Marvel’s The Punisher Stagione 2 – Il Cavaliere dallo scintillante teschio rosso sangue | Recensione

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Marvel's The Punisher Stagione 2

Dopo una lunga attesa è stata resa disponibile su Netflix la seconda stagione di Marvel’s The Punisher. La serie spin off di Marvel’s Daredevil che vede protagonista Jon Bernthal nei panni di Frank Castle, aka Il Punitore.

Sono passati alcuni mesi dallo scontro a Central Park tra Frank Castle/Punisher (Bernthal) e Billy Russo (Ben Barnes), il primo ora sotto l’alias di Pete Castiglione viaggia alla ricerca del suo posto nel mondo mentre il secondo è sfigurato in un letto di ospedale, senza ricordi delle sue atroci azioni. Quando però una ragazzina, Amy (Giorgia Whigham), si trova in pericolo, il Punitore riemerge dall’ombra di Pete Castiglione per salvarla dal misterioso John Pilgrim (Josh Stewart), mentre a New York, Billy Russo/Jigsaw evade dall’ospedale e l’agente Madani (Amber Rose Revah) gli dà la caccia, portando ancora le ferite psicologiche del loro ultimo incontro.

Steve Lightfoot, sempre dietro alla serie come showrunner insieme nella writer’s room con tutti i registi e sceneggiatori dei singoli episodi che si avvicendano sulla serie, dalla semplice premessa che vede una “ragazzina” in pericolo e un vecchio “peccato” dal passato dell’eroe tornare, insieme al silenzioso e letale nemico specchio dell’eroe, John Pilgrim, sono riusciti a creare una seconda stagione che seppur in certe dinamiche ed in certe critiche alla società rispecchi la prima stagione, riesce ad essere anche qualcosa di diverso. Lightfoot, usa il personaggio di Amy per sfatare il mito dell’America come luogo di opportunità. La ragazzina, coinvolta in una situazione che urta persone più grandi di lei e più importanti, dimostrerà quanto ora più che mai siamo in un tempo degli Stati Uniti in cui quei pochi con il potere in mano possano dettare legge su chi ha meno importanza nella scala sociale e nell’opinione pubblica. Amy, come anche il villain che la dà la caccia sono due dimenticati e questo verrà spesso sottolineato dalla natura di “killer” di Pilgrim, non motivato da soldi o potere, ma nelle mani di “benefattori” a cui potrebbe importargliene di più di un acaro della sua vita. Jigsaw è un uomo arrabbiato, distrutto, per nulla il Billy Russo che abbiamo conosciuto nella prima stagione, la sua vita e la direzione che prenderà sono per lui il puzzle da risolvere e il misterioso “teschio” che lo tormenta sarà centrale per la definizione e il tracciamento della propria strada.

La sceneggiatura però non potrebbe fare a meno degli attori, tutti sono stati convincenti ed hanno interpretato, chi con più tempo sullo schermo chi meno, la loro parte in questa grande storia. Spiccano su tutti Jon Bernthal, che più che mai rappresenta il Punitore fatto e finito, non un belloccio di hollywood ma uno che potrebbe benissimo essere il marine senza più la più pallida idea di come costruirsi una vita senza più una famiglia e senza nemmeno una guerra da combattere; il rapporto che il personaggio instaurerà con Amy, interpretata dalla bravissima Whigham, servirà in parte a lenire le ferite dell’animo di Frank ed in secondo luogo a rendere il personaggio più accettabile per lo spettatore, soprattutto considerando la sua condizione di omicida seriale. Ben Barnes è un attore eccezionale e anche il suo Billy Russo continua ad essere un elemento della serie apprezzabile e che funziona; forse gli si è dedicato meno tempo di quello che tutti speravano, forse la sua parabola come capo di una banda criminale è stato troppo breve, ma è stato gestito comunque in maniera convincente, anche grazie all’interpretazione di Barnes. Jason R. Moore, Amber Rose Revah, Floriana Lima e gli altri membri del cast se la cavano bene, ma di fronte a questi due mostri spesso soccombono e risultano meno memorabili. Dei personaggi secondari proprio la Madani interpretata dalla Revah e il Curt Hoyle di Jason R. Moore sono quelli che più si distinguono e rimangono impressi nella mente dello spettatore, grazie al loro rapporto con Castle e anche al fatto che sono tra i personaggi ricorrenti nello show dalla stagione uno, come anche il Sergente Mahoney.

Anche in questa seconda stagione non si lesina sul sangue e sulla violenza, cosa che ci si aspetta da una serie tv sul Punitore, ma che nelle altre interpretazioni non sempre è stata gestita a dovere, in alcune troppo poca, in altre troppa e gratuita, qui controbilanciata da un interprete che ha il fisico per rendere credibili certe scene e da un comparto tecnico di primordine. L’azione di Punisher non richiede eccessiva computer grafica, quanto più stunt e una chiara messa in scena, e in questo la seconda stagione ci regala scene d’azione che anche a ripensarci ora hanno un impatto e ti tengono incollato ad ogni pugno sferrato, ad ogni colpo esploso ed ad ogni peso lanciato nello sterno al nemico. Molte sono le citazioni ai fumetti più disparati d’altronde, Frank è rinomato anche nel Marvel Universe cartaceo per sapersi reinventare in quanto a trappole mortali, che vengono anche mutuate da altri show e film, come la battaglia in ascensore o l’assedio delle prime puntate. Insomma, su questo lato c’è molto da vedere e per tutti i palati, verso la fine potremmo anche godere di un ricercato e lungo scontro che gioca con le ombre e le luci dei proiettili, un vedo non vedo, che in parte fa risparmiare soldi alla produzione, ma che dall’altra ci regala uno dei momenti più badass di The Punisher.

Le musiche di Tyler Bates accompagnano perfettamente l’azione e la scelta in alcuni momenti di sfruttare gli stessi suoni ambientali come colonna sonora delle scontro o come mascheramento dell’inferno che si sta scatenando sono un’ottima scelta, soprattutto perché rende Punisher diverso da molte altre serie tv o prodotti cinematografici dove la colonna sonora per quanto bella spesso diviene invadente. Qua l’azione e le musiche vanno a braccetto, queste ultime non risultano eccessivamente presenti, ma servono a dare la giusta carica allo spettatore durante le scene d’azione, molte, ma lasciano anche spazio al dramma umano.

La seconda stagione di Marvel’s The Punisher è un seguito diretto della prima, solo che Castle non ha più da occuparsi degli assassini della sua famiglia, ma deve eliminare gli ultimi fili del suo passato che stanno costringendo i suoi “amici” a rimanere nel ciclo di violenza che lui ha contribuito a creare vestendo il teschio. Nel mentre gli sceneggiatori hanno sapientemente inserito un’altra storyline molto simile a quella che Jason Aaron ha scritto sul Punisher Max con protagonista il villain Mennonite, adattando il personaggio che vuole portare su schermo una sorta di parallelismo con il Punitore e al contempo raccontare una storia a sfondo politico. La storia, per quanto semplice con i suoi molteplici focus e personaggi al centro è sempre interessante, seppur ricicli alcune idee della prima e fortunata stagione. Il lavoro di Bernthal, Barnes e di gran parte del cast è davvero immenso ed è proprio la ciliegina sulla torta di questa produzione Marvel/Netflix, e spesso è proprio quello che va a coprire i problemi legati alla sceneggiatura, che come abbiamo detto forse è fin troppo semplice o usa un qualsiasi espediente possibile per fare in modo che Castle possa picchiare l’anima da fuori del corpo dei criminali. Punisher nella sua seconda stagione intrattiene per tutta la sua durata, con qualche inevitabile calo nel mezzo, ma continua a deliziare gli spettatori con quello che hanno adorato della prima stagione, il brutale Frank “freaking” Castle.