Lui e L’Orso – Un ruggito che profuma di libertà

0

Diciamoci la verità: nel mondo esiste ancora quella pessima pandemia nota come “discriminazione”. Che si parli di etnie diverse, di orientamenti sessuali diversi, poco importa. Sulla terra esistono ancora persone che considerano inferiori coloro che risultano essere in qualche modo diversi da loro stessi. A quel paese i principi di uguaglianza, pussi via la tolleranza e tanti saluti al caro e vecchio motto “Il mondo è bello perchè è vario”.

Ecco una coppia di cui non parlano molti!

Già, ho probabilmente detto una delle più grosse verità, e allo stesso tempo una delle più grandi banalità, dei nostri tempi. Leggendo queste mie poche righe, posso già immaginare la reazione che adopererete:

“Ancora stiamo a parlare di discriminazione? Che palle! Arriva al punto!”

Non vi do particolare torto. L’effetto è lo stesso del sentire ripetere una notizia al telegiornale nell’arco di diversi anni, ogni santo giorno. O il vostro cervello decide di colarvi dal naso, oppure, come è più frequente, finite per tapparvi le orecchie e intonare qualche stupida cantilena, fino alla fine del servizio.

Loro invece…nè caldo nè freddo.

L’argomento discriminazione, razzismo, omofobia e quant’altro, è stato specie di recente, trattato in molte salse nel mondo dell’arte. Sono uscite opere interessanti che hanno trattato l’argomento in maniera, dolce o amara, generalmente degna. Mi viene in mente il capolavoro di Naughty Dog The Last of Us, Life is Strange se parliamo dell’ambito videoludico. Al cinema abbiamo ammirato pellicole affini come Django Unchained, Tutto su Mia Madre o il recentissimo Moonlight, ultimo vincitore dell’oscar per il Miglior Film.
In poche parole la discriminazione, di qualunque ordine essa sia, è un argomento molto sfruttato, alle volte addirittura abusato, specie per darsi un tono. Quella che vi voglio presentare oggi comunque è un’interessante opera che, come tutte le altre già elencate, vuole trattare il medesimo tema (nello specifico l’omofobia) con un pizzico di simpatia e ironia.
Oggi si parla di Simone e Diego.

Lui e L'Orso

Lui e L’orso è una serie di strisce a fumetti ad opera del disegnatore italiano Salvatore Callerami. Salvatore è già noto nell’ambiente del fumetto grazie al suo precedente lavoro Dandelion (in cui faceva coppia con il colorista Antonio Fassio), opera davvero pregevole, con uno stile visivo d’impatto e degli spunti molto interessanti.
Lui e l’Orso, nasce come semplice striscia, postata online tramite l’omonima pagina Facebook ufficiale, e vede come protagonisti due coinquilini scapoli e omosessuali, ovvero Simone, un giovane studente universitario, e Diego Orsi, l’eponimo “Orso” del titolo. Dopo diversi mesi sono finalmente riuscito a mettere le mani su una versione cartacea dell’opera (speditami dallo stesso Salvatore) e sarà proprio questa l’oggetto dell’editoriale di oggi.
Ma forse sto correndo troppo, vediamo in breve la trama di questo primo albo.

Nel primo episodio, ovvero “Un appartamento con l’Orso”, ci viene presentato il nostro protagonista Simone intento a chiedere consiglio a Susanna, sua amica fattucchiera e indovina a tempo perso. In pratica, dovendo trasferirsi per motivi di studio, si trova indeciso tra due appartamenti. Una volta compiuta la scelta, si reca a destinazione e…voilà! Un omone grosso (e dal pelo rotondo), barbuto e dall’aria gentile gli apre la porta…inutile dire che il giovane Simone rimane piuttosto stupito da questa accoglienza.
Ah già…vi ho già detto che il grosso omone gli va ad aprire la porta nudo?

“Eccomi, sono Diego! E questo è il mio fiore più bello” (dice lui reggendosi la proboscide).

Il mio io interiore non può che scoppiare a ridere di fronte ad un esagerazione di questo tipo. Come se non bastasse ci viene sbattuto un grosso pene in faccia (la prima di tante volte). Il lettore in questo caso prova le stesse sensazioni del caro Simone. Siamo sbalorditi, ma al contempo curiosi del motivo di tale azione. Una volta fatte le varie conoscenze, scopriamo un’incredibile verità: Diego, attraverso una sottile metafora riguardante il cibo di forma fallica, ci fa comprendere di essere interessato all’articolo…e Simone non pare essere da meno…pure essendo un tipo all’antica.
Questa, per dirla in termini semplici, è la storia del primo volume di Lui e L’orso. Ho cercato il più possibile di ridurre il numero di spoilers. Non vorrei proprio rovinarvi la lettura dell’opera. Mi limiterò ad affermare che nell’albo vedremo nascere e crescere una certa intesa tra i due protagonisti, l’incontro con comprimari a dir poco assurdi e una conclusione che…mi fa ben sperare per un secondo numero.

Tolta la premessa della striscia, andiamo ad analizzare uno degli elementi fondanti dell’opera: i personaggi.
Lui e L’orso, non fatevi ingannare dal titolo, possiede un ristretto numero di variopinti comprimari (è possibile contarli sulle dita di due mani, monche) che ci faranno più volte ridere a crepapelle. Cominciamo dai già citati Simone e Diego, i due simpatici coinquilini. Il primo è un ragazzo di bassa statura, introverso ma comunque gioviale e sensibile. L’Orso invece è decisamente più diretto, sfacciato, ma all’occorrenza molto dolce. Li si potrebbe descrivere come la versione ben riuscita di Anastasia Steele e Christian Grey (non prendetelo come un insulto…è solo una battuta!), o come l’archetipo della strana coppia alla Asterix e Obelix.

Ad accompagnare i due piccioncini abbiamo personaggi, nondimendo, buffi e simpatici. Basti pensare alla già citata Susanna, grande amica di Simone oltre che cartomante piuttosto schietta, pragmatica e sarcastica. Chi si può poi dimenticare Carlotta, ragazza perennemente illusa e credulona, rappresentazione perfetta di chi crede ad ogni luogo comune esistente al mondo. Nella lettura appariranno anche personaggi come la nonna di Simone, donna avanti con l’età ma dalla mentalità ben più aperta rispetto alle sue coetanee nel mondo reale. Potrei anche citare altri comprimari, tipo Melissa, descritto dallo stesso autore come: “una transessuale, barlady e responsabile di un bar lounge”, ma preferisco che scopriate il tutto durante la vostra lettura.
Nonostante il brevità di questo numero (comunque superiore alla media di certe testate), ogni personaggio riesce a dire la sua, far trapelare una propria morale di fondo, raccontarsi con poche semplici immagini.
Tutto ciò è ammirevole.

Come ho già spiegato, Lui e L’orso, sia nel formato che nell’intenzione, si ispira alla lunga scuola del fumetto nota come “le strisce”. Avete presente quelle che trovavate sui giornali di 20 anni fa? Quelli in cui potreste imbattervi nella settimana enigmistica? Non vi ricordate i grandi classici come i Peanuts, Calvin & Hobbes, Zitz, Grimmy, Liberty Meadows, Yenny, Garfield…e via discorrendo? L’opera di Callerami prende a piene mani da questo passato glorioso per creare qualcosa di particolare e unico. Non manca nulla, dalle vignette uniche, a quelle a 3 tempi (problema, domanda e risoluzione), soluzioni visive, dialogate, filosofia spiccia e quant’altro.
Non posso che considerarla una piccola lettera d’amore a chi, come me, ha perso tante ore a leggere i cari classici del fumetto, o anche solo una ventina di numeri di Linus.

A livello tecnico, c’è ben poco da dire. Il volume che ho letto contiene una vasta gamma di vignette e disegni. Ad esempio è presente una meravigliosa cover (molto semplice e minimale) illustrata dallo stesso Salvatore Callerami e dal suo collega Antonio Fassio. Ho apprezzato tantissimo anche la peculiare scelta per l’interno della copertina…molto “penosa”, ma lo capirete una volta che avrete in mano il fumetto.
Dentro il volume si possono notare, nei disegni di Callerami, lineart tonde e delicate con colori quasi sempre in tinta unita (i vestiti dei personaggi o i capelli), senza particolari sfumature o ombreggiature (tranne rari casi). Il risultato sono vignette molto pulite e definite (probabilmente frutto di una grande mano e di un’ottima tavoletta grafica).
Nel volumetto sono inoltre presenti, oltre ai disegni dell’autore, una serie di vignette “extra”, opera di altri disegnatori o fan della serie. Si va da storie inedite di Simone e Diego sino a omaggi e citazioni visive (come al classico di Sam Mendes American Beauty). In pratica, quando comprerete la vostra copia personale (magari con annessa dedica “Lamù” come la mia) avrete in un unico pacchetto, una serie di vignette a sé stanti, apparentemente scollegate, ma seguenti un filo logico e una storia lineare e vari omaggi e tributi alla stessa opera che state leggendo.

Un altro elemento che mi ha particolarmente colpito dell’opera è sicuramente l’umorismo, e come esso si fonda con una profonda critica sociale. Mi spiego. A volte le battute appaiono più spinte, certe altre volte più sottili. Il più delle volte si basano su doppi sensi (Diego che ci prova con Simone in tutte le salse), fraintendimenti (le amiche di Simone che poco capiscono del “mondo gay”), altre volte ci si ferma ad analizzare determinate ipocrisie della società. C’è chi, durante la lettura, potrebbe effettivamente chiedersi:

“Ma non capisco…si sta prendendo in giro gli omosessuali…oppure è semplice parodia?”

Io, lo ammetto, ci ho dovuto pensare un poco, ma credo di avere sviluppato una teoria convincente. In breve, le varie battute sui peni, sul sesso, sui doppi sensi, hanno uno scopo ben preciso.
Tempo fa uno stand-up comedian americano, all’anagrafe Lenny Bruce (si, QUEL Lenny Bruce), si mise a ripetere più e più volte determinate parole ritenute oscene (di natura sessuale o razziale), e quindi considerate inascoltabili per un pubblico generalista. Dopo diverse ripetizioni, dopo le prime reazioni negative della gente, le prime risatine, tali parole non avevano più alcun effetto, niente più pudori inutili. Come se qualcosa di tabù fosse stato sdoganato, come se quelle parole avessero perso la propria denotazione negativa. Un esorcismo verbale, se preferite.

Ecco, io credo che Salvatore Callerami abbia inteso a questo modo la propria opera. A dire il vero credo che l’intenzione sia addirittura duplice. Anzitutto il cercare di mostrare alla collettività come le coppie omosessuali non siano qualcosa da mettere su un piedistallo, bensì qualcosa di ordinario, tale e quale ad una coppia eterosessuale (con tutti i pregi e i difetti del caso). L’intenzione di esorcizzare tale stigma è palese. Viene mostrato come in realtà siamo tutti uguali. C’è chi pensa sempre al sesso, chi no, chi ha certi gusti e chi semplicemente se ne frega perché asessuale o futuro avvocato. D’altra parte credo che nei rapporti tra i due protagonisti e i vari altri personaggi, vi sia un’intrinseca visione della vita.

Lui e L’Orso ci mostra un’utopia, un mondo in cui gay ed etero possono tranquillamente andare d’accordo. Senza discriminazioni, senza barriere. Siamo tutti uguali, tutti ridiamo a certe battute (anche se magari non lo ammettiamo e lo facciamo di nascosto) e tutti vorremmo non vergognarci di ciò che abbiamo in mezzo alle gambe. Questo lo si capisce anche dal modo in cui viene usato il pene di Diego (ecco una frase che non credevo avrei mai dovuto scrivere). Mi spiego meglio.
Nel cinema moderno, nella serie televisive, in qualunque media a dire il vero, è possibilissimo vedere una marea di tette e qualche, sovente, passera (se siamo fortunati). Tuttavia, avrete notato o meno, la totale assenza di peni. Non siamo abituati a vedere un pene in un film anche perchè spessissimo le pellicole che ne contengono uno vengono vietate ad ogni minore. Quando poi ci capita davanti, istintivamente chiudiamo gli occhi, attendiamo che la scena corrente finisca (come per il batacchio di Michael Fassbender in Shame o quello di Malcolm McDowell in Arancia Meccanica). La decisione di Callerami di porre tanta enfasi sulle parti intime di Diego è ancora una volta il tentativo di esorcizzare tale paura, di farci smettere di vergognarci, di desensibilizzarci nella visione di qualcosa che ogni uomo vede sempre sotto la doccia. Una vera e propria utopia che forse, considerando ancora la mandria di bigotti che ci circonda, sarebbe decisamente auspicabile.
Non è nemmeno un caso che tra Simone e Diego sia il secondo a mostrarsi maggiormente in nudo integrale. Rappresenta un ideale, un uomo dolce che non si vergogna di come è fatto, al contrario del suo compare, decisamente più vergognoso e cresciuto con un’educazione all’antica.

Come posso concludere quest’analisi? Lui e L’Orso non è certo un capolavoro, ma rimane un’opera che stupisce, con un forte messaggio, una visione che vuole mostrare al mondo. I disegni sono semplici ma efficaci, le battute variano dall’essere più basse o più fini. Potrebbe essere l’effettiva nascita di una nuova importante serie di strisce a fumetti tutta italiana. Sinceramente il più grande consiglio che posso darvi è di buttarvi subito sulla pagina Facebook ufficiale in cui troverete gran parte delle vignette della serie (anche se con le dovute censure). Se scoprirete essere il vostro tipo di umorismo, se vi solleticherà leggere le avventure di Diego e Simone, non posso che consigliarvi l’acquisto del volume cartaceo.
Ma alla fin fine, come ci ha mostrato il simpatico Salvatore, siete liberi di fare quello che volete, almeno in un mondo utopistico di fantasia.