Light of My Life, il nuovo film diretto e interpretato da Casey Affleck | Recensione

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All’indomani di una pandemia che ha spazzato via metà della popolazione mondiale, un padre e sua figlia vagano tra i boschi cercando di sopravvivere.

Il film si apre con una sequenza di dieci minuti a camera fissa in cui, all’interno di una tenda, un padre racconta una storia a sua figlia, rivelando solo dopo che i due sono soli nella foresta e che la bambina deve fingersi maschio per non rischiare di essere rapita. Un inizio che si muove tra il tenero e l’inquietante, tra il dolce e il minaccioso, che mette subito a fuoco il tono dell’opera.

Light of my lifeLa storia che il padre racconta è quella di una giovane volpe femmina molto astuta di nome Goldie, e del suo viaggio sull’Arca di Noè, ma in realtà si concentra sulla volpe maschio Art e su come lui riesce a salvare la giovane volpe. In questa breve storia c’è la chiave di lettura del film.

Light of my life racconta la storia di Rag (Anna Pniowsky), una ragazzina di dieci anni, e di suo padre (Casey Affleck), costretti ad una vita nomade dopo essere sopravvissuti a un’epidemia che ha decimato la popolazione mondiale sterminando, quasi totalmente, quella femminile. In questo contesto apocalittico si sviluppa la storia di un padre che cerca di proteggere la figlia dal mondo intero.

Casey Affleck, al suo secondo film come regista dopo il discusso mockumentary Joaquin Phoenix – Io sono qui! (I’m Still Here) del 2010, scrive, dirige e interpreta una storia minimalista ambientata in un mondo distopico, incentrata sul delicato rapporto padre-figlia, dove il padre non è solo un protettore ma anche un genitore che fatica a gestire i cambiamenti di una figlia quasi adolescente in un contesto insidioso, che contrasta con la bellezza dei boschi piovosi e innevati dell’America del nord.

Le inquadrature sono spesso strette sui personaggi, per mostrarne le emozioni ma anche per cercare di far empatizzare il più possibile il pubblico verso di loro.

Diretto e costruito con passione e sentimento, si percepisce che il regista conosce bene i canoni del genere, come far salire la tensione e avvertire il pericolo senza mostrarlo. Da questo punto di vista Affleck dirige con eleganza e precisione, ma i monologhi eccessivamente lunghi e ripetitivi a camera fissa ne spezzano il ritmo.

Accenni rapidi attraverso flashback ci mostrano stralci del passato, ma ad Affleck non interessa come si è arrivati a quel momento ma solo quanto questo padre fa per proteggere la propria figlia, per trasmetterle valori forti, l’importanza dell’istruzione e della moralità come armi di sopravvivenza in un mondo avverso e insegnarle come sopravvivere anche quando lui non ci sarà più. Ma Rag, pur abituata a questa vita, comincia a mettere in discussione le decisioni del genitore. Il senso di solitudine della piccola è lampante, e si accompagna alla costante sensazione di minaccia che percepiamo ogni volta che i due incontrano qualcuno.

Light of My Life vede il mondo attraverso gli occhi di Rag e di suo padre. Sono presenti in ogni scena e al pubblico è consentito solo osservare ciò che questi due personaggi stanno vivendo. Gran parte del loro tempo è dedicato alla ricerca di luoghi isolati, sicuri, dove potersi accampare, lontano dagli altri, nei boschi.

I due protagonisti condividono un legame forte e credibile sullo schermo, il misto di innocenza e resilienza della piccola Rag è coinvolgente, la giovane Anna Pniowsky inietta energia in scene che rischierebbero di essere senza vita e noiose.

Il film pone domande interessanti. Come sarebbe un mondo esclusivamente maschile? Forse sarebbe un luogo ostile e violento come quello descritto, popolato da persone senza scrupoli, eccetto personaggi come quello di Affleck.

È innegabile che il protagonista sia un attore eccellente, ma anche come regista ha dimostrato di avere talento, e di saper filmare con destrezza i momenti intimi tra il suo personaggio e quello di sua figlia. Tuttavia, indugia eccessivamente sulla sensibilità del suo protagonista. D’altronde è stato scelto un punto di vista maschile per descrivere un mondo senza donne.

La pellicola abbonda di momenti delicati in cui si cerca la complicità dello spettatore, come la scena in cui il padre deve spiegare a sua figlia cos’è il ciclo mestruale e come nascono i bambini. Ma non manca anche di tensione narrativa. Non importa quanto Affleck usi una messa in scena estremamente lenta, giocando con piani fissi e lunghi monologhi, quando arriva il momento di creare ansia la si percepisce con forte coinvolgimento.

In conclusione Light of my Life è un originale post apocalittico che pecca un po’ di lentezza ma coinvolge lo spettatore trascinandolo emotivamente nella vicenda di pura sopravvivenza di questo singolare duo padre-figlia.