Mark Anthony Green debutta alla regia con Opus – Venera la tua stella, un thriller psicologico dal forte impatto visivo che indaga il culto della celebrità e il potere della manipolazione artistica. Presentato in anteprima al Sundance Film Festival 2025, il film si distingue per una messa in scena curata e per le interpretazioni di Ayo Edebiri e John Malkovich. Tuttavia, nonostante l’atmosfera ipnotica e una colonna sonora affascinante, Opus soffre di una forte derivatività, richiamando opere come The Menu e Midsommar senza però replicarne la stessa incisività. Il film arriverà nelle sale italiane dal 27 marzo con I Wonder Pictures. Dopo averlo visto in anteprima, ecco il nostro parere.
La giovane e talentuosa scrittrice Ariel Ecton (Ayo Edebiri) viene invitata in un misterioso complesso isolato, appartenuto ad Alfred Moretti (John Malkovich), leggendario musicista scomparso nel nulla trent’anni prima. Quella che sembra un’opportunità irripetibile per scoprire i segreti di un’icona si trasforma ben presto in un incubo, quando Ariel si rende conto di essere intrappolata in un gioco di potere dove i confini tra realtà e allucinazione si dissolvono.
Se la premessa è intrigante, lo sviluppo narrativo risulta meno sorprendente. Molti snodi della trama seguono schemi già visti: la progressiva perdita di controllo della protagonista, la scoperta di verità scomode, il labile confine tra genialità e follia. Seppur ben costruite, le rivelazioni raramente stupiscono, affidandosi a cliché consolidati del genere. Il film gioca con l’ambiguità della situazione e lo smarrimento della protagonista, ma lo fa con un approccio più estetico che realmente innovativo. Green dimostra un occhio attento per la composizione visiva, affidandosi alla buona fotografia di Tommy Maddox-Upshaw, che alterna colori saturi e tinte contrastanti per costruire un senso di crescente inquietudine. Luci al neon, interni sontuosi e un montaggio evocativo danno vita a un’esperienza immersiva, che richiama il recente esordio alla regia di Zoë Kravitz, Blink Twice.
Il regista gioca abilmente con la percezione dello spettatore, costruendo sequenze oniriche che accentuano il disorientamento della protagonista. Questo aspetto visivo è senza dubbio uno dei punti di forza del film: Opus convince esteticamente, trascinando il pubblico in un mondo dove la bellezza e il successo si mescolano al terrore. Ogni inquadratura è studiata, con un uso sapiente della simmetria e della luce per enfatizzare il dualismo tra fascino e pericolo. Tuttavia, la raffinatezza della messa in scena non sempre trova un supporto solido nella narrazione, che rischia di risultare più un esercizio di stile che un racconto incisivo.
Ayo Edebiri, già apprezzata in The Bear, conferma il suo talento interpretativo, riuscendo a trasmettere un mix di curiosità, vulnerabilità e determinazione. Il suo arco narrativo è credibile e coinvolgente, accompagnando il pubblico dalla fascinazione iniziale per Moretti al crescente sospetto, fino alla consapevolezza di trovarsi intrappolata in qualcosa di molto più grande e pericoloso. John Malkovich, nel ruolo di Alfred Moretti, è semplicemente magnetico. Il suo personaggio è una figura al tempo stesso carismatica e inquietante, incarnazione del genio artistico e della manipolazione più subdola. Malkovich modula perfettamente ogni battuta, rendendo Moretti una presenza costante e minacciosa anche quando non è in scena. Alternando dolcezza e crudeltà, carisma e freddezza, l’attore costruisce un personaggio tanto irresistibile quanto spaventoso. Il cast di supporto, con Juliette Lewis, Murray Bartlett e Amber Midthunder, arricchisce ulteriormente l’universo narrativo, contribuendo a rafforzare l’alone di mistero e paranoia che permea la storia.
Uno dei temi centrali di Opus è il rapporto tra artista e pubblico, tra mito e realtà. Il film solleva interrogativi affascinanti sul potere esercitato dalle figure carismatiche e sulle dinamiche di idolatria che possono degenerare in ossessione. Tuttavia, il commento sociale rimane più abbozzato che incisivo. Se The Menu utilizzava la sua ambientazione per una satira pungente sull’élite culturale e Midsommar trasformava il proprio contesto in un’allegoria delle dinamiche di potere interpersonali, Opus si limita a evocare tematiche intriganti senza approfondirle davvero. Il risultato è un film che sembra voler dire qualcosa di importante, ma che alla fine si mantiene sulla superficie delle proprie suggestioni.
A elevare ulteriormente il film contribuisce la colonna sonora, curata da Nile Rodgers. La musica ha un ruolo cruciale nel definire l’atmosfera, alternando brani elettronici, influenze anni ’80 e momenti più intimisti. Particolarmente efficaci i tre brani originali cantati da Moretti/Malkovich – 35mm, Dina, Simone, Tomorrow – che risultano sorprendentemente orecchiabili e contribuiscono a rendere il personaggio ancora più vivido e credibile. La musica diventa quasi un personaggio a sé stante, accompagnando il declino mentale di Ariel e rafforzando il senso di fascinazione e pericolo che avvolge l’intero film.
Con Opus: Venera la tua Stella, Mark Anthony Green firma un’opera visivamente ipnotica e impreziosita da interpretazioni memorabili, ma che fatica a trovare una propria identità all’interno del genere. Se da un lato le ambientazioni, la fotografia e la colonna sonora costruiscono un’atmosfera unica e immersiva, dall’altro la sceneggiatura non riesce a offrire elementi realmente innovativi, risultando più un raffinato collage di riferimenti cinematografici che un’opera capace di lasciare il segno.
Opus: Venera la tua Stella arriva al cinema il 27 marzo con I Wonder Pictures. Di seguito, il trailer italiano del film: