha vissuto la sua infanzia lontano dalle controversie della città per rimanere al fianco della madre, oggi leader della tribù dei LiuyeDao. Ad un certo punto della sua vita Kai però sente il richiamo paterno e decide di trasferirsi in città per seguire l’addestramento che il popolo Dao impartisce ai propri giovani e per ricongiungersi finalmente con suo padre. Una volta giunto in città, Kai farà la conoscenza di Ratto, una giovane ragazza di strada con cui stringerà un’amicizia che potremmo definire in certi termini ‘sconveniente’ per quelli che sono i rapporti che intercorrono tra i Dao e le varie etnie della Città Senza Nome, ad essi assoggettati. Il motore del racconto è appunto quest’amicizia improbabile che spingerà il giovane a porsi in modo estremamente critico rispetto ad un insieme di temi, estremamente complessi. Si, perché La Città Senza Nome pur essendo un racconto per i più giovani è una storia che in nessun modo risulta edulcorata ma che anzi, insiste su questa contrapposizione di temi complessi e “mentalità innocente” per far riflettere il lettore, che questo sia un ragazzo o un adulto. Il risultato è una veicolazione di temi spinosi e molto discussi come la xenofobia, la politica, l’amministrazione di una città in modo estremamente immediato. Riprendendo una frase che la stessa Faith ha usato durante la sua intervista “I ragazzi ispirano” e leggendo La Città Senza Nome non si può che concordare con questa affermazione. Di fatto, una lettura che originariamente era stata concepita per essere fruita dal pubblico più giovane, diventa estremamente pertinente e intrigante anche ad uno sguardo più adulto.
D’altra parte, Faith non ha commesso nemmeno l’errore di cadere nello stereotipo opposto, ovvero mettere tutto in discussione per il solo gusto di farlo. Kai e Rat riescono a mettere in luce molti aspetti che appaiono controversi riguardo la loro città ma anche loro al momento delle risposte vacillano e spesso vengono schiacciati dalle diverse spinte contrastanti. L’unica cosa che possono fare è portare avanti quella che è una loro visione del problema, consci delle proprie limitazioni. La Città Senza Nome non è un fumetto che cerca di dare risposte semplici a domande complesse e questo denota grande maturità da parte dell’autrice. Spesso il compromesso per quando infimo possa apparire è una soluzione che deve essere abbracciata per una convivenza pacifica. A questa spinta pacata e razionale dei giovani protagonisti, che comunque non mancano di commettere errori, si contrappone la visione totalitaria di chi cerca di imporre la propria supremazia con ogni mezzo.
Inevitabilmente la caratterizzazione dei personaggi è un processo di sedimentazione lento e costante che accompagna il lettore durante tutta la trilogia, in cui i nostri protagonisti cresceranno fino all’ultima pagina. Molto bello vedere come gli eventi e le scoperte che saranno fatte nel corso della storia, plasmeranno le idee dei nostri e come l’esperienza influirà sulle loro decisioni. Quelli di La Città Senza Nome sono personaggi vividi nella mente del lettore, il quale inevitabilmente progredisce con l’avanzare della vicenda.
Tuttavia, La Città Senza Nome non è solo e soltanto un’opera riflessiva, ma è anche un’opera densa di azione, movimento, esplorazione e avventura. Come conciliare però questi elementi con un libro sostanzialmente per ragazzi di 8-12 anni? Anche in questo caso Faith si è dimostrata un’autrice capace ed intelligente perché invece di edulcorare battaglie o combattimenti – che sono comunque presenti – ha ben pensato di spostare l’attenzione sul movimento, la corsa e le acrobazie in cui Rat e Kai si cimentano nello spostarsi da un punto ad un altro della città. Questa componente rimane comunque un elemento ben intrecciato con la trama in quanto rappresenta la scintilla che in principio ha portato i due giovani ad avvicinarsi. Azione che tra l’altro è dosata perfettamente e diluisce magistralmente le sequenze più compassate e dialettiche, donando alla storia un ritmo estremamente piacevole: La Città Senza Nome potrebbe essere letto senza problemi nel giro di una serata, arrivando alla fine senza che nemmeno ve ne sia te accorti.
Artisticamente è un lavoro fatto con estrema cura, sia proprio nello studio dei character design, delle ambientazioni e dei luoghi. Faith ha speso molto del suo tempo in ricerche sulla materia per cercare di essere più verosimile possibile con quella che doveva essere la cultura e le usanze in Asia durante il periodo della Via della seta. Grande attenzione è anche riservata ai particolari e alle espressioni facciali. Nonostante sia una storia molto parlata, spesso e volentieri sono più i silenzi e le scene mute a dire dello stato d’animo di un dato personaggio che le parole che escono dalla sua bocca. Questo denota una maturità artistica mai scontata e uno storytelling estremamente efficace. I colori sono di Jordie Bellaire, una professionista del campo che non necessita dei miei elogi per essere apprezzata: a colpo d’occhio La Città Senza Nome si presenta come una bella opera anche e soprattutto grazie al suo contributo.
Non scendo in ulteriori dettagli della trama per non rovinarvi il gusto della scoperta ma sappiate che la Città Senza Nome è una trilogia che intrattiene e fa riflettere come poche altre ce ne sono in giro in questo momento. Fresca, divertente ma al contempo arguta e mai banale La Città Senza Nome è stata pubblicata tra l’altro in un bellissimo cofanetto. Questa volta Edizioni BD – è il caso di dirlo – ha fatto veramente centro con quest’opera.
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