In un Marvel Cinematic Universe che, dopo il boom dell’Infinity Saga, fatica a trovare la quadra per ripartire con una nuova macronarrazione coinvolgente ed accattivante, una trilogia ha accolto il favore praticamente unanime di pubblico e critica, entrando nei cuori degli spettatori grazie a personaggi praticamente sconosciuti, definibili, tanto è stato mastodontico il cambiamento rispetto alla controparte cartacea, come le vere e proprie creazioni originali del MCU: parliamo dei Guardiani della Galassia nati dalla mente creativa di James Gunn.
Attenzione, è senz’altro d’uopo fare una premessa per evitare le ire dei gatekeeper più feroci: sappiamo benissimo che non è stato James Gunn l’inventore del gruppo, dei suoi personaggi e delle sue avventure, difatti quello che andremo ad analizzare riguarda la visione dei personaggi da parte del regista di St. Louis e come, conseguentemente, quest’apprezzatissima iterazione dei personaggi sia divenuta crossmediale, influenzando serie animate, videogiochi e, ovviamente, anche il materiale-sorgente principale: i fumetti.
La versione del gruppo, però, che ha ispirato la visione di Gunn è quella firmata dal duo DnA, vale a dire Dan Abnett e Andy Lanning, dalla quale è stato mutuata la base dell’umorismo scanzonato nella versione cinematografica: uno Star Lord meno paladino e più eroe wannabe, un Groot meno distruttore e più risorsa, un Rocket se possibile ancor più caustico, una Gamora più tosta e meno femme fatale e un Drax degno protagonista di un action movie à la Schwarzenegger costituiscono creta su cui James Gunn comincia a lavorare in vista del primo capitolo della trilogia, uscito nel 2014. Complice anche la scarsa conoscenza dei personaggi e delle storie di base da parte del pubblico generalista, è stato possibile per James Gunn proporre una propria visione praticamente originale degli stessi. Ciò che, però, si vuole analizzare in questo frangente, è l’enorme impatto avuto da questa versione dei Guardiani della Galassia, praticamente assunta a versione definitiva dei personaggi.
I fattori nati nella versione cinematografica del gruppo che hanno influenzato l’iconica visione contemporanea (e forse definitiva) dei Guardiani della Galassia sono molteplici, parzialmente ispirati al materiale di partenza, ma per la maggior parte frutto dell’incredibile lavoro di James Gunn. Andremo ora ad analizzarli sia nel generale che nel particolare:
La Musica
Impossibile, ad oggi, immaginare i Guardiani senza l’incredibile comparto sonoro introdotto da James Gunn e apprezzato in ogni dove: ciò che colpì davvero l’occhio (e l’orecchio) dello spettatore fu l’incredibile sincronia tra le immagini e la musica anni ’70, spesso diegetica, ovvero proveniente dallo stesso, ormai storico, Walkman di Peter. Le canzoni che ascoltiamo, almeno nei primi due capitoli, fanno parte dell’infanzia del terrestre, lo hanno accompagnato per tutta la sua vita e fanno lo stesso con lo spettatore per l’intera durata delle pellicole, favorendo un’immersione completa ed evitando comunque l’effetto “playlist random” di cui, purtroppo, altre pellicole hanno abusato, probabilmente sulla scia del successo dei Guardiani della Galassia.
L’idea del Walkman e della colonna sonora ad accompagnare in maniera praticamente costante la narrazione è stata poi ripresa nelle due versioni videoludiche del gruppo, vale a dire l’avventura grafica sviluppata da Telltale e il gioco in terza persona corale firmato Square Enix (con la differenza del decennio musicale spostato agli anni ’80 in quest’ultimo caso, sull’onda del revival operato in vari ambiti della cultura pop). Complessivamente, troviamo artisti del calibro di David Bowie, Yusuf (Cat) Stevens, Queen, Electric Light Orchestra, Blondie, Europe, Tears for Fears e moltissimi altri a fungere da colonna sonora e da ulteriore spinta narrativa a quanto compare sullo schermo. Impossibile davvero vedere Star-Lord dirigersi zampettando verso l’Orb senza l’iconica Come and Get Your Love dei Redbone in sottofondo, immagine su cui hanno giocato anche i fratelli Russo durante Avengers: Endgame.
Il Restyling dei Guardiani della Galassia
È vero che quasi nessuna delle trasposizioni cinematografiche dei personaggi Marvel ha mantenuto l’iconico look della loro controparte fumettistica, spesso considerato ridicolo da realizzare sullo schermo o comunque non consono al tipo di personaggio che si andava delineando, basti pensare alle alette sull’elmo di Thor eliminate (insieme all’intero copricapo nella maggior parte dei casi) o alle scaglie dell’armatura di Capitan America, cassate in favore di un look più asciutto e militaresco. Per quanto riguarda i Guardiani della Galassia che, prima del film del 2014, avevano una divisa blu con dettagli rossi ripresa poi nel terzo capitolo della saga cinematografica, risulta impossibile immaginare Star Lord senza l’iconico giubbino di pelle bordeaux, ripreso nelle iterazioni fumettistiche successive, nei videogiochi e nelle serie animate. È lo stesso Peter Quill a subire i cambiamenti più sostanziali a livello estetico: l’elmetto, praticamente onnipresente in passato, viene quasi del tutto rimosso per esigenze di starpower (gioco di parole non voluto), in modo da poter mostrare sullo schermo il più a lungo possibile, il volto di Chris Pratt. Inoltre, cosa che vedremo in tutti i media anche immediatamente successivi all’uscita del primo film, il personaggio viene notevolmente svecchiato: non più un uomo adulto, sulla via della maturità, sbarbato e col capello da omino Lego perfettamente pettinato, bensì un vero e proprio fuorilegge stellare, affascinante nel suo taglio e spazzola e nella barbetta incolta.
Gamora passa, invece, dal look da guerriera spaziale (mutuato dall’estetica di opere come Flash Gordon) ad abiti più principeschi di chiara ispirazione all’immaginario di Slave Leia, come visto nella saga cosmica Annihilation, fino ad arrivare, conseguentemente al “reboot visivo” di James Gunn che fornisce alla figlia adottiva di Thanos un outfit più tattico e funzionale agli scopi del personaggio, con il gilet visto nei film che spesso cede il passo ad un’armatura full body. Drax, piuttosto, non cambia così tanto rispetto a come James Gunn trova il personaggio durante l’ormai celeberrima run di Abnett e Lanning, ben lontano dai tempi in cui indossava il costume viola esemplificativo dell’immaginario fantascientifico anni ’80: semplicemente la pittura di guerra rossa del Distruttore è stata sostituita con dei tatuaggi in rilievo, come accade in ambiti guerreschi tribali. Cambiamenti più sostanziali sono stati riservati a Mantis, che, sì, mantiene un look tipicamente ibrido con le dilatatissime pupille aliene all’interno degli occhi a mandorla vietnamiti e, ovviamente, le caratteristiche antenne del personaggio, ma, in questo caso, viene operata una crasi tra la versione anni ’80 del personaggio, sprovvista di pelle verde, come, appunto, appare il personaggio di Pom Klementieff, e la versione post 2000, in cui compaiono gli occhi a mandorla e un outfit meno succinto.
L’ispirazione per la versione cinematografica di Nebula, invece, non è quella storica, conosciuta dai più durante la saga del Guanto dell’Infinito di Jim Starlin, George Pérez e Ron Lim, provvista di una folta zazzera di lunghi capelli neri, bensì, per empatizzare con le modifiche di stampo cibernetico apportate alla ragazza da suo padre Thanos, la visione di Gunn prende spunto da quella vista non molti anni prima negli spin-off di Annihilation: parti robotiche, pelle blu e viola e capelli completamente scomparsi. Non sono stati effettuati, inoltre, cambiamenti estetici di rilievo a Rocket e Groot, se non per quanto riguarda l’estetica del Flora Colossus, il quale, appunto, da colossale che era, assume proporzioni decisamente più contenute.
La Caratterizzazione dei Personaggi
La “cura Gunn”, coinvolge anche e soprattutto la dimensione narrativa dei personaggi in sé, che vediamo diventare quasi una crisalide rispetto all’ispirazione originale da cui il regista ha attinto: prendiamo Drax, ad esempio, e pensiamo a quanto sia diventato iconico il suo senso dell’umorismo basato sull’imbarazzo e sull’interpretazione letterale del linguaggio, completamente frutto di un’innovativa lettura del personaggio da parte di Gunn, dovuta al suo inserimento in un mondo in cui l’archetipo dell’eroe muscoloso, schwarzeneggeriano, anni ’80 non trova più spazio. Visto l’enorme successo, questa versione di Drax ha contaminato ogni altro media, persino i fumetti, in accordo con una moderna sensibilità sempre meno affine agli eroi che si lasciano scivolare ogni cosa addosso come l’acqua (anche se nulla scivola addosso a Drax come l’acqua).
