La figlia di Alan Moore spiega l’avversione del padre per i supereroi

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Alan Moore

Negli scorsi giorni, il nome di Alan Moore è tornato alla ribalta, non per una nuova opera a fumetti, ma per una dichiarazione, estrapolata da un’intervista di due anni fa, in cui il Bardo esprimeva una posizione decisamente poco positiva nei confronti dei supereroi.

Le molte polemiche scaturite dalle parole di Moore (che, ribadiamo, non sono recenti, ma sono state riportate in un periodo in cui le polemiche verso i supereroi ed i loro derivati, nella fattispecie i cinecomics, sono decisamente all’ordine del giorno, grazie alla vicenda Scorsese) hanno spinto la figlia del Bardo, Leah Moore, a spiegare per quale motivo l’amore di Alan Moore nei confronti dei supereroi si sia deteriorato.

Queste le parole della scrittrice:

Sono triste, ovviamente, per il fatto che mio padre non riesca ad apprezzare fumetti che, secondo me, potrebbe apprezzare. O film basati sui fumetti, che apprezzerebbe, soprattutto per il loro essere fonte di gioia, ispirazione e supporto a milioni di persone nel mondo. Non si è mai seduto di fianco ad una bambina di dieci anni che sta guardando Wonder Woman o Captain Marvel, e questo mi dispiace.
Però credo che la gente si stia fossilizzando sul “cosa” senza pensare al “perché”. Mio padre amava i fumetti di supereroi così tanto da cercare di renderli qualcosa che scatenasse pensieri e sentimenti, che parlasse alla gente nello stesso modo in cui i supereroi avevano sempre parlato proprio a lui. Ho la sua collezione di fumetti Marvel, consumata da quanto è stata letta. L’ho visto entusiasta ogni volta che riusciva a trovare uno stock di fumetti di seconda mano ad un mercatino, in un garage, o quando riusciva a comprarli dagli ambulanti a Great Yarmouth durante le feste. Non sarebbe stato in grado di non amare i fumetti di supereroi nemmeno se avesse voluto. Jack Kyrby era il suo idolo, Ditko era il suo idolo. Ma l’amore per i supereroi si è incrinato quando ha cominciato a percepire che il suo adorato medium fosse governato da despoti, che le persone che lo avevano reso magico fossero state tradite, che il loro contributo non fosse valorizzato, che gli fosse stato letteralmente rubato. E’ qualcosa che odiava già prima di Watchmen. Sapeva che Kirby era stato bistrattato. E questo è capitato anche a lui, più e più volte, e non si trattava di questioni di affari, o di un pizzico di sfortuna, e questa cosa l’ha spezzato. Quello che amava fare di più, quello per il quale aveva donato un’enorme fetta del proprio tempo, non riusciva più a farlo. Vi immaginate se invece di essere “il fottuto burbero Alan Moore che sbraita dalla sua caverna” avesse passato gli ultimi quarant’anni a sfornare albi per DC Comics e le altre case editrici? A creare mondi pieni dei supereroi che tanto ama? A godersi i fumetti? E’ uno spreco.

Leah Moore spera ovviamente che il padre possa ancora amare i fumetti di supereroi, ma allo stesso tempo è sconvolta da come la gente non riesca a capire le ragioni che hanno spinto Alan Moore a prendere una simile posizione.

Sicuramente Alan Moore non è il personaggio più accomodante e semplice del comicdom, ma è anche vero che il semplice fatto che alcune sue dichiarazioni di due anni fa siano state estrapolate fuori contesto solo per alimentare la recente tendenza che cerca la polemica facile, accostando le parole del Bardo ad un discorso totalmente diverso, come la critica di Martin Scorsese ai cinecomics, non fa che dare ragione, almeno in parte, alla posizione dell’autore di Watchmen. Un autore che, se da un lato viene giustamente considerato uno dei massimi esponenti del mondo dei fumetti, dall’altro viene altrettanto bistrattato per il suo anticonformismo e le sue dichiarazioni e posizioni non sempre facilmente digeribili.

Fonte: CBR

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