Simile trattamento, anche in scala più vasta, per ovvi motivi, è riservato a Peter Quill: protagonista di una storia editoriale decisamente travagliata, che ha portato il personaggio sempre ai margini dell’Universo Marvel, almeno fino al suo debutto cinematografico, Star Lord possedeva in origine le classiche caratteristiche del paladino spaziale senza macchia e senza paura, leitmotiv in numerose opere fantasy e fantascientifiche. Un personaggio del genere, però, finisce inesorabilmente fuori dalla cerchia d’interesse del pubblico, così, nonostante le modifiche alla psicologia del personaggio apportate da Abnett e Lanning, che rispetto alla materia di Steve Englehart, aggiungono umorismo, ritmo ed ironia, è Gunn a creare la versione definitiva del personaggio, ripresa in ogni sua iterazione successiva: non più un paladino, ma un eroe wannabe, un ragazzino troppo cresciuto spesso caricato nel suo voler essere protagonista della situazione, un razziatore trovatosi a salvare la galassia quasi per caso insieme alla sgangherata compagine che il destino ha formato intorno a lui. Apprezzatissima è l’ironia del personaggio che, in un MCU sempre più pregno di umorismo forzato, risulta fresca e godibile, a tal punto da essere riproposta in altri contesti con le stesse vincenti modalità.
Controversa risulta invece la figura di Mantis, praticamente riscritta da zero: anni di prigionia sul pianeta vivente Ego, come vediamo in Guardiani della Galassia Vol. 2 cinematografico, hanno reso l’aliena un personaggio dolce, empatico, ma privo, al contempo, di conoscenza delle comuni interazioni sociali, una sorta di bambina troppo cresciuta, con tutto ciò che ne consegue: si tratta di una figura ben lontana dalla versione conosciuta dai lettori di fumetti più avidi, la cosiddetta Madonna Celestiale, la quale, come leggiamo in un’avventura dei Vendicatori ancora troppo poco conosciuta, avrebbe dato alla luce, attraverso l’accoppiamento con un membro della razza dei Cotati, il Messia Celestiale, ovvero l’essere più potente dell’universo. Tutto questo viene eliminato da Gunn, sia per esigenze narrative che di costruzione del personaggio, il quale, privato della funzione fàtica e messianica, rimane spaesato e alla ricerca d’amore, sfruttando per quest’ultimo fine la forza dell’empatia e della telepatia.
Con un Rocket Raccoon rimasto pressoché identico alla sua controparte cartacea, fa sorridere notare che Groot era in origine molto diverso dal gentile albero senziente che siamo abituati a conoscere, i cui semi (di personaggio!) vengono piantati nella saga fumettistica Annihilation Conquest: è proprio durante quest’arco narrativo, infatti, che il Flora Colossus comincia a comunicare solo attraverso varie intonazioni della frase “Io sono Groot”; in origine, Groot seminava il panico invadendo la terra dal misterioso Pianeta X, con lo scopo di rapire e studiare gli umani, successivamente, però, diventato regnante del suddetto pianeta, si allea con Rocket in seguito all’arresto da parte dei Kree, formando una versione embrionale dei Guardiani della Galassia insieme a Star Lord e altri personaggi minori. Groot, in questo caso, si rivela ancora lontano dall’essere empatico e gentile che siamo abituati a conoscere, e che nasce con i film, appunto, in quanto, paradossalmente, risulta scorbutico nella sua ridicola prosopopea da sovrano del Pianeta X, la quale si sposa in maniera particolarmente interessante e divertente con la distaccata disillusione di Rocket, prima di far nascere nei film un’interazione basata su due eponimi ben più illustri, facendo riferimento alle dinamiche tra Han Solo e Chewbacca presenti in Star Wars.
In conclusione, possiamo notare come James Gunn sia l’artista più influente ed importante in tutta l’ormai quindicennale storia del Marvel Cinematic Universe: l’abilità del regista sta nel riscrivere i personaggi basandosi solo leggermente su quanto apparso nell’ultima iterazione del materiale di partenza, ma soprattutto nel rendere questa lettura dei personaggi come definitiva nei cuori e nei pensieri della gente. Gunn è, de facto, il creatore del lato cosmico del MCU: lo ha legato a sé a doppio filo, ha modificato e inscritto nella roccia personaggi esistenti secondo la propria visione, inserendone di nuovi, plasmando la geografia (pensate a Knowhere) e la storia (pensate alle origini di Star Lord) di questo lato più nascosto del fenomeno mondiale dei film Marvel assicurandosi così definitivamente un posto nella storia del business fumettistico e cinematografico, con buona pace di ogni detrattore scontento.
Tutti i film della trilogia Marvel di Guardiani della Galassia di James Gunn sono ora disponibili su Disney+.